Cosa fare degli insegnanti nullafacenti?

Gianfranco Giovannone, da DocentINclasse, 17/9/2006

 

Lo spettacolo della pletora di insegnanti nullafacenti che zavorrano il deficit italiano e che , appunto, non avendo niente da fare affollano strade e piazze del nostro paese, si riversano nei caffè e nelle sale da biliardo, è diventato davvero indecente, come la stampa nazionale non ha mancato di rilevare.

Tempo fa su questo sito avevamo suggerito, ahimè inascoltati, di adottare per gli insegnanti la Modesta Proposta con cui, nel 1729, il Decano di Dublino, Jonathan Swift, aveva proposto di risolvere il problema dell’eccesso di bambini poveri in Irlanda. Scriveva il Decano:


"Un Americano, mia conoscenza di Londra, uomo molto istruito, mi ha assicurato che un infante sano e ben allattato all’età di un anno è il cibo piú delizioso, sano e nutriente che si possa trovare, sia in umido, sia arrosto, al forno, o lessato; ed io non dubito che possa fare lo stesso ottimo servizio in fricassea o al ragú.

I piú parsimoniosi potrebbero scuoiare il corpo, la cui pelle, trattata artificialmente, dà meravigliosi guanti per signora e stivaletti estivi per signori eleganti.

Per quanto concerne la nostra città di Dublino, nelle parti piú acconce, potrebbero apprestarsi mattatoi per codesta bisogna; e possiamo star certi che non mancheranno i macellai; anche se io vorrei raccomandare di comperar vivi i bambini e di prepararli caldi, appena finito di usare il coltello, come si fa per arrostire i maiali".

Certo, non possiamo nasconderci che la carne dei docenti, la maggior parte piuttosto stagionati, non è così tenera e appetitosa come quella dei bambini, ma sembra che l’associazione TREELLLE, vicina alla Confindustria, abbia messo a punto un sistema di frollatura dei docenti che rende la loro carne almeno commestibile ed esportabile nei paesi del terzo mondo.

Ma avremo il coraggio di prendere una decisione così radicale, in un paese ancora egemonizzato dalla cultura assistenziale della sinistra?

Con argomenti chiaramente pretestuosi il segretario della Filc-CGIL, nell’intervista al manifesto del 5settembre 2006, cerca addirittura di negare il problema:

"Ma veniamo al tema variamente agitato del numero degli insegnanti. Com'è noto esso è il risultato di tanti elementi: le ore di lezione, i contesti, le scelte «politiche». Vediamo alcuni fatti: circa 80.000 insegnanti (oltre il 10% dell'organico) operano su bambini disabili. In altri paesi i bambini disabili vengono messi in classi speciali, da noi, ed è giusto, in classi comuni.

Ci sono istituti superiori con 40 ore settimanali di lezione e, quindi, con il numero di insegnanti necessario. Oppure ci sono modelli pedagogicamente ricchi (quali il tempo pieno) che danno un contributo molto significativo alla qualità del Paese. Senza tacere del nostro territorio con una buona quantità di montagna.

Abbiamo anche oltre 15.000 docenti di religione cattolica neo immessi in ruolo, unico caso nell'intero globo. L'unico vero spreco ingiustificabile è condannare ogni anno un esercito di precari - siamo ad oltre 150.000 - a ricominciare da zero in classi sempre diverse"

Un vero e proprio boomerang, come ognuno può capire: gli insegnanti di sostegno non avrebbero motivo di esistere una volta eliminati gli alunni diversamente abili, che solo una perversa ideologia sinistrorsa ha impedito di immettere sul mercato alimentare, altro che mescolarli, unico paese al mondo, come ricorda sfacciatamente lo stesso Panini, con i bambini normali.

Purtroppo anche il governo di centro-sinistra, ovviamente statalista e ostile all’economia di mercato, ciurla nel manico con argomentazioni preistoriche. In una recente intervista al Corriere della Sera il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni ha dichiarato:

“La metà dei comuni italiani, per l’esattezza 4.201, si trovano in montagna e sono di piccole dimensioni, cioè sotto i 5.000 abitanti. In Piemonte ce ne sono 530, in Friuli 105, nel Lazio 240, in Basilicata 115, in Sardegna 234.

Lo ricordo a qualcuno. A chi parla di quel rapporto di uno a nove. In questi piccoli comuni montani ci sono 5.720 edifici scolastici, 900.000 bambini, tra i quali 50.000 sono diversamente abili, spesso in classi di dimensioni ridotte: dai 5 ai 9 alunni. Il territorio delle comunità montane si estende per 16 milioni e passa di ettari. E’ la metà dell’Italia. Ed io come ministro devo garantire il diritto all’istruzione, anche se questo comporta dei costi aggiuntivi rispetto all’altra metà del paese.

Non dimentichiamo che la presenza della scuola in questi territori è il prerequisito per l’esistenza stessa dei comuni montani. Chiudere la scuola, che spesso è l’unico avamposto dello stato in zone impervie, questo vale anche per le scuole minori, significa dare il via all’abbandono e allo spopolamento di intere aree del nostro Paese. La Costituzione non consente che possano esistere cittadini di serie A e di serie B”.

Argomenti chiaramente capziosi: per gli zotici alunni montanari basterebbe adottare il sistema dell’ homeschooling, la scuola a distanza, on-line, come si fa in Australia e Canada. Anzi: l’homeschooling si potrebbe adottare per tutta la scuola italiana. Sarebbero così sufficienti non più di un centinaio di insegnanti, mentre gli altri, sottoposti al trattamento suggerito dagli esperti dell’associazione TREELLLE ,potrebbero essere utilizzati in maniera molto più utile e redditizia.