Tagliamo la ricerca, e l'Italia resterà isolata.

di Carlo Rubbia*Il Corriere della Sera del 14/11/2006

 

M i sembra che in questo momento di gravi perplessità e grande confusione sia per me doveroso fare sentire la mia voce sui problemi attuali della scienza e dei ricercatori in Italia. Il primo punto è che le differenze tra scienza fondamentale ed applicata in realtà sono senza rilevanza, come già ricordava Einstein, e che ambedue devono essere indipendentemente ed egualmente sostenute e garantite. Escludere dai finanziamenti, come si pensa di fare oggi, la ricerca scientifica legata principalmente alla conoscenza e all'inventività, in cambio di un ritorno industrializzante pratico più o meno immediato è come tagliare un albero al fine di raccoglierne solamente i frutti. Ma nel futuro senza quest'albero non ci saranno neppure frutti. Tutti i grandi progetti nascono e vivono sulla base di continue idee innovative, inizialmente inimmaginabili, senza le quali il processo della ricerca diverrebbe rapidamente obsoleto.

Oggi il mondo di questa scienza, cosiddetta fondamentale è — come tutti i ricercatori sanno — totalmente internazionalizzato in ogni campo, che va dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo, dalla materia vivente a quella inanimata. L'Italia ha oggi acquisito faticosamente, grazie alle competenze della sua valida classe scientifica un suo ruolo importante, di grande peso e rispetto a livello internazionale, in molteplici laboratori di eccellenza, nei quali scienziati di tutto il mondo vivono in una totale simbiosi di scoperte e di progresso, come ad esempio al Cern di Ginevra dove si studiano le basi della materia, nei laboratori dell'Eso per l'astronomia e dell'Embl per la biologia molecolare, o ancora nei Programmi Quadro dell'Unione Europea. Il fare sparire l'Italia da queste strutture con i recenti gravi tagli finanziari è equivalente ad isolare il nostro Paese di fronte alla comunità scientifica internazionale. Altri Paesi prenderanno il nostro posto e l'Italia, che ha già perso molti punti negli ultimi anni a causa di scelte non felici, ma certamente meno drastiche di quelle attuali, resterà permanentemente isolata.

Nel sistema fortemente interconnesso di oggi, la mobilità degli scienziati è grandissima e quelli veri hanno, come peraltro da sempre, prescelto quei luoghi in cui essi possono posizionarsi al meglio per realizzare il più efficacemente possibile le proprie idee e invenzioni, sportivamente, in un confronto serrato con la comunità scientifica internazionale. Chi conosce la seconda persona che scrisse la famosa formula E=Mc2? Francamente ciò non interessa a nessuno!

Le assunzioni di giovani, peraltro del tutto necessarie se si pensa che persino Einstein espresse quasi tutto il suo sapere a meno di 35 anni, non possono essere considerate una manovra sufficiente di fronte alle pesanti riduzioni del finanziamento ai laboratori dei centri di eccellenza che la nuova Finanziaria vuole imporre così drasticamente. Come immaginare di far ritornare in Italia i «cervelli» e allo stesso tempo tagliare così pesantemente i rami dell'albero, le risorse materiali per la ricerca nei nostri migliori istituti? Come potranno essi continuare a competere con i corrispondenti laboratori esteri, ai quali i rispettivi governi hanno aumentato o stanno incrementando i finanziamenti?

Prendiamo ad esempio il caso dell'Infn, l'Istituto Nucleare di Fisica Nucleare: i tagli proposti di qualche decina di milioni di euro incidono interamente sulla ricerca. Sarà quindi impossibile pagare la quota Infn per gli accordi sottoscritti a nome del nostro Paese per gli esperimenti con il nuovo acceleratore di particelle «Lhc» del Cern e quindi, con ogni probabilità, dopo 15 anni di preparazione scientifica, non partecipare ai risultati che si avranno a partire dall'anno prossimo con questa grande infrastruttura di ricerca. E in una simile situazione di insolvenza finanziaria si ritroveranno anche gli altri enti di ricerca del nostro Paese.

Il ministro Mussi ha capito benissimo questi problemi e i veri problemi che affliggono da anni una parte della ricerca nel nostro Paese (dobbiamo a lui la costituenda Agenzia per la valutazione delle università e della ricerca basata su criteri di peer-review), ma consapevole delle difficoltà nelle quali il presente governo sta operando, non ha preteso quello che servirebbe al sistema in un mondo ideale: ha semplicemente chiesto di mantenere il minimo necessario. A qualcun altro ora il compito di dimostrarsi meno egoista.

Premio Nobel per la Fisica