L'INTERVENTO
Meritocrazia per studenti e docenti
Oggi il sistema non premia come dovrebbe Gianni Ravelli* da Il Corriere della Sera ed. di Milano, 15/10/2006
Dunque, l'eccellenza universitaria di Milano non
esiste. O, meglio, non esiste più. Almeno a giudicare dalla classifica
stilata dal Times, che non include, fra i primi duecento atenei del
mondo, alcun istituto universitario milanese. Non è migliore la
situazione romana, che vede l'Università La Sapienza piazzata al fondo
della classifica, al 197?posto, dopo avere perduto in un solo anno
settantadue posizioni. Remuzzi auspica poche e chiare regole: basta con i concorsi (che, come sappiamo tutti, non premiano il valore); basta con i professori che non producono e con il valore legale delle lauree; sì, invece, a maggiori scambi con altri atenei d'Europa, a università con rette più alte per chi può pagare e con borse di studio (dignitose, vorrei aggiungere) e alloggi gratuiti agli studenti di valore che non hanno disponibilità economica. Vorrei aggiungere che — soprattutto in un momento in cui le risorse pubbliche scarseggiano — sarebbe necessario puntare sulla «meritocrazia». Che non è affatto — come la nostra classe politica sembra credere — una «parolaccia», ma un termine di paragone assolutamente democratico, che dovrebbe riguardare non soltanto gli allievi ma gli stessi docenti. Che senso ha mantenere in piedi corsi frequentati da pochissimi giovani nei quali, spesso, il contributo del titolare della cattedra è nullo o quasi? Non sarebbe meglio destinare queste risorse ad attività più utili a un numero maggiore di studenti? Ma questo è soltanto uno dei moltissimi esempi. Questo non vuol dire che nelle nostre università non insegnino ottimi docenti: ma il sistema non li premia come dovrebbe. La causa principale dei mali dell'università italiana ha un nome: «corporativismo». Un corporativismo (e voglio usare un termine di stampo non certo democratico) che protegge gli interessi delle categorie a tutto svantaggio dei cittadini e che nessuno, purtroppo, ha avuto e avrà il coraggio di smantellare. Finché il corporativismo rimane in piedi, non illudiamoci di vedere migliorare la società. E neppure l'università.
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