Alla ricerca dell'integrazione scolastica .

Ma è poi giusto scandalizzarsi così tanto quando «quattro studenti imbecilli, figli di questa scuola e di questa società, prendono di mira un giovane disabile», vedendo come si stia letteralmente smarrendo il senso più profondo dell'integrazione scolastica? È l'opinione di Antonio Nocchetti, dell'associazione napoletana Tutti a Scuola, di fronte al fatto che per tanti alunni con disabilità l'anno scolastico non è ancora iniziato con regolarità o addirittura non lo è per niente.

di Antonio Nocchetti* da Superando del 25/11/2006

 

A chi può interessare che l’anno scolastico per oltre 10.000 alunni disabili non sia ancora iniziato con regolarità o addirittura non lo sia proprio?
Sicuramente non interessa, o interessa in modo marginale, al direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale della Campania che avrebbe dovuto,
dal 2001, attivare dei corsi di formazione destinati ai collaboratori scolastici affinché questi svolgessero le mansioni di accudimento materiale, come previsto dal loro contratto di lavoro.
Interpellato sull’argomento proprio a Napoli un mese fa, il ministro Fioroni si era reso disponibile ad un sollecito intervento [di ciò abbiamo riferito a suo tempo nel nostro
sito, N.d.R.]. È superfluo aggiungere a questo punto che forse sarebbe stato meglio impegnarsi per un intervento semplice e anche per quello
rimaniamo in trepidante attesa.

Ma in fondo, ci viene sussurrato da più parti, a chi può interessare, con tutti i guai e le contraddizioni di Napoli, come possano fare la pipì o mangiare un panino dei bambini disabili a scuola?
Singolare, poi, l’assordante silenzio che sull’intera vicenda ha caratterizzato la posizione dei
sindacati della scuola, forse preoccupati di perdere consensi nei confronti di lavoratori sempre più demotivati e poco disposti ad aumentare carichi di lavoro e responsabilità senza un adeguato riconoscimento economico.
Forse anche per loro vale il triste sentire espresso in precedenza: in fondo è meglio raccomandare a
qualche migliaio di genitori di venire a scuola durante l’orario di lezione per cambiare un pannolino o un assorbente, che non ”ricordare” ai lavoratori della scuola, ai propri iscritti, i loro doveri contrattuali.

Che tutto questo accada poi in un contesto generale caratterizzato dalla paventata riduzione in Finanziaria degli insegnanti di sostegno (ma non erano insufficienti durante il Governo Berlusconi?), rappresenta la riprova di quanto, ostinatamente, ripetiamo da diversi anni: quello che viene messo in discussione è il principio stesso dell’integrazione scolastica. Questo è stato chiaramente visibile nelle prassi consolidate dei governi di centrodestra ed ora, in modo assolutamente contiguo, dalle prime scelte (non decidere equivale a decidere!) del Governo Prodi.

Una  domanda impegnativa va posta ai nostri rappresentanti politici e all’intera società italiana:
quante risorse si devono impiegare per un modello di scuola esigente come quello della scuola dell’integrazione?
E allora perché dovrebbe apparire così "osceno", perché dovrebbe indignare qualche amministratore del Comune di Napoli il fatto che si possa affidare a dei “volontari” il delicato servizio di accudimento materiale per gli alunni disabili della scuola materna e delle superiori? Chi siano poi questi volontari, quali qualifiche abbiano sembra rappresentare
un dettaglio trascurabile, un argomento ozioso.

Oggi appare completamente smarrito l’obiettivo dell’inclusione scolastica, ma ancor prima si è smarrito il senso più profondo, direi "pre-politico", della cultura che decretava nel 1977
la fine delle classi differenziali. Dove ricercare questo senso dell’accoglienza, dove ritrovare il significato del “fare scuola insieme” temiamo rappresenti un'impresa ardua. Si era smarrito negli anni della scuola-azienda della Moratti e non lo si scorge in questo scorcio di legislatura con un governo diverso.

Se si crede che l’integrazione scolastica rappresenti un valore, un opportunità di crescita sociale e
non un costo economico sterile, bisogna coerentemente sostenerlo con i fatti; questi, in politica, sono dati dalle scelte economiche e non dalle mere affermazioni di principio.
E allora, in ordine sparso e con responsabilità e ruoli distinti, il ministro Fioroni, il provveditore, i sindacati della scuola e gli amministratori locali ci dicano
cosa intendono fare per affermare in questa città e in questo Paese così miseramente disgregato nelle relazioni sociali il diritto ad un'accettabile qualità di vita per i bambini disabili. Soprattutto si risponda senza ipocrisie e la si smetta di scandalizzarsi quando quattro studenti imbecilli, figli di questa scuola e di questa società, prendono di mira un giovane disabile. Chi può faccia dapprima il proprio dovere...


* Associazione Tutti a Scuola di Napoli.