TRANSITARE VERSO UNA NUOVA SOCIETÀ
La dimensione interculturale di Aluisi Tosolinida Pavone Risorse del 19/9/2006
In questi primi mesi della nuova
legislatura e del nuovo governo certamente è possibile leggere il
ritorno sulla scena della dimensione interculturale. Ciò che è diverso è la lettura del fenomeno.
In estrema sintesi (e con il rischio di
qualche semplificazione) possiamo dire che la lettura degli interventi
del ministero Moratti permette di leggere una sostanziale volontà "assimilatoria".
Anche le linee guida di inizio 2006, come abbiamo avuto modo di
commentare, non assumevano la dimensione interculturale come momento
di rilettura del senso stesso della scuola italiana inserita in una
nuova società multiculturale ma sottolineavano, nella sostanza, il
compito della scuola soprattutto a livello di accoglienza al fine di
"predisporre l’alunno" a poter inserirsi nella scuola attuale, già
data. Senza tuttavia che la scuola stessa si interrogasse sulla
possibilità di mutare essa stessa per divenire capace di formare i
nuovi cittadini della società glo-cale. Come è noto, infatti, in
nessun punto delle pur amplissime indicazioni nazionali ci si poneva
il problema di rivedere e rileggere alla luce della globalizzazione e
della dimensione multiculturale gli obiettivi di apprendimento ed i
contenuti dell’apprendimento.
Cosa è cambiato, dunque?
E’ cambiata l’attenzione, in primo luogo. Come ha ben
evidenziato il ministro Fioroni nella audizione alle commissioni
Camera e Senato del 29 giugno il tema della presenza degli alunni
stranieri diventa una delle tre priorità della scuola italiana. Una
scuola ponte, una scuola in cammino. Una scuola che ha grande
responsabilità nella transizione ad una società nuova, altra rispetto
alla attuale. Che certo affonda le proprie radici in una storia ben
specifica ma che proprio da questa storia è spinta a mettersi sul
sentiero del cambiamento.
Il senso della transizione A ben riflettere la parola transizione ha dentro di sé l’idea del passaggio, del movimento e dell’attraversamento. Dell’andare verso una realtà diversa rispetto quella in cui si è oggi. E’ un mettersi in viaggio, l’assumere la dimensione del migrante e del nomade. Una scuola che si fa migrante verso una società "plurale e coesa" capace di "ri-assumere dentro di sé" le diverse culture che la abitano, come scriveva il CNPI.E proprio qui sta la novità, la possibilità della fase 2 dell’educazione interculturale intesa come la normalità dell’educazione nelle società postmoderne, globali, multiculturali.
La cittadinanza in gioco
In questo senso diventa centrale il
nodo della cittadinanza. Su questo tema il dibattito si è fatto
intenso in questi mesi in Italia. Intenso e duro, aspro. Ed è giusto
che sia così. Ma non si tratta solo di pensare alla cittadinanza come
una sorta di premio per l’avvenuta assimilazione quanto piuttosto come
passaggio che implica l’assunzione di soggettività entro la società e
l’entrata nella agorà della polis dove tutti i cittadini, a partire
dalle loro differenze e dal rispetto della democrazia, iniziano a
costruire la propria nuova casa comune.
Nel corso di un recente convegno
tenutosi a Reggio Emilia (12 settembre 2006, promosso da Comune di
Reggio Emilia, ANCI [Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia] e
CIDI [Centro d’Iniziativa Democratica degli Insegnanti]) il dibattito
si è sviluppato attorno al tema "cittadinanza in gioco" per
capire ed approfondire maggiormente le strategie, le azioni e le
organizzazioni che scuola e città, insieme, progettano, per costruire
una comunità di cui ciascuno si senta parte come cittadino. Come ha ben ricordato il 18 settembre il Presidente Napolitano compito della scuola è ridurre le disuguaglianze. E oggi, nella nostra situazione, siamo invitati, ha continuato Napolitano, "a vivere in uno spirito di tolleranza e di liberà, nel rispetto di valori e regole condivisi". Condivisi e costruiti assieme.
Verso scuole migranti La dimensione interculturale è cosi (FINALMENTE) chiamata ad uscire dalle aule scolastiche per divenire tema politico, come ha ben segnalato un convegno tenutosi in riva al Po (non a caso a cura di due amministrazioni locali, i comuni di Cremona e di Polesine P.se) nella primavera di questo anno e che aveva come titolo " Dalla scuola alla società multiculturale".Ed è fondamentale che ciò avvenga in un momento in cui sia a livello internazionale che nazionale il dibattito sulla relazione tra culture si fa ogni giorno più aspro e duro. E’ in questi momenti che è richiesta saggezza e creatività. Capacità di immaginare e di sperimentare unita ad una sana dose di concretezza. E’ in questi momenti difficili che la scuola è chiamata svolgere fino in fondo il suo ruolo di intellettuale sociale, capace sia di leggere i bisogni formativi della città in cui è inserita che di rispondervi in modo competente ed innovativo. Mettendosi in cammino, uscendo dalla immobilità. Transitando…. Così, in questi giorni in cui tutte le scuole stanno mettendo mano alla propria carta di identità, al proprio POF, è legittimo chiedersi quante fra esse stiano iniziando ad uscire dalla logica della pura accoglienza per entrare nella dimensione in cui le culture vengono ri-assunte come punto di partenza di un viaggio che ci conduca a nuova cittadinanza ed a nuovo umanesimo. Quanto sono le scuole che iniziano a "farsi straniere" rispetto ad un punto di arrivo altro rispetto alle consuete prassi. E quante sono le scuole che stanno utilizzando la possibilità di definire autonomamente i propri curricoli fino al 20% per iniziare questo percorso. Si, davvero una nuova stagione sta iniziando. Ma, sia chiaro, non basta che cambi a partire dalle parole del ministro. Molto è nelle mani di ogni collegio docenti. Di ogni docente. Qui sta il senso vero dell’autonomia. Che è anche il prerequisito fondamentale di ogni vera cittadinanza. |