L'ombra vaticana rimane a scuola.

Giuseppe Fioroni, ben visto dalla Santa Sede ma meno dalla scuola, si aggiudica l'istruzione. Fabio Mussi va all' università. La Cgil: «Cancellare le leggi Moratti».

Cinzia Gubbini, da il Manifesto del 18/5/2006

 

Se la decisione di affidare il ministero dell'istruzione (pubblica?) al medico Giuseppe Fioroni è stata una sincera sorpresa anche per i più informati nel mondo della scuola, su una cosa si può esseri certi: è stata una sorpresa soprattutto per lui. Si narra che alla mezzanotte di martedì, visto che le caselle del nuovo esecutivo faticavano a trovare il posto giusto, si sia infine risolto ad accettare comunque una nomina, senza stare troppo a sottilizzare. Ora che dovrà occuparsi di scuola, ambito quanto mai delicato e complicato, da vero democristiano qual è esordisce dicendo: «Con immenso piacere e grande modestia mi avvicino a uno dei ministeri vitali per questo paese».

Modestia, perché di scuola Fioroni non ne sa un tubo - sia detto con garbo - particolare che fa rizzare i capelli in testa a molti (soprattutto finché non sarà chiara la lista dei sottosegretari). E chissà che rapporto instaurerà con il neo ministro all'università e alla ricerca Fabio Mussi, anche questo un nome spuntato fuori nelle ultime ore, a cui però la «base» guarda con maggiore simpatia. In particolare quelli che hanno lottato contro la riforma Moratti sullo status giuridico dei docenti perché l'esponente del Correntone, quanto meno, non è espressione della lobby dei «baroni». «Bisogna spingere, andare avanti», ha promesso Mussi, ricordando che la sua carriera politica nasce proprio come responsabile Università del Pci: «Fu Napolitano a darmi l'incarico» ha ricordato ieri. La storia che torna. E in questo caso con forza. Perché Fioroni e Mussi pur spiccando per la loro giovane età - per gli standard italiani, s'intende - 48 anni il primo e 58 il secondo, sono due vecchi arnesi della politica. Mussi, famiglia operaia, ha cominciato a fare politica alla Normale di Pisa insieme a D'Alema, diventando il più giovane eletto al Comitato centrale del Pci nel '69. Fioroni, formatosi negli scout, è stato invece il più giovane sindaco di un capoluogo di provincia (a 31 anni diventò primo cittadino di Viterbo, dove i maligni lo chiamano «Peppe Bugia»). Chi lo conosce bene lo definisce addirittura «andreottiano», nonostante il registro anagrafico lo ponga lontano da quella tradizione. Il suo nome era stato indicato nei giorni scorsi per la salute o per gli affari regionali. Incarichi certo più congrui, visto che il nuovo ministro dell'istruzione ha costruito la sua carriera politica proprio nella sanità e negli enti locali - è tra l'altro presidente della Federsanità dell'Anci - di cui si è occupato anche per la Margherita. Uomo-ombra di Marini, si è ritrovato sulla poltrona di viale Trastevere più che altro per la solita faida interna alla Margherita che in questo caso mirava a fare fuori Rosy Bindi, poco amata da Rutelli ma - si mormora - anche dal premier, nonostante sia da sempre considerata in area «prodiana».

Che il ministero dell'istruzione fosse «di diritto» in quota Margherita era cosa piuttosto nota. Un po' perché sul ministero dell'istruzione pesano da sempre le pressioni d'oltretevere, un po' perché Rutelli ha lavorato di fino per assicurare al suo partito il timone dei ministeri a vocazione culturale (scuola, beni culturali, comunicazione). Ora, nel mondo della scuola, tutti alzano gli occhi al cielo al nome di Fioroni. E guardano nel posto giusto, perché Fioroni è un cattolico vero, molto vicino al Vaticano. Nella sua carriera di medico (al Gemelli, ovviamente) è sempre stato un convinto obiettore di coscienza sull'aborto e quando deve fare le sue battaglie le fa, come quando mandò su tutte le furie alcuni esponenti del suo partito a proposito della legge Fini-Giovanardi sulla droga, sostenendo che non esiste nessuna differenza tra le droghe leggere e le droghe pesanti. Contemporaneamente, però, è anche un animale politico, che sa quando trattare e fino a che punto è il caso di tirare la corda. Il vicepresidente della Federsanità, Natale Mingozzi, suo stretto collaboratore, rassicura tutti: «E' un gran lavoratore e non sarà un assolutista. E' una persona abituata a collaborare e a circondarsi di persone competenti». Probabilmente il suo compito principale sarà quello di non disperdere il patrimonio di ottime relazioni e ricche spartizioni costruito da Moratti con le scuole private e i docenti cattolici. Piero Bernocchi dei Cobas lo definisce già «il regalo dell'Ulivo al Vaticano». E se l'augurio di buon lavoro viene dalla Cgil-Flc, il segretario Enrico Panini non perde tempo e ricorda gli impegni: «La cancellazione delle leggi Moratti, il precariato e la legge finanziaria».