Non serve il pugno di ferro per ridare
credibilità all’insegnamento. Dalla scuola di massa alla scuola del merito.
Anche se quest’anno la maturità è diventata più
selettiva, il nostro sistema di Anna Maria Sersale, dal Il Messaggero del 20/8/2007
ROMA - Il giro di vite sulla maturità non basta. Quel 3,3% in più di
bocciati non è sufficiente a ridare serietà ad un esame ormai
discreditato. Il 93,4% dei promossi dello scorso luglio dice che
siamo ancora il Paese più generoso e che, al confronto con gli Usa e
con gli altri partners europei, l’Italia appare ancora legata a
modelli troppo «lassisti». Nessuno invoca il pugno di ferro. Nessuno
cerca un inutile quanto ottuso sistema di bocciature a tappeto, che
servirebbero solo a illudere. Il problema è un altro. Occorre
vincere la sfida sul merito, uscendo dalla logica, ormai datata, che
l’egualitarismo si affermi «regalando il sei politico». L’egualitarisimo,
inteso come antitesi del merito, è un pezzo di archeologia, frutto
di una stagione politica ormai superata, che ha accompagnato la
crescita della scuola di massa, quando era difficile, anzi
impossibile, mettere al centro merito e selezione, quest’ultima
allontanata dalle aule perchè considerata di «stampo gentiliano».
Ora, che sono passati più di trent’anni, e che si sente la necessità
di distinguere capacità, attitudini, livelli di conoscenza e
impegno, abbiamo le armi spuntate. Tuttavia, per fare una scuola di qualità ci vogliono insegnanti di qualità. Ma per avere insegnanti capaci lo Stato deve investire: «Esattamente quello che chiediamo da decenni - sottolinea Di Meglio, della Gilda - Abbiamo ancora, invece, i criteri che andavano bene nella scuola di massa, negli anni in cui è stato necessario allargare la base sociale. Ora è il momento di cambiare rotta, però sappiamo tutti che non esiste la bacchetta magica per entrare in questa terza fase, così difficile. Le idee sono chiare, ma i modi per attuarle no. In ogni caso dobbiamo innalzare i livelli. Una cosa è certa, se lo Stato non trova un sistema credibile per il reclutamento dei docenti ogni strategia fallirà. Già, perchè le ricorrenti ope legis, quelle che hanno fatto più o meno tutti i governi, provocano danni. Sì, mi riferisco anche all’ultima che renderà possibile l’ingresso di migliaia di precari». Si fa presto a dire merito. I nodi da sciogliere sono tanti. In ogni caso la svolta l’ha impressa di recente il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni. Un primo passo, certo, ma importante. Ora l’esame di maturità “vale” di più. Sono raddoppiati i bocciati e l’esame è diventato più selettivo. Dal 3,3% di bocciati del 2006 siamo passati al 6,6% del 2007. E per la prima volta è stato premiato il merito, l’eccellenza, l’impegno particolare. I promossi con lode sono stati 3.000, di questi il 40% maschi e il 60% femmine. «Così i ragazzi capiscono che la scuola non è un parcheggio - ha detto a luglio il ministro Fioroni - Serve per la vita, per l’avvenire, per l’accesso all’università e l’ingresso nel mondo del lavoro». D’altra parte il giro di vite era inevitabile. Un milione di giovani (41% degli iscritti alle superiori) hanno un debito formativo da saldare. Quasi uno su due. Un dato che fa impressione. Tanto più se si considera che solo il 25% dei debiti formativi viene recuperato con i corsi, perchè solo il 60% degli studenti con un debito hanno frequentato un corso e di questi solo il 40% lo fa con un qualche succcesso. Così accade che si torni anche a parlare di esami di riparazione. Lo fa il ministro Fioroni che in luglio annuncia: «Meglio ripristinare il vecchio sistema, così non va». Se l’Italia ha il 93,4% di promossi alla maturità, la Germania, che ha un sistema scolastico rigoroso, ha solo il 77% di giovani che conseguono il diploma (di questi il 20% ha ripetuto almeno un anno). I più selettivi sono gli Stati Uniti, che hanno un sistema di filtro soprattutto nella fase finale, quando si tratta di entrare all’università. Da loro la media di studenti che consegue il diploma di “high school” è del 70%. Anche Francia e Spagna sono più rigorosi di noi, rispettivamente con percentuali dell’83,3% e dell’89,9% di promossi. Solo la Gran Bretagna ci supera, con il 96,6% di promossi. Ma il Regno Unito poi mette i paletti all’ingresso nelle università. «La strada del merito è irta di ostacoli - sostiene Giorgio Rembado, leader dei presidi - Ci sono ostacoli di tipo culturale e sociale. Nella nostra società, da decenni, c’è la tendenza a respingere qualsiasi forma di controllo e di rigore, per ragioni che nascono dalla certezza presunta di conseguire l’eguaglianza sociale. Ma è un errore. E ora che c’è una diffusa consapevolezza di questo errore si sente il bisogno di valutare le differenze. Però ci sono ancora resistenze, è difficile proporre nella scuola modelli differenziati, anche perchè la scuola può accogliere l’idea delle “differenze” solo se questo valore è presente nella società. Se non c’è coerenza lo sforzo è vano. Detto questo non sottovaluterei la nuova linea avviata dal ministro Fioroni. Richiede tempi lunghi, ma se saremo convinti e capaci di metabolizzare l’idea di merito, potremo batterci per ottenere buoni risultati». L'Italia si trova in fondo alle classifiche internazionali ogni volta che l'Ocse misura le capacità di scrittura e di calcolo degli studenti. Ci viene anche rimproverato di avere un sistema troppo costoso rispetto agli scarsi risultati ottenuti. Ancora oggi il 25% degli studenti abbandona nel primo biennio delle superiori. Spendiamo il 3,6% del Pil, contro la media Ue del 3,8%, ma i nostri diplomati tra i 25 e i 34 anni sono solo il 64%, contro il 77% dei nostri partners. Dunque, siamo “buonisti” ma con scarsi risultati. Dice Gigliola Corduas, presidente della Fnism, la Federazione nazionale degli insegnanti: «Pensiamo alla svolta, ma la scuola ha bisogno di segnali, di segnali che le ridiano autorevolezza. Quanto al merito non c’è bisogno di uno sfoggio muscolare, la vecchia severità non è risolutiva, non è quella che dà il senso del cambiamento, occorre, invece, ricostruire il dialogo con gli insegnanti, far sapere che si crede nel loro ruolo e che si investe nel loro lavoro. La qualità, comunque, è legata al riassetto istituzionale dell’intero sistema. Quanto ai ragazzi deve essere chiaro che non si può andare al di sotto di certi limiti, non consentiti». Insomma, per ripartire, c’è da augurarsi che nasca un nuovo patto con la società.
2,5 milioni
497 mila
1 milione
3 mila
8,3% alle superiori
USA: Valutazioni severe fino all'Università di FLAVIO POMPETTI
NEW YORK - La scuola americana ha una struttura parallea a quella
italiana per quanto riguarda la divisione in fasce di età.
Francia: Appena sufficiente? Niente Liceo. di FRANCESCA PIERANTOZZI PARIGI - Con l'83,3 per cento di promossi agli esami di maturità di quest'anno, i sessantottini francesi possono dirsi soddisfatti: l'austera selezione della Francia «ancien régime» è soltanto un ricordo e la fatidica soglia di 80 per cento di diplomati a ogni stagione è stata superata da anni. Eppure la selezione, la meritocrazia, l'eccellenza, restano un'ossessione del sistema educativo di Francia. Obbligatoria fino a 16 anni, la scuola è considerato l'unico meccanismo per far funzionare il famigerato «ascensore sociale» e consentire ai figli delle classi meno fortunate, quasi tutti figli anche delle banlieue, di avere una chance di successo. Un meccanismo che però continua ad incepparsi. La scuola francese resta fortemente selettiva, quasi sempre a svantaggio dei già svantaggiati. Il voto ottenuto al «brevet», l'esame che conclude il ciclo delle medie (4 anni) condiziona l'orientamento successivo: una sufficienza striminzita impedirà di frequentare il liceo «generale» e relegherà ad un istituto professionale, con successive scarse possibilità di iscriversi ad una buona università. A decidere non è solo lo studente (che può però scegliere di ripetere l'anno per cercare un voto migliore) ma soprattutto i professori e i loro voti. La scuola superiore dura tre anni, con una maturità (il «bac») divisa in due parti: alla fine del secondo anno si passano le prove di francese, alla fine del terzo tutte le altre materie. Un voto mediocre pregiudicherà la possibilità di ottenere una buona maturità finale. Tanta selezione paga? Senz'altro per i più bravii, che avranno accesso alle Grandes Ecoles e opportunità di carriera. Sfavorisce però quelli che abitano i quartieri difficili, dove si trovano le scuole altrettanto «difficili», snobbate dai professori con esperienza e dove i tassi di riuscita agli esami (medie e maturità) sono i più bassi. Se oggi il 60 per cento di una generazione arriva al bac, nelle banlieue il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 40 per cento.
Spagna: selettivi ma non troppo. di JOSTO MAFFEO MADRID - C’è un incubo, per gli studenti spagnoli e per loro famiglie, che si chiama ”selectividad”. E’ il temuto esame che alla fine delle medie superiori filtra l’accesso all’Università e che in questo paese è considerato un buon termometro per tastare il polso a un sistema della pubblica istruzione che deve fare i conti con conflitti e problemi di competenze tra un residuale ministero centrale e i 17 governi della Spagna delle autonomie. Gli ultimi dati, forniti dall’Instituto Nacional de Estadística si riferiscono alla ”selectividad”: agli esami di giugno risulta promosso l’89,9%. Nella sessione di settembre, invece, il calo fu particolarmente accentuato: solo il 68,2 per cento dei 43.185 esaminandi superò il filtro pre-universitario. Non tutti sono d’accordo sui metodi della selezione, pietra miliare che condiziona la vita e le aspirazioni di uno studente. E forti sono le critiche, in un ricorrente acceso dibattito, sulle riforme e controriforme. Ciò nonostante, la macrofotografia statistica evidenzia cambiamenti. Per esempio, le donne sono sempre più presenti tra gli aspiranti a studi universitari.
GB: impossibile bocciare. di DEBORAH AMERI LONDRA - Il nuovo primo ministro Gordon Brown, ha elencato tra le priorità da riformare il sistema scolastico inglese (gli alunni soni agli ultimi posti nella classifica europea dei più istruiti). Colpa di un’educazione troppo compartimentata che procede per ampi temi e in cui gli studenti già dai 14 anni scelgono autonomamente le materie da studiare. L’istruzione dell’obbligo termina a 16 anni, con la secondary school. Dai 16 ai 18 i ragazzi frequentano il “sixth form” che prepara all’ingresso in università e che è uguale per tutti. A cambiare sono le materie e i ragazzi possono costruire il proprio piano di studi con sole quattro materie dai 16 ai 17 anni (due sono solitamente inglese e matematica) che diventano tre nell’ultimo anno.Al termine si deve sostenere l’ A-level (compiti scritti su tre materie selezionate). La promozione è quasi automatica, nell’ultimo anno a passare la prova è stato il 96,6% degli alunni (più 0,4%). I pochissimi che falliscono possono ripetere l’esame qualche mese dopo. Però per iscriversi a un ateneo prestigioso (Oxford e Cambridge), ci sono esami di ammissione molto rigorosi.
Germania: il sistema più esigente di WALTER RAUHE
BERLINO - Solo un terzo dei giovani viene ammeso alle scuole
superiori (ginnasi), mentre gli altri due terzi frequentano solo la
scuola dell’obbligo o quella intermedia. L’educazione scolastica
tedesca è severeamente suddivisa in tre rami distinti e viene
considerata molto selettiva (secondo Ocse e Nazioni Unite ”troppo“
selettiva). Nove gli anni minimi di educazione scolastica necessari
per il diploma della “Hauptschule“ (paragonabile alla scuola media).
Lo scalino sucessivo è quello della “Realschule“ (scuola reale), che
offre dopo 10 anni un diploma intermedio di indirizzo tecnico. C’è
anche il Ginnasio, paragonabile ai nostri licei. La selezione degli
studenti e la loro destinazione in uno dei tre rami avviene già alla
fine della quinta elementare, ad un’età che molti esperti giudicano
troppo prematura per decidere per un diploma superiore o solo
intermedio o minimimo. Nella scuole superiori inoltre circa il 23%
degli studenti non raggiunge mai un diploma, mentre del restante 77%
circa il 20% ripete in media almeno un anno. Esami di riparazione
non sono previsti. |