No all’eccesso di dirigismo, è inconciliabile
con la libertà di insegnamento.
La svolta dell'autonomia.
Serve un contratto ad hoc per rilanciare i
docenti
di Rino Di Meglio *
Italia Oggi del 12/9/2006
Nel seguire il dibattito aperto da Italia Oggi sulla professione
docente rilevo con piacere che alcune delle nostre tradizionali
battaglie in difesa della libertà di insegnamento sono fatte proprie
anche da chi per lungo tempo non ne ha fatto cenno. La professionalità
del docente è contraddistinta da due aspetti: la libertà e
l’autonomia. La libertà di insegnamento è sancita dalI’art. 33 della
Costituzione ed è strettamente correlata alla funzione di istituzione
che la Carta costituzionale ha voluto assegnarle. Non si tratta, per
l’insegnante, di semplice libertà di scelta delle tecniche di
intervento, come per qualsiasi altro professionista, ma anche
esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura,
di contributo all’elaborazione di essa e di impulso alla
partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e
critica della loro personalità (decreto legislativo n. 297/94). Si
tratta quindi di libertà di esercitare la propria professione in
conformità alle proprie convinzioni, senza essere condizionato da
verità ufficiali, né da dogmi da trasmettere agli allievi.
Si è voluto e si vuole ancora in questo modo sottolineare la libertà
da pressioni o intromissione di altri soggetti. In questo quadro il
discorso sulla cosiddetta liberalizzazione della professione docente
non è assolutamente nuovo, è null’altro che l’eco dell’antica campagna
dì quanti vorrebbero che la scuola, anche quella dello stato, si
trasformasse da istituzione in servizio pubblico che, al pari di
altri, può essere gestito anche da soggetti privati.
Non si può parlare quindi di un semplice «spunto dal quale ripartire»,
come è state scritto da qualcuno nel corso del dibattito promosso da
Italia Oggi; l’esigenza di apprendimento degli alunni non può essere
contrabbandata con la necessità di arrivare ad un metodo più o meno
unico della didattica in quanto ciò significherebbe soltanto
soppressione della libertà d’insegnamento. Se la tecnica è tutto,
perché non usare allora delle macchine al posto dei docenti? Si vuole
dunque impedire che la scuola pubblica statale continui a essere il
luogo di promozione del pluralismo politico, filosofico e religioso e
di formazione critica dei giovani? Dai principi sopra accennati deriva
che anche l’indispensabile collaborazione con le famiglie va riportata
ad un quadro di chiarezze, uscendo dalla logica consociativa e
chiarendo definitivamente i ruoli di ciascuno.
La scuola, in quanto istituzione, deve avere un proprio ambito di
principi, valori, contenuti e metodi che non può essere oggetto di
contrattazione con le famiglie, pena il rischio di creare delle scuole
di tendenza e dissolvere il valore pluralistico dell’istituzione. Ai
genitori, spetta invece un ruolo di collaborazione e controllo,
nell’ambito del quadro giuridico della trasparenza della pubblica
amministrazione. Riteniamo che, prima di giungere alla riforma degli
organi collegiali della scuola, sia opportuno fare chiarezza sui ruoli
e le competenze di ciascuno, anche prendendo atto con onestà del
fallimento di alcune forme di partecipazione: è sotto gli occhi di
tutti la ridicola partecipazione alle elezioni dei rappresentanti dei
genitori nei consigli di classe e d’istituto. Altro problema chiave
per l’esplicazione della funzione docente è collegato all’introduzione
della dirigenza scolastica, con il cosiddetto manager, funzione che
mal si concilia con l’esercizio della libertà di insegnamento. Va
riservata al collegio dei docenti l’elezione di un presidente del
collegio, una richiesta perfettamente inquadrabile nella divisione
avvenuta già altrove, tra le funzioni di gestione e quelle di
indirizzo, nella pubblica amministrazione.
Una valorizzazione della funzione docente è urgente proprio per
contrastare i tentativi striscianti di introdurre metodi unici (dello
stato o delle scuole) dannosi per le nuove generazioni che, per essere
libere, debbono essere formate in un ambito di libertà e
responsabilità.
Sicuramente un passo decisivo per la rimotivazione dei docenti
potrebbe essere, non quello di introdurre fantasiose carriere, di
solito basate su cose diverse dall’insegnamento, ma quello di
cominciare a riconoscere agli insegnanti il diritto a un contratto
specifico che li liberi dall’appiattimento sulle funzioni
impiegatizie. Questo vorrebbero ottenere tutti quei docenti che sono
fieri del loro ruolo.
* Coordinatore nazionale Gilda