Esce il nuovo libro dell´autore di "Le ceneri di Angela"
Negli Usa insegnare è la cenerentola delle professioni

Una vita da prof.

L´infanzia infelice Poi l´America, tanti anni in cattedra al liceo. E il successo
È un miracolo se sono sopravvissuto nelle aule di New York

Frank Mccourt, la Repubblica del 9/11/2006

 

Esce oggi "Ehi, prof!" il nuovo libro di (Adelphi, pagg.309, euro 18,50). Anticipiamo parte del prologo.

Se sapessi qualcosa di Sigmund Freud e della psicoanalisi potrei far risalire tutti i miei guai alla mia infelice infanzia irlandese, che mi ha privato dell´autostima, mi ha procurato spasmi di autocommiserazione, mi ha paralizzato le emozioni, mi ha reso bisbetico, invidioso e irrispettoso dell´autorità, mi ha ritardato lo sviluppo, mi ha bloccato nelle attività con l´altro sesso, mi ha impedito di elevarmi socialmente e mi ha quasi incapacitato a vivere nel consorzio umano. E´ un miracolo se sono riuscito a fare l´insegnante e a rimanere tale, e non posso che promuovermi a pieni voti per essere sopravvissuto a tutti quegli anni nelle aule di New York. Dovrebbero dare una medaglia a chi scampa a un´infanzia infelice e poi finisce a fare l´insegnante, e io dovrei essere il primo a riceverla, quella e tutti i nastri che ci si possono appendere per i patimenti successivi.

Potrei individuare dei colpevoli. L´infanzia infelice non capita così: ci sono dei responsabili. Forze oscure. Se mi metto a individuarli, è nello spirito del perdono. Quindi perdono le seguenti persone: papa Pio XII, gli inglesi in generale e re Giorgio VI in particolare, il cardinal MacRory che quando ero piccolo governava l´Irlanda, il vescovo di Limerick che vedeva peccati dappertutto, Eamon De Valera, ex primo ministro (Taoiseach) e presidente dell´Irlanda. De Valera era un mezzo spagnolo fanatico del gaelico (un fagiolo di Spagna marinato nel whiskey irlandese) che invitò tutti gli insegnanti d´Irlanda a inculcarci la lingua natia estirpando al contempo ogni naturale curiosità. De Valera ci ha fatto passare ore infernali. I lividi e i bozzi inflitti dalle verghe dei maestri su varie parti dei nostri giovani corpi lo lasciavano indifferente. Perdono anche il prete che mi cacciò dal confessionale quando ammisi di aver commesso i peccati di masturbazione, polluzione e furto di qualche penny dal borsellino di mia madre. Secondo lui non mi mostravo abbastanza pentito, specie riguardo alla carne. E anche se ci aveva visto giusto, quella mancata assoluzione mise a repentaglio la mia anima, e se un camion mi avesse spiaccicato lì davanti alla chiesa, lui, il prete, sarebbe stato responsabile della mia dannazione eterna. Perdono vari maestri prepotenti che mi tiravano fuori dal banco prendendomi per le basette e che quando mi impappinavo a catechismo o non riuscivo a dividere a mente 937 per 739 mi picchiavano con verghe, cinghie e bacchette. Secondo i miei genitori e altri adulti, lo facevano per il mio bene. Era una baggianata gigantesca, ma perdono anche la loro ipocrisia e mi chiedo dove saranno finiti. In paradiso? All´inferno? In purgatorio (sempre che esista ancora)?

Riesco a perdonare anche me stesso; eppure, se ripenso a vari periodi della mia vita, mi cascano le braccia. Che fesso. Quanta insicurezza, quanta stupidità, quanti tentennamenti. Poi, però, ci rifletto. Avevo passato l´infanzia e l´adolescenza a esaminarmi la coscienza e ogni volta mi scoprivo nel peccato. Era quello l´addestramento, il lavaggio del cervello, il condizionamento che smontava ogni orgoglio, specie nelle classi peccatrici.

E adesso mi sembra che sia ora di riconoscermi almeno una virtù: la caparbietà. Niente di eclatante come l´ambizione, il talento, l´intelligenza o il fascino. Ma è pur sempre quel qualcosa che mi ha permesso di tirare avanti.

Francis Scott Fitzgerald ha detto che nella vita americana non c´è mai un secondo atto. Il problema è che Fitzgerald non è campato abbastanza: perché io il secondo atto l´ho vissuto.

Nei miei trent´anni di insegnamento nelle scuole superiori di New York nessuno tranne i miei alunni mi ha mai degnato di un briciolo d´attenzione. Fuori dalla scuola ero invisibile. Poi ho scritto un libro sulla mia infanzia e sono diventato il mick più richiesto del momento (a noi irlandesi ci chiamano così). Speravo che quel libro spiegasse la storia della famiglia ai figli e ai nipoti McCourt, che vendesse qualche centinaio di copie e che magari qualche gruppo di lettura mi invitasse a una riunione. Invece, con mio assoluto sbalordimento, è volato in testa alle classifiche ed è stato tradotto in trenta lingue. Quel libro è stato il mio secondo atto.

Nel mondo dell´editoria, il sottoscritto è un principiante a scoppio ritardato, un maturo novellino, l´ultimo arrivato. Il mio primo libro, Le ceneri di Angela, è uscito nel 1996, quando avevo sessantasei anni; il secondo, Che paese, l´America, nel 1999, quando ne avevo sessantanove. E´ già un miracolo che riuscissi a tenere la penna in mano. Certi miei nuovi amici (acquisiti di recente grazie all´ascesa nelle classifiche) hanno pubblicato un libro prima dei trent´anni. Dei pivelli.

Ma com´è che c´hai messo tanto?

Insegnavo, ecco com´è. Non all´università, dove uno ha tutto il tempo per scrivere e dedicarsi ad altri svaghi, ma in quattro diverse scuole superiori di New York. (In alcuni romanzi che ho letto, i professori universitari sembravano sempre così presi dall´adulterio e dalle faide accademiche che non si capiva dove trovassero il tempo per fare qualche ora di lezione). Quando hai cinque classi di liceali al giorno, per cinque giorni alla settimana, non sei tanto propenso a tornare a casa, sgombrare la mente e vergare una prosa immortale.

Dopo una giornata così hai la testa che rimbomba della cagnara dell´aula.

Non mi aspettavo affatto che Le ceneri di Angela attirasse l´attenzione di qualcuno, ma quando è arrivato in classifica sono diventato un beniamino dei media. La novità geriatrica con l´accento irlandese. Sono stato fotografato centinaia di volte. Decine di giornali e riviste mi hanno intervistato. Ho conosciuto governatori, sindaci, attori. Ho conosciuto il primo presidente Bush e suo figlio, il governatore del Texas. Ho conosciuto il presidente Clinton e Hillary Rodham Clinton. Ho conosciuto Gregory Peck. Ho conosciuto il Papa e gli ho baciato l´anello. Sarah, la duchessa di York, mi ha intervistato e mi ha detto che ero il suo primo Premio Pulitzer. Io le ho detto che era la mia prima duchessa. Lei ha esclamato: Ooh, e ha chiesto all´operatore: L´hai filmato? L´hai filmato? Sono stato candidato al Grammy per la miglior lettura d´autore e ho quasi conosciuto Elton John. La gente ha cominciato a vedermi in maniera diversa. Ah, diceva, lei ha scritto quel libro. Prego, signor McCourt, da questa parte. Desidera qualcosa? Quello che vuole! Una signora in un bar mi ha guardato di sguincio e m´ha detto: Lei dev´essere uno importante, l´ho vista alla TV. Chi è? Me lo fa l´autografo? Mi ascoltavano tutti. Mi hanno chiesto la mia opinione sull´Irlanda, sulla congiuntivite, sull´alcol, sui denti, sulla scuola, sulla religione, sull´angoscia giovanile, su William Butler Yeats e sulla letteratura in generale. Che libri leggerà quest´estate? Che libri ha letto quest´anno? Il cattolicesimo, la scrittura, la fame. Ho parlato a platee di dentisti, di avvocati, di oftalmologi e, ovviamente, di insegnanti. Ho girato il mondo in qualità di irlandese, di insegnante, di autorità su miserie di ogni tipo e di faro di speranza per tutti i vegliardi che sognano da sempre di raccontare la loro storia.
Dalle Ceneri di Angela è stato tratto un film. In America, qualunque cosa uno scriva, prima o poi si ventila l´idea del Film. Uno potrebbe scrivere l´elenco del telefono di Manhattan e la gente direbbe: Allora, il film, quand´è che esce?

Se non avessi scritto Le ceneri di Angela sarei morto supplicando: Dio, ti prego, dammi ancora un anno, solo un anno, perché questo libro è l´unica cosa che voglio fare nella vita, cioè, nella vita che m´è rimasta. Non mi sognavo neppure lontanamente che sarebbe diventato un best seller. Speravo di vederlo sugli scaffali delle librerie e di poter spiare qualche bella donna che ne sfogliava le pagine e ogni tanto versava una lacrima. Ovviamente la bella donna poi se lo comprava, tornava a casa, si adagiava sul divano e leggeva la mia storia sorseggiando una tisana o uno sherry di marca.

Dopodiché ne ordinava delle copie per tutte le sue amiche.

In Che paese, l´America ho raccontato la mia vita qui e i miei inizi di insegnante. Ma una volta uscito il libro mi è venuto l´assillo di aver dato troppo poco risalto all´insegnamento. In America i medici, gli avvocati, i generali, gli attori, i personaggi televisivi e gli uomini politici godono di prestigio e di vantaggi economici. Gli insegnanti no. L´insegnamento è la cenerentola delle professioni. Gli insegnanti devono entrare dalla porta di servizio. La gente si congratula con loro per tutto il tempo libero che hanno. Parla di loro con condiscendenza e pensando al passato accarezza idealmente le loro chiome canute. Ah, sì, avevo una professoressa d´inglese che mi ha veramente stimolato, la Smith. Cara professoressa Smith, non la dimenticherò mai. Diceva sempre che se in quarant´anni d´insegnamento fosse riuscita a comunicare qualcosa anche a un solo alunno ne sarebbe comunque valsa la pena; sarebbe morta contenta. Dopodiché la stimolante professoressa d´inglese sparisce nell´ombra per andare a campare con una pensioncina da fame, sognando quell´unico alunno al quale avrebbe potuto comunicare qualcosa. Sogna, sogna, professoressa mia. Nessuno ti renderà merito.