Ministri e desideri.
di Michele Corsi da
ReteScuole
del 19/5/2006
La composizione del governo Prodi costituisce un
chiaro segnale dell'atteggiamento che le direzioni politiche del
centrosinistra vogliono tenere nei confronti delle rivendicazioni
espresse dai movimenti nel corso della resistenza al governo
Berlusconi. Il segnale non è positivo.
In questi anni diversi movimenti hanno contrastato la politica della
destra; essi hanno svolto un ruolo di supplenza nei confronti di forze
politiche esauste e dalla declinante capacità di mobilitazione. E sono
giunti all'elaborazione di rivendicazioni largamente popolari nella
società italiana. Il movimento sindacale, protagonista la Cgil e in
particolare la Fiom, è per l'abrogazione della legge 30, ad esempio.
Il movimento contro la guerra è per il ritiro immediato delle truppe
italiane dall'Iraq. Il movimento dei girotondi aveva contestato lo
strapotere mediatico di Berlusconi difendendo l'operato della
magistratura. Il movimento della scuola ha chiesto l'abrogazione della
riforma Moratti. Questi movimenti sono oggi deboli, ma si sono
tradotti in aspettativa politica generalizzata nei confronti del
governo. Ora, con un'operazione un po' semplicistica, vorremmo
comprendere se a capo dei ministeri sono state collocate persone che
in qualche modo si trovano in sintonia con quelle rivendicazioni,
sentite da milioni di persone scese in piazza negli ultimi anni, e che
hanno contribuito in maniera determinante a impedire che il secondo
governo di Berlusconi divenisse l'inizio di un lungo periodo di
thatcherismo all'italiana. Elenchiamo di seguito i ministeri che per
la loro funzione si trovano a occuparsi delle questioni oggetto di
quelle lotte.
Il ministero del Lavoro è quello ovviamente destinato a divenire
interlocutore del movimento sindacale. Il ministro è un personaggio di
provenienza cgil: Cesare Damiano, dei Ds. Vari giornali hanno
sottolineato la sua antica militanza Fiom. Però attenzione: Damiano
apparteneva dell'ala più moderata della Cgil, quella che non solo
critica la Fiom per essere troppo "massimalista", ma che, ai tempi, si
opponeva allo stesso Cofferati (ed Epifani) per le sue polemiche nei
confronti del vertice diessino. Per chiarire ogni equivoco e
rassicurare la Confindustria, Damiano ha subito dichiarato che della
legge 30 eliminerà solo gli istituti che non sono utilizzati dalle
imprese.
A capo del ministero della Difesa è stato collocato Parisi, che non ha
mai fatto mistero di avversare l'ala pacifista dell'Unione. Si noti
che anche all'interno della Margherita non mancano figure (lo stesso
Fioroni) che, seguendo le indicazioni del Vaticano, sono un po' più
spiccatamente antiguerra. Invece tra tutti è stato scelto uno slegato
da questi rapporti, perché quello della guerra è uno dei pochi temi
sui quali la gerarchia cattolica ha manifestato posizioni progressiste
(del resto il centrodestra, collocando Martino, aveva ragionato allo
stesso modo). Parisi si è preoccupato subito di rassicurare le
gerarchie militari dichiarandosi favorevole alla sfilata militare del
2 giugno.
A capo del ministero della Giustizia è stato scelto Mastella. Tra
tutti i leader del centrosinistra è quello che più ha avversato i
girotondini e il "giustizialismo". Del resto per lui è una questione
di sopravvivenza, dato che nel suo partito, l'Udeur, abbondano gli
inquisiti. Aveva definito le iniziative dei girotondi "tumulti di
piazza". Naturalmente non è possibile che ripeta le prodezze di un
Castelli, ma l'ala più avanzata della magistratura, così come i
movimenti di opinione antimafia, antimonopolio, ecc. ci pare abbiano
poche ragioni di festeggiare.
E per finire a capo del ministero dell'Istruzione è stato collocato
Fioroni. Anche in questo caso era difficile immaginare una scelta più
antimovimento. Persino limitandosi a pescare un qualche candidato
all'interno della Margherita, non mancavano certo elementi un po' più
in sintonia con il popolo della scuola. La stessa Rosi Bindi, che
pareva la designata, è stata scartata perché considerata poco
malleabile, memori dei suoi trascorsi al ministero della Sanità,
quando fece imbestialire i primari d'Italia. La ragione per cui è
stato scelto Fioroni è molto semplice: rassicurare il Vaticano. Il
personaggio infatti è molto introdotto e perfettamente ligio alla
linea. Di scuola non sa nulla, ma per proteggere e favorire le scuole
private in fondo non occorre sapere molto di scuola pubblica. Il
centrosinistra era chiaramente spaccato in due parti, e in maniera
trasversale, sulla questione dell'abrogazione della riforma Moratti, e
su quale delle due abbia prevalso nella designazione c'è poco da aver
dubbi. Fioroni è in buona compagnia: nessuno dei tre sottosegretari
del ministero è abrogazionista integrale. La presenza della Bastico e
della La Torre ci fanno chiaramente presagire un indirizzo che tenderà
ad "aggiustare" la riforma Moratti, favorendo alle superiori il
biennio integrato e l'espansione della formazione professionale che
non serve ai ragazzi, ma serve molto ai potenti interessi cattolici e
di certa sinistra del centroitalia.
In poche parole i movimenti non hanno prodotto alcuna influenza nella
composizione della compagine governativa. Il che, ovviamente, non
avviene per caso. Le direzioni del centrosinistra hanno articolato un
chiaro ragionamento politico. Sanno che esiste nel Paese una enorme
aspettativa nei confronti del governo, ma non hanno alcuna intenzione
di "cedere" a queste aspettative. Hanno dunque collocato in questi
ministeri dei personaggi che, certo, staranno bene attenti a non
suscitare proteste di massa, ma cercheranno di guidare verso un esito
moderato le spinte che vengono dalla cittadinanza. In poche parole noi
abbiamo un governo che si è preparato coscientemente a non
assecondare, bensì a fronteggiare, resistere e "gestire" le spinte
verso un cambiamento radicale.
Del resto i soggetti politici che hanno fatto proprie tutte le
rivendicazioni dei movimenti (sinistra Ds, Pdci, Prc, Verdi) hanno
ottenuto un buon risultato elettorale che si è tradotto in un grosso
numero di deputati, tra un terzo e un quarto del totale; eppure su 25
ministri ne hanno ottenuti solo 4, e tutti marginali, senza personale,
senza peso politico e senza soldi. Ferrero (Prc) è a capo del nuovo
ministero della "solidarietà sociale" che si occuperà di droghe, ma
non di pensioni o di famiglia; Bianchi (Pdci) è ai trasporti,
ministero depotenziato perché la fetta più succosa è andata al
ministero delle Infrastrutture; Pecoraro Scanio (verdi) all'Ambiente,
un ministero la cui occupazione consente molte interviste ma pochi
fatti. Mussi (sinistra ds) è in una posizione di maggior peso:
all'Università e ricerca, ma ricordiamoci che anche questo è un
"pezzo" di ministero che prima era integrato con la scuola. Tutti i
ministeri che contano sono in mani "sicure", appartenenti a cervelli
che non hanno alcuna intenzione di farsi condizionare da qualsiasi
movimento. Prima di tutto Padoa Schioppa: ritrovarsi come zar
dell'economia un sostenitore della direttiva Bolkestein non è il
massimo di godimento per chi è della scuola e non pensa che questa
debba divenire oggetto di libero commercio internazionale. La ragione
per cui il settore politico più radicale della coalizione abbia
accettato questa marginalizzazione resterà per sempre, temo, un
mistero.
Dunque? Dunque entriamo in una fase difficile. Il centrosinistra ha
fatto la sua mossa: si è collocato in difesa rispetto alle aspettative
popolari. Continuerà a giocare le sue mosse in questa direzione, fino
a che non incontrerà ostacoli. Quello che dovrebbero fare i movimenti,
a mio avviso, è molto semplice. Prima di tutto non nascondersi la
situazione. Mi fa un po' innervosire leggere certi commenti
entusiastici che vengono da parti politiche e giornalistiche che non
possono non sapere come stanno le cose. La seconda è: prepararsi a
diventare un ostacolo. Su questo governo, strutturalmente debole, già
stanno esercitando pressioni portentose i poteri forti e i loro organi
di informazione: i movimenti devono compiere un'azione uguale e
contraria, contando su e ponendosi in sintonia con le aspettative
popolari. Gli strumenti organizzativi non abbondano, ma ci sono: vari
pezzi di sindacalismo combattivo, il movimento della scuola che ha
mantenuto un minimo di presenza e di struttura... Ma la chiave per
poter esercitare una pressione che sposti e condizioni la linea del
governo è tutta nel metodo con cui la si vuol sollecitare. Un piccolo
insegnamento ce l'ha regalato la vicenda dei fischi a Milano contro la
Moratti. Il 25 aprile la provocazione della Moratti e la successiva
contestazione spontanea aveva portato l'intero centrosinstra ad
accodarsi ad una destra che gridava allo scandalo e a "condannare" la
reazione popolare. Retescuole ha assunto invece la legittimità di
quella contestazione e ha annunciato, organizzato e favorito anche la
contestazione durante il primo maggio, dove lei era stata invitata
dalle confederazioni come segno "riparatore" per i fatti del 25
aprile. Il risultato è stato che l'intero corteo ha espulso a forza di
fischi la Moratti, e nessun leader sindacale dal palco ha osato
contestare questa iniziativa popolare. Ecco un piccolo ma buon esempio
dei pericoli e delle potenzialità della nuova fase. Il pericolo: che
quando le direzioni politiche e sindacali che sosteniamo e votiamo
cedono alla destra, da ciò ne derivi disortientamento e depressione
nella nostra gente. Le potenzialità: le aspettative sono tali per cui
è sufficiente che una piccola forza radicata alla base si metta in
sintonia con la massa e in controcorrente rispetto alle sue
rappresentanze, che subito incontra una disponibilità popolare
all'azione e alla protesta.
Non c'è da deprimersi leggendo l'elenco dei ministri. So bene che un
Fioroni ministro dell'istruzione sta creando questo effetto nelle file
del movimento della scuola. Del resto con il nostro voto e con le
nostre lotte abbiamo mandato a casa Berlusconi, ma le nostre lotte e
il nostro voto non potevano eleggere i nostri ministri. Con la legge
di iniziativa popolare abbiamo il nostro programma di governo, con le
firme raccolte stiamo costruendo il nostro mandato elettorale, con la
rete dei comitati la forza con cui farci ascoltare. Il nostro ministro
è il popolo della scuola, ascoltiamone il cuore: non abbiamo bisogno
di alcun governo per seguirne i battiti. E facciamo rapidamente
comprendere all'altro ministro, quello non eletto, l'urgenza dei
nostri desideri.