Scuola aperta alla complessità Gemma Gentile da Foruminsegnanti.it, 8/4/2007
Fioroni parla di
complessità, di ricerca di senso e di amore. La sua politica
scolastica finora è stata semplice, univoca e senza amore.
C’è da restare davvero sbigottiti, se si pensa come siano proprio i poteri forti del mondo globalizzato a voler ridurre tutto alla propria logica e ad i propri interessi omologando ogni cosa al pensiero unico. Sono proprio questi ultimi che vogliono imporre in Europa e nel mondo una scuola privatizzata e disgregata in piccole particelle-scuole indipendenti l’una dall’altra, deboli finanziariamente e costrette a dipendere da donatori privati. La politica di questo Ministero va esattamente in questo senso con i suoi atti, tra i tanti il decreto sulle donazioni tanto più se collegato ad i contemporanei tagli ai fondi delle scuole. Al contrario, è proprio dalla scuola che parte la sfida ad una lettura diversa del mondo che affermi la molteplicità e la diversità, che sancisca il dato che non si può ridurre il mondo a mercato e ad efficientismo. E’ dalla scuola che parte una domanda di senso e una richiesta allo Stato di mezzi e strumenti per poter continuare a ricercare in modo adeguato con i propri alunni, per evitare che anche il nostro paese sia travolto dalla violenza e dalla disperazione, diffusi proprio negli Stati dove la Scuola statale è ridotta a rango di istituzione di serie b e, per di più, è controllata dai privati che le fanno la “carità” di mantenerla. Riguardo al discorso dell’amore, c’è solo da indignarsi perché non credo che un Governo dello Stato debba chiedere agli insegnanti di farsi missionari al fine di non prendersi lui la responsabilità e la cura di docenti all’altezza di un compito che è fondamentale per la vita del paese.
Credo che finora solo
l’amore per i propri alunni abbia spinto tanti insegnanti a tenere
alto il livello generale della scuola, nonostante che i governanti
abbiano fatto di tutto per distruggerla. Ma non si può abusare di
questi sentimenti!
A questo punto sono da
criticare nettamente tanto la cornice quanto il tipo di contenuto. Aiuta la disgregazione: 1) la didattica personalizzata, perché isola il bambino etichettandolo e non lo considera in divenire nel contesto sociale in cui è inserito (gruppo classe, scuola, amici, famiglia, ecc.) e lo priva della libertà di apprendere con gli altri secondo modi e tempi propri (a differenza della didattica individualizzata); 2) la divisione della scuola in tante unità autonome, agenti separatamente senza programmi comuni ma solo con obiettivi comuni relativi alle competenze, come tante navicelle alla deriva che cercano di salvarsi dopo che si è fatta affondare la nave, mutuando la suggestiva immagine suggerita nel 1990 dal ministro dell’Educazione belga Laurette Onkelinckx quando esortava ad abbandonare “la pesante nave” dell’insegnamento diretto dallo stato e a sostituirla con una “flotta di piccole navi più facili da governare”; [1] 3) l’importanza pressoché unica attribuita alle competenze essenziali nella valutazione degli apprendimenti, secondo una cultura aziendalista che ha invaso tutti i settori e che, nel campo dell’istruzione può produrre seri danni riducendo ciò che sa e sa fare l’allievo a mere formulette fissate aprioristicamente, così come ci viene raccontato dagli insegnanti provenienti da quei paesi in cui le scuole, basano la propria attività sui test, come accade nelle Academy inglesi (scuole pubbliche privatizzate, come si vuole fare da noi con le fondazioni). [2]
[1]
Los tres ejes de la
mercantilización escolar (Niko Hirtt)
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