FF.SS.
Una riflessione sulla triste realtÀ
della scuola italiana.
di Lucio Garofalo, 8/10/2006.
Il titolo, un po’ lungo,
potrebbe forse rievocare i divertenti e geniali film della regista
Lina Wertmuller (con la celebre coppia di attori formata da Giancarlo
Giannini e Mariangela Melato). Eppure non si tratta di un film o di
una fiction, ma di una grottesca e “normale” situazione alquanto
presente e diffusa in tante realtà scolastiche del nostro Paese.
Ho deciso di raccontare in forma ironico-surreale (spero) lo
“scandalo” (un piccolo scandalo, non meno scandaloso dei grossi
scandali nazionali ed internazionali) a cui ho avuto il dispiacere di
assistere durante un collegio dei docenti della mia scuola all’inizio
del nuovo anno scolastico.
Francamente ho assistito ad un ignobile e vergognoso “mercato delle
vacche”, senza offesa per le vacche e per i loro padroni/venditori. La
differenza consiste nel fatto che il mercato delle vacche ha una sua
maggiore dignità e legittimità, una sua serietà, addirittura una sua
nobiltà, almeno rispetto al “mercato” che ho seguito nel corso di una
seduta del collegio dei docenti.
Tra i vari punti fissati all’ordine del giorno della suddetta riunione
collegiale, figurava l’attribuzione degli incarichi relativi alle
FF.SS. (che non significa Ferrovie dello Stato, anch’esse ormai in
rovina), cioè alle Funzioni Strumentali al Piano dell’Offerta
Formativa (P.O.F., come dire “appoffatevi”!) che ogni istituzione
scolastica, nella sua “autonomia”, si sceglie e decide di mettere in
mostra alla stregua di una ditta di formaggi, di una società
finanziaria, di un’agenzia di viaggi che espone e promuove le proprie
offerte ai clienti.
Per chi non lo sapesse, le Funzioni Strumentali, originariamente
chiamate “Funzioni-obiettivo”, sono state istituite con il Contratto
Collettivo Nazionale dei Lavoratori del Comparto Scuola, approvato
durante il primo governo Prodi, per il quadriennio 1998/2001. Alcuni
importanti passaggi normativi contenuti in questo contratto (che in un
certo senso ha segnato un vero e proprio spartiacque storico e
antropologico-culturale nel mondo della scuola italiana) hanno
introdotto, incentivato e legittimato, un processo di mercificazione
dell’istruzione scolastica e di tante attività, progettuali,
organizzative, ecc., che in passato erano svolte gratuitamente, o
quasi, per passione e vocazione, e non certo per denaro. Non intendo
qui soffermarmi oltre sul discorso storico-politico concernente
l’istituzione dell’autonomia scolastica, delle funzioni-obiettivo (o
“funzioni strumentali”), delle RSU, nella realtà della scuola
italiana, per non annoiare troppo i lettori. Mi interessa invece
approfondire altri aspetti.
Voglio comunque esporre la mia opinione in breve.
Io ritengo che questo processo di mercificazione di un bene comune e
prezioso quale il sapere (o la cultura) in effetti era già in atto da
tempo, ma con il CCNL del 1998 è stato praticamente “legalizzato”,
ovvero sancito per legge. Ebbene, tale “mercificazione”
dell’istruzione scolastica è, a mio modesto parere, tra le cause
principali che hanno provocato negli ultimi anni la rovina, il degrado
e la svalutazione (politico-economica, sociale, intellettuale) della
scuola italiana, con la conseguente, inevitabile perdita (o
diminuzione) di prestigio e di potere contrattuale degli insegnanti,
che in tal modo sono stati ridotti in un pietoso stato di necessità
materiale, proprio per renderli maggiormente sensibili al “fascino” e
alla “seduzione” dei fondi economici aggiuntivi, per quanto possano
essere miseri e per nulla appetibili, almeno per dei seri
professionisti ben pagati quali dovrebbero essere considerati gli
insegnanti.
Ai miei occhi le Funzioni-obiettivo apparvero immediatamente, e così
si sono rivelate e confermate alla prova dei fatti, come vere e
proprie “disfunzioni con un solo obiettivo”: arraffare i soldini
assegnati in anticipo ad ogni funzione, ossia ad ogni “vacca”.
Ebbene, dall’anno scolastico 1999/2000 (cioè dal primo anno in cui
entrarono in vigore e furono applicate tali “funzioni”) sino ad oggi,
ho assistito a tante farse, commedie, pagliacciate, buffonate, guerre
tra poveri, ma allo “scandalo” davvero grottesco messo in scena nella
succitata riunione, francamente non avevo ancora assistito.
Ma, come si usa dire, non c’è limite al peggio.
Il disgusto e l’orrore personali hanno praticamente raggiunto l’acme,
fino alla nausea, quando, pur di “spartirsi equamente” la “torta” ha
avuto inizio un’operazione di vera e propria “moltiplicazione”, non
dei pani e dei pesci, ma delle cosiddette “aree”, vale a dire i
settori di intervento e di azione assegnati a ciascuna funzione
strumentale. Il fatto è che tale “miracolosa moltiplicazione” è stata
eseguita non per venire incontro ad esigenze e scopi davvero
“funzionali” o “strumentali” al “buon funzionamento” (scusate la
ripetizione) della scuola, quindi per migliorare la qualità
dell’offerta formativa, le condizioni di studio e di vita degli
allievi, nonché il lavoro degli insegnanti, bensì per consentire ai
vari “soci” di partecipare alla “divisione degli utili”, ovvero dei
fondi per le FF.SS.
Ecco come “funziona” un’azienda che si rispetti! J
Naturalmente, in base a tale operazione i benefici ottenuti saranno
due: sono state messe più “vacche” sul mercato, esattamente 5: il
numero massimo a cui può aspirare una scuola come la mia; inoltre le
aree di intervento, così dimezzate, frazionate, smontate e rimontate,
spostate, nuovamente scorporate, frantumate, scomposte e ricomposte,
insomma come il gioco delle tre carte, permetteranno ai colleghi
FF.SS. di faticare meno e guadagnare di più. Evidentemente, la mia è
una scuola “rivoluzionaria” che ha messo in pratica uno slogan che in
passato fu adottato da Democrazia Proletaria e poi da Rifondazione
Comunista: “lavorare meno per lavorare tutti”. Naturalmente, lo
scenario è ben diverso, circoscritto ad una “oligarchia”.
Certo, le oligarchie sono sempre esistite nella scuola (e fuori).
In passato esisteva una gerarchia molto più rigida, severa, formalista
ed autoritaria di quella attuale, che partiva dal vertice ministeriale
e scendeva in basso attraverso gli ispettorati, i Provveditorati agli
studi, fino a calarsi nella realtà particolare e concreta delle
singole scuole, laddove i presidi e i direttori didattici la facevano
da padroni, coadiuvati al massimo da un vicario o un vicepreside.
Oggi, con l’istituzione della cosiddetta “autonomia scolastica”, le
varie oligarchie presenti nelle singole scuole si sono strutturate ed
articolate in modo più ampio e complesso, mutuando gli stili, i
linguaggi, la mentalità, i comportamenti, le scelte e gli organigrammi
dal modello delle aziende neocapitaliste. E’ questo il modello a cui
ci si sta sempre più avvicinando e adeguando.
La differenza principale rispetto al passato, consiste nel fatto che
mentre prima le oligarchie si reggevano quasi sempre su autentici
valori morali ed intellettuali come le competenze e i talenti
personali, le capacità professionali, la cultura e l’onestà
individuali, ecc., oggi si basano quasi esclusivamente su
caratteristiche quali l’astuzia, l’arroganza, la voglia sfrenata di
emergere, la brama di potere e di ricchezza (un miserrimo potere, una
miserrima ricchezza).
Sia chiaro che il sottoscritto non nutre alcun rimpianto e alcuna
“aristocratica nostalgia” verso la “vecchia oligarchia”, così come
Tommaso Buscetta faceva rispetto alla “vecchia mafia”, perché più
“giusta”, più “onorata”, più “umana”, al contrario della “nuova
mafia”.
La mafia è sempre ed ovunque un’organizzazione criminale, spietata e
disumana.
Parimenti le gerarchie e le oligarchie (nella scuola, come
dappertutto) sono sempre, a mio avviso, forme organizzative di un
potere autoritario ed antidemocratico, in quanto strutturato a livello
verticale e non orizzontale, che tende ad escludere la maggioranza
delle persone dai canali e dai processi decisionali, riservandoli
invece ad un’elite di “professionisti”, di “addetti ai lavori”, di
“specialisti”, che di solito non detengono alcuna “specializzazione” o
alcuna “professionalità”, se non le “doti” di chi è arrogante, furbo,
disonesto, prevaricatore, venale.
Ma torniamo alla riunione in questione.
Quando io, ad un certo punto della seduta collegiale, mi sono permesso
di interrompere o “guastare” la “festa” in corso, prendendo la parola
con la mia consueta energia, grinta e passionalità (che qualche
maligno o maligna scambia per “maleducazione”: questo è un segno del
moralismo ipocrita oggi imperante, nella scuola e fuori, sic!), ho
avanzato una proposta molto semplice: visto che si stava decidendo il
modo in cui investire un fondo più o meno consistente (900/1000 euro
circa per 5 persone formano all’incirca 4500/5000 euro, e non sono
pochi, ma nemmeno molti) con troppa facilità e superficialità, con
troppa faciloneria, ovvero fretta, mi sono chiesto ed ho chiesto alla
platea “dormiente” di compiere una verifica democratica, mediante
votazione a scrutinio palese, rispetto a quanto stava succedendo,
ossia rispetto ai principi, ai criteri, alle modalità, alle procedure
adottate, ma soprattutto rispetto alla scelta di partenza di accedere
ai fondi da assegnare alle funzioni strumentali.
Purtroppo, come sovente accade in simili casi, soprattutto in contesti
in cui si è poco adusi o abituati alla prassi del voto come strumento
elementare di verifica e di controllo democratico, la mia proposta,
che io ho formulato chiaramente, non è stata avallata dalla
maggioranza, anzi è stata bocciata e svalutata anche in virtù
dell’autorità messa in campo dal preside e dai suoi.
Ma, a sorpresa, accanto al mio voto nettamente contrario si è
affiancato anche quello della vicepreside! Un piccolo segnale, da non
trascurare o sottovalutare, che può indurre ad essere un po’ più
ottimisti verso l’avvenire, esortandomi a proseguire queste “piccole”
battaglie (di retroguardia o di avanguardia che siano) con maggior
ardore e convinzione, anche a costo di apparire come il “Don
Chisciotte” della situazione. Ma meglio Don Chisciotte che Don
Abbondio!
In effetti, la mia “contestazione”, espressa attraverso diversi
interventi, anche in altre occasioni (sedute del Collegio dei docenti,
assemblee sindacali, eccetera), nasce da una domanda “provocatoria”.
Io, infatti, mi chiedo e chiedo a chi mi legge:
1) prima del 1999 le
scuole italiane non funzionavano? Come facevano a funzionare senza le
tanto agognate funzioni strumentali?
2) Le scuole che oggi
rinunciano (e non sono poche come si vuol far credere) a tali fondi e
tali funzioni, come fanno a funzionare?
3) Infine, non sono
funzioni altrettanto strumentali al P.O.F. anche tutti gli insegnanti
che si “limitano” soltanto ad insegnare, i “bidelli” la cui funzione è
preziosissima, insomma non sono “strumentali” e “funzionali”
all’organizzazione di una scuola tutte le risorse umane, interne ed
esterne? Ebbene, perché queste soggettività vengono escluse anche dai
compensi straordinari, mentre vengono ad essere privilegiate e
valorizzate (economicamente parlando) soltanto alcune “funzioni”, che
qualcuno ha deciso di considerare e sancire per legge come più utili e
funzionali, soltanto per inquadrarle in una logica di tipo
aziendalista e neocapitalista, ovvero in base ai parametri di un
presunto efficientismo, di un falso ed erroneo utilitarismo e
pragmatismo?
Naturalmente, le risposte sono già implicitamente contenute nelle
domande: le scuole italiane funzionavano bene, anzi benissimo, anche
prima del contratto del 1998, quando si doveva fare a meno delle
FF.SS. e di tutto l’apparato ad esse corredato. Parimenti, oggi le
scuole che si rifiutano di accedere a questi fondi straordinari per le
FF.SS., mi risulta che funzionino altrettanto bene. Il problema,
semmai, riguarderebbe i presidi-manager, i quali dovrebbero fare a
meno di uno staff al completo che includa anche le funzioni
strumentali.
Ecco dunque la vera risposta, la risposta a tutte le domande: le
funzioni strumentali, come altri incarichi aggiuntivi ed altri
strumenti organizzativi, fanno comodo soprattutto ai dirigenti
scolastici, i quali hanno tutto l’interesse ad organizzare e
strutturare le loro scuole secondo un organigramma di tipo
aziendalista, proprio perché li esonerebbe da compiti gravosi e
impegnativi, da responsabilità che non sono in grado di assumersi e
reggere da soli.
Prima di concludere, voglio sgombrare il campo da possibili equivoci e
malintesi.
Anzitutto, non è il rancore, o il desiderio di rivalsa, a farmi
scrivere queste cose, dato che anche il sottoscritto è stato
“invitato” a partecipare alla “festa”, ovvero alla “spartizione della
torta”, ma si è tranquillamente rifiutato, per ragioni di coerenza,
onestà e dignità.
In secondo luogo, io non contesto la vicenda in questione dal punto di
vista strettamente giuridico-normativo, in quanto sono cosciente che
la legge consente, esorta, spinge le scuole, ossia i dirigenti, ad
accedere a tali fondi aggiuntivi, ad utilizzarli visto che ci sono e
sono spendibili. Invece, io ho voluto descrivere soprattutto il senso
di nausea e disgusto che ormai si avverte di fronte a tali
degenerazioni, ma mi accorgo che sono sempre più numerosi i colleghi e
le colleghe che si stanno assuefando al “fetore”, si stanno
immunizzando e stanno diventando totalmente indifferenti ad ogni
scandalo e ad ogni abuso, ad ogni eccesso di mercificazione e di
alienazione, che per me sono e restano intollerabili, ieri, oggi e
domani!
E’ quindi una questione di natura etico-morale che io sollevo,
rispetto alle modalità e alle procedure formali, che sono altresì
sostanziali, in cui sempre più spesso si fanno e si decidono certe
cose, ovvero si spendono i soldi disponibili per le scuole, e mi
riferisco al cinismo, alla sfacciata e spudorata leggerezza con cui
spesso si effettua la “spartizione della torta”, vale a dire la
distribuzione delle risorse economiche legate al Fondo di Istituto o
ad altri fondi straordinari. Risorse che sempre più spesso i presidi
provvedono ad elargire secondo metodi di stampo “borbonico”, nel senso
che sono quantomeno dubbi e discutibili.
Infine, qualcuno potrebbe obiettare: “ma te la prendi così tanto per
così poco? Ma non sai che c’è di peggio?”. Ebbene, io replico
seccamente che proprio da questi “piccoli scandali”, che sono sempre
più diffusi nella nostra società, e non solo nelle scuole, si
costruiscono e derivano i grossi scandali di portata nazionale come
Tangentopoli, Bancopoli, Calciopoli, Spiopoli, Monopoli, Paperopoli, e
via discorrendo.
Lucio Garofalo