«I supplenti pagati dalle scuole che poi si terranno i risparmi» .

Fioroni: un miliardo agli istituti,
ma ora vigilino sulle assenze brevi .

 Giulio Benedetti  Il Corriere della Sera del 17/9/2006

 

ROMA — Un docente per nove alunni e mezzo uno spreco di risorse? Un'anomalia della scuola italiana da eliminare? No, tutt'altro. Per il ministro Giuseppe Fioroni è un luogo comune, anche se corretto da un punto di vista aritmetico, utilizzato da quanti predicano efficienza senza curarsi del bene dei ragazzi e soprattutto senza conoscere la nostra geografia che è fatta in gran parte di paesi e frazioni di montagna.

Di tagli, razionalizzazioni e cose del genere, per risparmiare sulla spesa del personale che sta in cattedra, il ministro non vuol sentir parlare. Intende recuperare le risorse, che scarseggiano, in altri modi. Per esempio non facendo più pesare sul bilancio dell'Istruzione quei 20 mila prof che lavorano altrove. Oppure riducendo la spesa per le assenze brevi attraverso il coinvolgimento delle stesse scuole.

Ma nella sua agenda non c'è solo la lotta agli sprechi. Ha in mente di trasferire dal ministero, rivedendo l'organizzazione del bilancio, quasi un miliardo di euro alle 10 mila scuole italiane abituate a tirare avanti con una miseria come 100 milioni di euro. Serviranno per assicurare servizi migliori (supplenze, corsi di recupero, pulizie, incentivi non contrattualizzati).

«La metà dei comuni italiani — spiega Giuseppe Fioroni — per l'esattezza 4.201, si trovano in montagna e sono di piccole dimensioni, cioè sotto i 5 mila abitanti. In Piemonte ce ne sono 530, in Friuli 105, nel Lazio 240, in Basilicata 115, in Sardegna 234».

È una lezione di geografia, ministro?

«Lo ricordo a qualcuno. A chi parla di quel rapporto di uno a nove. In questi piccoli comuni montani ci sono 5.720 edifici scolastici, 900 mila bambini, tra i quali 50 mila sono diversamente abili, spesso in classi di dimensioni ridotte: dai 5 ai 9 alunni. Il territorio delle comunità montane si estende per 16 milioni e passa di ettari. È la metà dell'Italia. Ed io come ministro devo garantire il diritto all'istruzione anche se questo comporta dei costi aggiuntivi rispetto all'altra metà del Paese. Non dimentichiamo che la presenza della scuola in questi territori è il prerequisito per l'esistenza stessa dei comuni montani. Chiudere la scuola, che spesso è l'unico avamposto dello stato in zone impervie, questo vale anche per le isole minori, significa dare il via all'abbandono e allo spopolamento di intere aree del nostro Paese. La Costituzione non consente che possano esistere cittadini di serie A e di serie B».

È chiaro ministro, lei non chiuderà scuole spopolate, non andrà a studiare i bambini da un paese di montagna all'altro, anche se la Finanziaria chiede sacrifici al Paese.

«Sì, perché altrimenti avrei scelto per le scuole di montagna, la metà delle scuole italiane, il modello di Heidi che tutte le mattine si alza alle 4 per recarsi a scuola, accompagnata dal nonno, in mezzo alle intemperie e con enormi rischi».

Non ci sarà nessun problema, a questo punto, a reintegrare con 167 milioni il fondo destinato alle scuola paritaria?

«Il 48 per cento dei bambini con più di tre anni frequenta una scuola dell'infanzia paritaria, in prevalenza cattolica. Delle 12.749 scuole non statali, 10.692 sono scuole materne. Quando Berlusconi ha tolto 167 milioni di euro a questo capitolo di spesa, non ha messo in ginocchio i licei esclusivi o chi lucra sull'istruzione, ma ha colpito il diritto delle famiglie alla scuola dell'infanzia, diritto garantito dalle paritarie secondo il principio di sussidiarietà».

Niente tagli. Resta la razionalizzazione, la lotta agli sprechi. Da dove intende iniziare?

«Intendo introdurre nella Finanziaria una norma che alleggerisca i bilanci dell'Istruzione dal carico degli stipendi dei docenti che lavorano presso altri enti o amministrazioni. Sono circa 20 mila e vantano competenze in altre professioni. Mi sembra giusto che queste competenze siano garantite altrove. Per quanto riguarda le supplenze brevi, ci sono alcune aree dove le assenze degli insegnanti hanno un'incidenza superiore alla media, intendo introdurre la gestione diretta da parte delle scuole. Ritengo che questo stimolerà nei collegi dei docenti un'assunzione di responsabilità. Oggi i costi sono a carico del ministero, domani le supplenze verranno pagate con i soldi trasferiti senza tagli all'istituto dal ministero: gli eventuali risparmi sulle supplenze saranno reinvestiti nella scuola».

A proposito di responsabilità, lei ritiene che il recupero del debito scolastico dei ragazzi, quelli ammessi all'anno successivo con il sei «rosso», avvenga in modo serio?

«Se aumenteranno le risorse a sostegno dell'autonomia degli istituti, le scuole saranno in condizione di potenziare i corsi di recupero, adottando le strategie più opportune. Ho fiducia nel senso di responsabilità dei docenti. L'unica cosa che l'autonomia scolastica non consente di fare è il non far nulla».