Dell’arciere e della clessidra.

di Maurizio Tiriticco, da ScuolaOggi del 17/11/2006

 

Più di due anni fa, in piena polemica con la personalizzazione in versione Moratti e le schede di valutazione faidaté, scrissi il pezzo che segue.

L’arciere, prima di lanciare una freccia, deve costruirsi un arco efficiente (fatto a regola d’arte) ed efficace (adatto per un lancio ottimale); successivamente potrà costruire o scegliere la freccia per scagliarla verso il bersaglio ambìto che potrà colpire ma… solo se l’arco è ben fatto! Con lo stesso arco potrà colpire anche altri bersagli, a seconda delle sue necessità e delle sue scelte! Potrà anche essere fornito delle frecce più appuntite, ma… se l’arco è difettoso, difficilmente riuscirà nei suoi tentativi. Fuor di metafora, il nuovo nato, nel suo primo sviluppo/crescita, deve preparare l’arco di quelle competenze di base che gli sono essenziali rispetto a qualsiasi altra successiva scelta mirata egli dovrà fare! Ma il nuovo nato non può scegliere personalmente qual è l’arco che utilizzerà per le sue frecce né può costruirlo da solo: è il mondo adulto che sa come si costruiscono gli archi! E’ la società che affida alla scuola di base, ad un primo ciclo di istruzione, il compito di sostenere il bambino in questa non facile costruzione! E quando l’adolescente avrà acquisito e consolidato queste competenze di base, che sono largamente eguali per tutti – fatta salva, ovviamente, l’incessante evoluzione a cui la nostra società avanzata le sottopone – allora soltanto potrà personalmente scegliere come utilizzare il suo arco, quali frecce adoperare e quali bersagli colpire”.

Il tutto era giustificato dal fatto che la scelta del punto e a capo scompaginava la finalità della scuola dell’obbligo ottonale, che è quella di permettere a ciascuno di raggiungere quei livelli minimi di conoscenze e competenze che gli consentano di far valere i suoi diritti di cittadinanza ed operare responsabilmente nel contesto sociale.
Ora, con la prospettiva dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione, le cose cambiano! Intendiamo costruire un biennio unitario e articolato, che sia nel contempo di istruzione e di orientamento. Tale scelta è imposta dai profondi cambiamenti degli ultimi decenni, per i quali quelle competenze, che una volta consistevano nel leggere, scrivere e far di conto, oggi sono molto più impegnative e articolate, sono quelle che la terminologia Ocse definisce literacy, numeracy e problem solving.

I bienni attuali sono assolutamente inadeguati ai nuovi compiti, e su tale questione ho già espresso il mio pensiero (1) . E’ certo che il nuovo obbligo decennale da un lato dovrà permettere di conseguire quelle conoscenze e competenze di base adeguate all’esercizio di literacy, numeracy e problem solving (gli standard di uscita sono da definire), dall’altro dovrà orientare alle scelte future di studio e di lavoro. I nuovi bienni si dovranno così aprire a ventaglio per rispondere ad esigenze formative assolutamente nuove per una scuola obbligatoria che non è più quella dei programmi del ’79. Com’è noto, l’attuale scuola media dovrebbe essere di norma istruttiva ed orientativa, ma di fatto è più selettiva che orientativa. Ora, nella misura in cui gli ultimi due anni del nuovo obbligo di istruzione e orientamento saranno riordinati per aprirsi veramente a ventaglio sulle mille offerte successive di studio e di lavoro, anche la funzione del triennio dell’attuale scuola media dovrà essere profondamente rivisitata.

Di qui la metafora della clessidra, cioè l’immagine che riflette il nostro attuale sistema scolastico. Provo a descriverlo. La scuola dell’infanzia è una scuola in cui i campi di esperienza permettono al bambino uno sviluppo/crescita di ampio respiro sia nella sua area senso-motoria che in quella emotivo-affettiva. La scuola elementare aiuta il bambino a superare la fase egocentrica e promuove le prime abilità cognitive, all’inizio predisciplinari, quindi multidisciplinari, sulle quali il successivo livello di istruzione dovrebbe avviare i processi disciplinari necessari ad una prima lettura delle informazioni proposte dall’attuale società. Si tratta di percorsi che, ovviamente, non dovrebbero dimenticare quella dimensione socioaffettiva e sociocollaborativa che è parte fondante dello sviluppo/crescita di un preadolescente. L’attuale scuola media, però, adempie solo parzialmente al suo compito perché è totalmente centrata sulle discipline, forse in forza del suo vizio di origine. Com’è noto, la scuola media per norma (vedi la legge istitutiva del ’62, confermata dai nuovi programmi del ’79) costituisce il primo grado della scuola secondaria, per cui guarda più al grado successivo che a quello precedente: la sua mission non è tanto quella di concludere un percorso obbligatorio, quanto quella di introdurre ai percorsi non obbligatori (2) . L’istruzione secondaria di secondo grado, la formazione professionale e l’apprendistato costituiscono attualmente l’ampio arco delle offerte che vengono proposte ai licenziati della scuola media.

Le due ampolle della clessidra sono a valle e a monte della scuola media. Questa, al centro della clessidra, costituisce una vera e propria strozzatura, un percorso obbligato più che obbligatorio. In effetti, la scuola media dovrebbe condurre il quattordicenne a scegliere ulteriori percorsi in base alla successiva offerta riccamente articolata. Ma ciò oggi non avviene. Una scuola che già oggi non aiuta i quattordicenni a scegliere, non può certamente sostenere quel processo riformatore a cui dobbiamo dar vita e che dovrebbe garantire a tutti i sedicenni del nuovo obbligo sia di acquisire competenze di base alte che di compiere delle scelte veramente responsabili. In questa ottica, la stessa metafora dell’arciere cambia radicalmente. Ai sedicenni non dobbiamo garantire solo un arco efficiente ed efficace (le competenze di base alte), ma anche la possibilità di provare alcune frecce (un orientamento attivo). E si dovrà anche considerare che nel nuovo contesto obbligatorio non tutti gli archi saranno necessariamente eguali: nessuno dei Proci riusciva a curvare l’arco di Ulisse!

Tutto ciò perché non c’è una separazione netta tra competenze di base e competenze specialistiche, anzi vi è un continuum verticale e orizzontale che i curricoli del nuovo obbligo dovranno assolutamente considerare. La partita non è affatto facile. Questa, inoltre, non si gioca tanto negli ultimi due anni dell’obbligo, perché le offerte di educazione, formazione e istruzione (art. 1 del dpr 275/99) sono molteplici e bisogna saperle individuare e declinare alle diverse necessità; si gioca soprattutto nei tre anni dell’attuale scuola media, laddove la strozzatura della clessidra permette il passaggio solo a pochi granelli… uno alla volta. E poi, se c’è un granello più grosso, tutto si blocca!