Una... Indicazione e... di Maurizio Tiriticco da Fuoriregistro del 14/9/2006
Una indicazione... attesa! L'operazione cacciavite procede speditamente, però... in questi giorni cominciano le scuole, e i quattro mesi per la compilazione della scheda del primo quadrimestre non sono tanti e qualche... Indicazione in più per le scuole non sarebbe affatto superflua, in attesa della riscrittura delle Indicazioni nazionali che dovrebbe effettuarsi in questo anno ponte! Il fatto è che il ponte bisogna attraversarlo nel modo migliore! E' senz'altro positivo affermare nella Nota di indirizzo del 31 agosto che le scuole sono chiamate a decidere in forza della loro autonomia quale scelte effettuare per "attuare un curricolo di scuola, da intendersi quale sintesi progettuale ed operativa delle condizioni pedagogiche, organizzative e didattiche che consentano di realizzare un insegnamento efficace ed adeguato agli alunni, nel rispetto degli indirizzi curricolari di carattere nazionale" (p. 6). Ma quali sono gli indirizzi curricolari di carattere nazionale? Ed ancora, poiché un analogo concetto viene ribadito quando si afferma che "le finalità e gli obiettivi generali del processo formativo sono definiti con chiarezza ed hanno piena forza prescrittivi" (p. 11), le scuole si domandano: gli indirizzi curricolari e gli obiettivi formativi dove sono? Quali sono? Le uniche cose scritte sono le Indicazioni nazionali, formalmente ancora vigenti, ma che nessuno intende più condividere! La nota di indirizzo ci dice anche che "l'attestazione di traguardi intermedi via via raggiunti negli apprendimenti sarà affidata a sobrie schede di valutazione, mentre la certificazione delle competenze sarà proposta in un'ottica sperimentale solo per l'ultimo anno della scuola do base". Quindi, "altre eventuali forme di documentazione dei processi formativi (dossier, cartelle, portfolio, ecc.) saranno rimesse alla piena autonomia delle scuole, segnalando il loro carattere prettamente formativo e didattico... essendo esclusa tassativamente ogni loro funzione di certificazione, attestazione, valutazione. Così come resta esclusa ogni funzione pubblica e amministrativa di tali documenti" (pp. 12 e 13). Tali affermazioni appaiono fortemente suggestive e di grande apertura, tant'è vero che le Schede informative della Flc-cgil suggeriscono che "l'autonomia metodologica e didattica offre tutti gli strumenti e la legittimità per organizzare in curricoli gli obiettivi generali del processo educativo che i collegi docenti liberamente possono individuare, ispirandosi ai Programmi del 1979 per la scuola media, del 1985 per la scuola elementare e agli Orientamenti del 1991 per la scuola dell'infanzia, mai abrogati e dunque pienamente legittimi, ancorché superati nella loro prescrittività di programmi scolastici". Tutte queste aperture rischiano di produrre strani effetti: le scuole che hanno attivato le Indicazioni nazionali - poche, comunque! - si sentiranno autorizzate a continuare per la strada intrapresa in attesa dei provvedimenti a venire! Le scuole che hanno sempre rigettato le Indicazioni si sentiranno autorizzate a rifarsi ai programmi precedenti! Altre scuole troveranno soluzioni intermedie. Ma, per quando riguarda la prima scheda di valutazione, che cosa faranno? Attingeranno qua e là come meglio crederanno, sempre in ragione della loro autonomia? Impasticceranno una nuova scheda faidaté? Occorrerebbe evitare che, tra qualche mese, alla vigilia del primo quadrimestre si verifichino situazioni per certi versi frustranti, per altre scarsamente governabili! La ragione di fondo è che la filosofia dei Programmi ministeriali e quella delle Indicazioni nazionali sono alternative e non sono assolutamente conciliabili. Quella dei Progammi si fonda sulla progettazione curricolare, quella delle Indicazioni sull'ologramma e sulla personalizzazione. La prima indica con chiarezza quali sono gli obiettivi che si propongono agli alunni, che possono essere raggiunti, pienamente o meno (il che giustifica la scelta dei 5 livelli delle schede di valutazione), e lascia ai docenti, in forza della individualizzazione, piena libertà in ordine alle metodologie e ai percorsi. La seconda lascia che siano le scuole a definire sia gli obiettivi che i percorsi, sullo sfondo di un assai generico Pecup, dando luogo alle tanto contestate schede faidaté e rompendo di fatto l'unitarietà delle finalità del Sistema nazionale di istruzione e quella degli obiettivi della scuola di base. Se si vuole sconfiggere definitivamente il faidaté fin dal primo quadrimestre, non sarebbe il caso - pur nella attesa della riscrittura delle Indicazioni nazionali - di dare una indicazione alle scuole di base circa gli obiettivi prioritari che per ciascuno dei cinque periodi tuttora vigenti (secondo la formula dell'1+2+2+2+1) sono tenute a proporre ai loro alunni? Un ristretto ed autorevole gruppo di lavoro sarebbe senz'altro in grado in tempi contenuti di varare cinque... sobrie schede di valutazione che restituirebbero un primo autorevole livello ci certezza alla nostra scuola! Una simile scelta liquiderebbe l'improvvisazione e restituirebbe dignità all'autonomia!
Com'è noto, la resurrezione dei Provveditorati come nuovi Uffici Scolastici Provinciali ha suscitato non poche reazioni. Favorevoli e contrari si sono subito schierati! A monte della scelta effettuata occorrerebbe comprendere quale sia il disegno che la nuova Amministrazione intende perseguire. In effetti siamo di fronte a diverse esigenze, tutte meritevoli di attenzione. Vediamole nello specifico: a) un'esigenza diffusa riguarda la necessità di un reale e vigoroso sviluppo dell'autonomia degli istituti scolastici, b) l'Amministrazione non può pensare che tale autonomia si sviluppi sua sponte, per cui è giusto che si adoperi per contribuirvi: ed è legittimo porre le questioni dell'edilizia scolastica, degli alunni stranieri, dei diversamente abili, dell'osservanza dell'obbligo di istruzione, oggetti della Direttiva del 7 u. s.; c) c'è però anche l'esigenza di dare corpo al dlgs 112/98 e al Titolo V per quanto riguarda le responsabilità e i provvedimenti che gli Enti locali devono assumere in materia di istruzione. In tale triangolazione di responsabilità - tra Scuole autonome, Amministrazione centrale, Autonomie regionali e locali - dove sono le linee di demarcazione? E' un processo tuttora in fieri che per certi versi va governato, per altri deve trovare spazi e modi dalla iniziativa delle realtà territoriali e dalla partecipazione democratica. Ma in tale scenario ancora mobile e fluido va a collocarsi una direttiva abbastanza anodina. La domanda è la seguente: fino a che punto l'Amministrazione deve esercitare la sua centralità? Gli Uffici Scolastici Regionali non soddisfano già a tale necessità? Ridare vigore ai CSA quale significato assume? Si vuole costituire un semplice presidio sul territorio a garanzia dell'autonomia delle scuole? Ed in tal senso favorire l'interlocuzione con gli Enti locali in materia di istruzione? Oppure si vogliono rivitalizzare funzioni prefettizie di controllo sulle scuole a fronte delle competenze degli enti locali, funzioni che da tempo sono state cancellate con la soppressione dei Provveditorati? Sono interrogativi a cui l'Amministrazione deve dare risposte esaurienti. Il via libera dei sindacati non è di per sé garanzia di correttezza istituzionale e normativa. L'autonomia delle scuole, a fronte di tutti, anche delle stesse istituzioni locali, non cresce con la vigilanza e la sollecitazione di un nuovo caporalato di matrice statale! Sono interrogativi che meritano una e più risposte! E' in gioco una linea di politica scolastica! E' in gioco lo sviluppo di correrti rapporti tra Stato, Regioni, Enti locali e Scuole... ma con la S maiuscola! |