Stipendi europei e fine del precariato/1:

ci vogliono 4 miliardi di euro l’anno.

da Tuttoscuola del 31 marzo 2006

 

"Una volta gli insegnanti in Italia erano poveri ma rispettati. Oggi sono solo poveri. E questo è inaccettabile". Lo ha sottolineato, con dolorosa crudezza, il direttore di Tuttoscuola, Giovanni Vinciguerra, aprendo la tavola rotonda con i leader del centrosinistra Rutelli e Fassino e il segretario generale della Cisl Pezzotta al convegno "La buona scuola" promosso dalla Cisl.

Il programma dell’Unione propone alcune misure volte a valorizzare il ruolo dei docenti, in grado teoricamente di dare una sterzata a questo andamento, tra cui spiccano: l’adeguamento delle retribuzioni del personale della scuola al livello dei Paesi europei e l’assorbimento del precariato, immettendo in ruolo coloro che già lavorano nella scuola.

Obiettivi ambiziosi. Ma quanto raggiungibili? In campagna elettorale, si sa, le promesse sono facili. Ma non è altrettanto facile mantenerle quando si è al governo. Almeno questo insegna la storia italiana.

Per valutare il grado di attendibilità di questi obiettivi contenuti nel programma dell’Unione abbiamo fatto due calcoli. Quanto costerebbero?

L’adeguamento retributivo all’Europa, considerando che le retribuzioni medie dei docenti italiani sono tra l’8 e il 15% più basse della media europea (-13% per scuola primaria, -8% per secondaria I grado, -15% per la secondaria di II grado) costerebbe per gli 831 mila docenti italiani circa 3 miliardi di euro all’anno (e la stima, approfondita nella news successiva, non include gli incrementi retributivi per il restante personale delle scuola).

La lotta alla precarietà costerebbe invece circa 1 miliardo di euro l’anno. Infatti i docenti precari in servizio come supplenti annui o temporanei sono 120 mila: i posti vacanti a settembre 2006 saranno 33 mila, mentre i restanti 87 mila verrebbero assunti in soprannumero ricorrendo probabilmente all’organico funzionale; ad essi vanno aggiunti 85 mila ATA (con 80 mila posti vacanti).

Il differenziale di costo per questi 205 mila lavoratori precari, nel caso di immissione in ruolo, sarebbe di circa mezzo miliardo per il primo anno e di circa 1 miliardo a partire dal secondo anno.

Insomma 4 miliardi di euro l’anno da mettere sul piatto.