Fannulloni e stipendi infami:
ragionando con Pietro Ichino.

Gianfranco Giovannone da DocentINclasse, 19/10/2006

 

L’articolo di Pietro Ichino sui prof fannulloni (Corriere della sera del 17 ottobre 2006) ha ricevuto un ampio e imbarazzante consenso: molti lettori hanno scritto al Corriere portando altri esempi di professori fannulloni o incapaci, e lo stesso Ichino ha fatto pervenire al nostro sito lettere inedite sullo stesso argomento.

Sgombrando il campo dagli equivoci: Ichino ha ovviamente ragione non solo nel proporre all’opinione pubblica questi casi deteriori, ma soprattutto nel denunciare la vischiosità irresponsabile dell’istituzione scolastica che rende inamovibili asini e vagabondi in cattedra.

La domanda cruciale però è : quanti sono? Ovvero: si tratta di una percentuale patologica o fisiologica, in linea cioè con quanto avviene in altri ambiti lavorativi pubblici e privati? In altre parole: i funzionari di banca che hanno consigliato ad incaute vecchiette di investire i loro magri risparmi nei Tango-bond o in azioni o obbligazioni Cirio e Parmalat, i chirurghi che ogni tanto dimenticano le forbici nelle pance dei loro pazienti facendoli morire di setticemia, gli alti funzionari con stipendi da favola che hanno ridotto le Ferrovie o l’Alitalia nelle condizioni che tutti sappiamo sono stati rimossi dai loro incarichi? Potrei portare a Ichino molti esempi in proposito.

Non stiamo cercando alibi, dev’essere ben chiaro, gli insegnanti di cui parla Ichino vanno semplicemente licenziati, e possiamo anche spingerci oltre, e dire che se da qualche parte si deve cominciare cominciamo pure dalla scuola.

Però il professor Ichino converrà con noi che ragionare sulla consistenza del fenomeno è la cosa più urgente da fare, e le lettere che ci ha inviato e che ho letto molto attentamente non sono in questo senso molto significative.

E forse dovrebbe interrogarsi sul senso dell’operazione che sta compiendo, e chiedersi se il problema da lui così efficacemente denunciato sia la priorità della scuola italiana, o se forse non ce ne siano altre. Come gli input che riceviamo dall’alto (l’ultimo,annidato nella finanziaria e di cui ho messo al corrente il professor Ichino che lo ha definito “sconfortante”, è l’invito a limitare al massimo le bocciature), l’invadenza e la petulanza delle famiglie (il vero incubo, l’unica preoccupazione dei professori durante gli scrutini e gli esami di stato sono i ricorsi dei genitori che invariabilmente considerano i loro figli geni incompresi) e, non ultimo, gli stipendi umilianti, a fronte di un orario di cattedra che, come in tutto il mondo, si aggira intorno alle 18-20 ore.

Vorrei spiegare con un esempio personale perché i bassi stipendi (1500 euro al mese di media, per i precari molto meno) influiscono direttamente sulla qualità della scuola. Non mi considero un cattivo insegnante, ma all’inizio della “carriera” facevo fare ai miei studenti molte esercitazioni “gratuite” , senza voto, per recuperare i più deboli e portare i migliori all’eccellenza. Il che significava, ad esempio, trascorrere tutte le domeniche, dalle 7 del mattino alle 8 della sera, a correggerle. A un certo punto ho pensato che se lo stato o la società mi riconosceva uno stipendio IDENTICO a quello di una colf o di una badante non era né giusto, né morale lavorare 60 ore alla settimana, e forse una quarantina potevano bastare.

 

Gianfranco Giovannone