Lettera aperta al Ministro Fioroni

La finanziaria aiuta la scuola a cambiare davvero?

da ReteScuole del 17/10/2006

 

Noi genitori, studenti e docenti che in questi anni si sono mobilitati contro la politica scolastica della Moratti, abbiamo guardato con sollievo l’uscita di scena della Ministra. Non essendo legati organicamente ad alcun schieramento né istituzione, ma avendo a cuore solo gli interessi delle bambine e dei bambini e delle/degli adolescenti, abbiamo poi osservato con attenzione e speranza le prime mosse del nuovo governo. Sapevamo che i nodi sarebbero venuti al pettine nella discussione sulla finanziaria: è questa la legge che decide come un Paese spende i suoi soldi.
Abbiamo letto, analizzato e, dobbiamo dire: non siamo contenti nemmeno un po’.


Si prevede l’innalzamento dell’obbligo a 16 anni.
Molto bene per chi come noi spinge per l’adeguamento ai più alti standard europei: 18 anni. Un passo avanti. Ma l’articolo di legge che se ne occupa e più ancora varie interviste che ne hanno parlato, ci hanno fatto prendere una doccia fredda. L’obbligo non è affatto “scolastico”, ma può essere assolto anche nella formazione professionale, certo, con controlli, progetti, ecc. ecc. ma non nella scuola. Se ci siamo battuti per l’innalzamento dell’obbligo è per tante ragioni che qui non riassumiamo, ma una di queste era evitare che chiunque potesse scrivere sul giudizio di terza media: “si consiglia un breve corso di formazione professionale”. Come dire: ovunque, ma non nella scuola. Volevamo evitare che chiunque nei primi anni delle superiori potesse dire: “qui non vai bene, meglio che ti ‘riorienti’”. In poche parole a noi non piace che una gloriosa bandiera di cittadinanza come quella dell’innalzamento dell’obbligo sia macchiata dalla creazione di un “secondo canale” mascherato dove infilare tutti quelli in difficoltà.
Sappiamo molto bene che vi sono ragazzi con dei problemi scolastici grandi come case, per questo la politica scolastica dovrebbe mirare a rafforzare la scuola nella sua lotta per tenerli dentro, e non scaricarli fuori. Pensiam che la formazione professionale abbia un grande ruolo nell’aggiornamento delle competenze dei lavoratori, nella qualificazione postobbligo, ecc. Ma non si capisce perché dovrebbe avere voce in capitolo nell’integrare ragazzi con qualche problema in più, e molte potenzialità da scoprire.


Si prevede l’innalzamento del numero di allievi per classe.
Beh, noi chiedevamo l’esatto opposto. Abbiamo assistito attoniti alla campagna di stampa che dipingeva le nostre classi come sovraffollate di docenti e svuotate di allievi. Noi ci siamo nella scuola, e sappiamo della costante ansia per capire “quante classi ci daranno”, perché meno classi significa più studenti per classe, più studenti per classe vuol dire più bocciati, cattiva didattica, meno felicità. Non pensiamo che occorra rammentare gli studi che attestano una relazione diretta tra successo scolastico e numero di allievi per classe: è così ovvio pensarlo che appare buffo che gli statunitensi si siano dati pena di dimostrarlo. E perché non è parso ovvio al Ministero?
I due punti di cui sopra in qualche modo si tengono. L’innalzamento dell’obbligo porterà ragazze e ragazzi alla formazione professionale, ma altra nella scuola pubblica. Sospettiamo che sia questa la ragione che ha spinto la finanziaria a dichiarare che l’innalzamento dell’obbligo sarebbe a “costo zero”: i neo-obbligati andrebbero semplicemente ad aumentare il numero degli allievi nelle classi che ci sono. Il costo per le casse dello stato sarà senz’altro zero, ma non per le/gli studenti. Avremo classi prime ancora più affollate, e con ragazzi e ragazze che avrebbero bisogno di essere seguiti di più e invece lo saranno di meno.

Leggiamo che salta il vincolo numerico nella determinazione del numero di insegnanti di sostegno all’handicap.
Nella finanziaria si scrive che ci si baserà sui bisogni effettivi. Però. Sappiamo che sul sostegno gravano le forbici dei “risanatori” dei conti pubblici, quelli che sanno molto di banche e poco di vita. In fondo, pensano a denti stretti, si risparmierebbe di più se si facesse come in altri Paesi: i disabili in classi separate, ad esempio. Oppure il sostegno nelle mani di cooperative. O ... che si arrangino. Togliere dunque quella rigidità ci allarma: chi stabilirà i bisogni effettivi? I banchieri o i disabili?

Non vediamo da nessuna parte gli investimenti necessari a riparare ai danni della Moratti per ciò che riguarda intercultura e integrazione.
Eppure, anche recentissimamente, si è detto e ribadito che l’integrazione si fa nella scuola pubblica. Con quali strumenti visto che tutto ciò che c’era è stato azzerato?


Infine ci si impegna in un piano di assunzioni di docenti ed ata.
Il nostro punto di vista non è strettamente sindacale: noi guardiamo all’interesse di bambini/e e adolescenti. E diciamo: la precarietà non è nei loro interessi. Hanno bisogno di figure stabili di riferimento, di continuità didattica, di un corpo docenti che cresce in una scuola accumulando saperi ed esperienze. La precarizzazione del corpo insegnante sta depauperando le scuole di un sapere pedagogico dal basso che solo un collettivo stabilizzato può costruire nel tempo. Quindi: bene le assunzioni, ma sappiamo che il loro numero sarà in realtà inferiore alla somma di pensionati e precari. Dunque?

Noi siamo quelli che a Milano hanno portato avanti la resistenza alla Moratti. Molte cose siamo riusciti a bloccarle, insieme ai movimenti delle altre città, altre no. Il Ministro Fioroni è ancora in tempo a cambiare quel che non va, la finanziaria non è definitivamente approvata.
Noi ci speriamo: vorremmo dedicarci a fare scuola, non a occupare provveditorati.


SCARICA IL VOLANTINO E AIUTACI A DISTRIBUIRLO