Forse bisogna riscoprire la frusta. Pasquale Almirante da DocentINclasse, 20/4/2007
Forse bisogna riscoprire la frusta e mettere
mano a una serie di punizioni corporali codificate dal diritto
naturale per cui il maestro, a fronte di comportamenti poco consoni
coi principi della scuola, possa assegnare un numero di vergate
equivalenti al danno. Del resto fino a tutti gli anni cinquanta non si
usava forse la verga in classe? Lo scappellotto è invece scomparso
solo da alcuni decenni, in coincidenza col sessantotto ma aveva alte
quotazioni e una buona dose di pregio deterrente. Acquattato è rimasto
solo il rimprovero, aspro e forte, ma è in via anch’esso di estinzione
vista la facilità di denunzia di certi genitori. Sopravvive ancora il
rapporto disciplinare ma considerata la sua bassa utilità pratica è
solo spreco di inchiostro. E allora che fare di fronte all’avanzata
della maleducazione e degli atti di violenza? Se ad ogni delitto
corrisponde una pena, occorrerebbe sapere quale pena si possa
comminare a chi fa il bullo e quale ancora per chi vandalizza banchi,
aule e suppellettili, compresi i bagni che spesso vengono allagati per
marinare la scuola. E quale pena per chi con arroganza aggredisce il
maestro (lo chiamiamo così piuttosto che insegnante) e non solo con
oggetti contundenti ma anche a parole che è pure peggio. Ci si
arrovella (ed era nel programma del centrosinistra ora al Governo) per
capire come il maestro possa riacquistare il prestigio perduto che, a
parte lo stipendio da fame, è sempre più umiliato e offeso, e non solo
e perfino dalle competenze del posteggiatore abusivo, che ha una sua
autorevole funzione in tutti gli slarghi possibili, ma anche da quelle
del più semplice dirigente del catasto o del comune di fronte al
quale, per il fatto semplice che gestisce un ufficio delicato, molte
schiene si piegano. Non diciamo che il maestro debba ottenere rispetto
alle stessa strega di costoro, diciamo solo che bisognerebbe ridargli
un tantino di più potere e l’uso della frusta e della punizione
esemplare potrebbero essere ottimi mezzi. E quanto essi siano salutari
basta riflettere sui metodi pedagogici adottati dai gesuiti nei loro
collegi dove si insegnava, con pieni esiti, a suon di bacchettate.
All’epoca non si conoscevano i laboratori di lingue, né sofisticate
strategie didattiche ma il risultato era straordinario, molto di più
di quello di oggi. Era, ed è, proverbiale infatti la cultura dei
gesuiti. Ma all’epoca si conosceva pure il senso del sacrificio e non
solo per conquistare qualche innocente sfizio ma anche per avere il
semplice pane quotidiano. Il sacrificio e il senso del sacrificio. E
studiare, checché se ne dica, è sacrifico, impegno, volontà, sforzo,
sudore: ma chi ne pretende dai nostri ragazzi? I compiti a casa, che
impegnavano pomeriggi e spesso nottate, non sono più tra gli usi e i
costumi degli alunni del nostro tempo, mentre li Ministro si affanna a
dire che va affrontato il benessere degli studenti e che bisogna
tutelare i ragazzi dal disagio fisico, psichico e sociale per cui i
docenti (non i maestri) devono stare sempre all’erta sul fronte della
prevenzione, intervenendo per scardinare piaghe sociali come il
bullismo, la tossicodipendenza, l'obesità e la xenofobia. Il docente,
dice ancora Fioroni, deve soprattutto "promuovere la cultura della
legalità, prevenire gli incidenti stradali e dare informazione sulla
salute anche per disincentivare le tossicodipendenze.” Al solito non
si capisce come bisognerebbe prevenire, considerando che dal un lato è
mestieri di completare il programma e dall’altro è opportuno aprire le
scuole, come suggerisce il Ministro, perfino di pomeriggio per
sobillare il benessere degli studenti invitandoli a mangiare di meno.
Nello stesso tempo tuttavia alcune scuole, per sbarcare il lunario e
pagare i supplenti, stanno pensando di tappezzare le aule di reclami
pubblicitari per avere qualche soldo almeno dagli sponsor che poi
siano di caramelle o di brioche poco importa. E allora insieme alla
frusta bisognerebbe pure che si riesumasse l’altro salutare
spauracchio: quello di saltare la cena per punizione. |