Le promesse elettorali

La scuola e le scelte.

Presidi e insegnanti: non li spingono a impegnarsi, la maturità ormai è una barzelletta

Maurizio Cucchi, Il Corriere della Sera del 5/3/2006

 

Di scuola, e della sua importanza, si parla spesso, ma altrettanto spesso si ha l’impressione che lo si faccia più per dovere che per convinzione. Più parole che idee, insomma, più parole che fatti. Tanti discorsi elettorali. Sento però, per fortuna, che per le nostre scuole è stabilito un aumento di fondi, cosa indispensabile più che necessaria per progettare un’istruzione nuova, articolata e forte che ora manca. Come pensare, allora, alla scuola di un futuro prossimo? Come dovrà rapportarsi ai mutamenti d’epoca, al volto cambiato del mondo esterno? Leggevo su Repubblica un intervento di Marco Lodoli, scrittore e insegnante, che partiva da una considerazione problematica sulla necessità che, da tempo, ha la scuola: quella di aprirsi all’esterno, di inquadrare in modo migliore e più attuale il mondo. Oggi, forse, la situazione è più complessa e confusa, più difficile. Trovo cioè che la scuola debba - anche e sempre di più - difendersi dal mondo esterno, che invade e cattura le menti dei giovani, che lancia miliardi di messaggi indifferenziati come la spazzatura di una volta; che è purtroppo, oggettivamente (e paradossalmente), più forte e più influente della scuola. Vediamo bambini e adolescenti addomesticati e imbambolati davanti alle mille luci di telefonini, videogiochi, Internet, trash televisivo che diseduca; con genitori complici o impotenti. Ecco allora che la scuola del futuro dovrà darsi una struttura robusta per mostrarsi all’altezza.

Dovrà insomma fornire i mezzi culturali per distinguere, per consentire il formarsi di uno spirito critico e della necessaria autonomia di giudizio. Dovrà attrezzare il giovane a poter leggere il mondo, e a non essere più un soggetto passivo. E credo abbia la possibilità di farlo, purché non si ancori al passato polveroso o non strizzi l’occhio al presente più banale. In questo progetto è indispensabile un personale docente di alto livello. Ci sono infatti, nelle nostre scuole, insegnanti bravissimi e altri quasi del tutto demotivati. E non è solo un problema (che pure c’è, e lo sanno tutti) di soldi.

È anche un problema di considerazione sociale, quella considerazione che dà più convinzione e fiducia nel proprio lavoro. I milanesi e i lombardi in genere sono gente concreta; fin troppo. E agli insegnanti (in quanto non producono ricchezza materiale) non viene concessa la stima che ci vuole, e questo finisce inevitabilmente con l’abbassarne l’impegno e la qualità del lavoro. Eppure quanto, in una società civile, dipende dalla scuola!