Forza d'inerzia.
di Maurizio Zenga, 28/5/2006.
Questa sera, dopo una
riunione con alcuni colleghi, riflettevo su quanto ci siamo detti a
proposito della difficoltà degli alunni della sezione media di
concentrarsi e di prestare attenzione durante un concerto di musica
classica a cui la mia scuola ha deciso di farli partecipare insieme ai
bambini della scuola elementare.
Si è detto che colleghi della scuola elementare si sono lamentati,
dopo il concerto, del comportamento “incivile” dei nostri ragazzi di
scuola media rispetto a quello dei loro alunni di scuola elementare
che si sono invece dimostrati molto più attenti ed educati nel corso
dello spettacolo. I nostri ragazzi hanno dato presto segni di
insofferenza e si sono comportati in modo poco civile, disturbando il
concerto e palesando un sostanziale disinteresse, i bambini invece
hanno seguito con maggiore attenzione e partecipazione.
Perché? E’ colpa loro o nostra? Ci siamo chiesti: è colpa degli
insegnanti, che avrebbero dovuto controllare meglio la disciplina ed
imporre eventualmente un atteggiamento più rispettoso e diligente in
sala oppure è colpa della maleducazione dei ragazzi, poco abituati
ormai al rispetto delle regole della buona educazione, in ogni
occasione? Si è detto che alcuni insegnanti presenti hanno forse
sottovalutato il loro compito di “controllori” e che forse sarebbe
opportuno attribuire a loro la responsabilità dell’accaduto e non ai
ragazzi . . . Si è detto anche che non c’era stata la preparazione
necessaria ad un evento così importante ed inconsueto e forse una
migliore preparazione avrebbe evitato . . . Si sono fatte molte
ipotesi ma la cosa sostanziale che ne è venuta fuori, e sulla quale
appunto sto cercando di riflettere, è che nessuno di noi ormai è in
grado di garantire con la sola propria presenza ed autorità (o
autorevolezza) un corretto e disciplinato svolgimento di una lezione,
di una proiezione, di un concerto o di una qualunque altra attività
didattica il cui svolgimento faccia affidamento sulla partecipazione
attiva e attenta degli allievi. Nessuno di noi è più capace di
chiedere ed ottenere, come si dovrebbe, l’attenzione e l’interesse
necessari a sviluppare un corretto e proficuo rapporto comunicativo e
dunque un corretto processo di “trasmissione” del sapere. Siamo
costantemente alle prese con una disarmante superficialità, una
allegra approssimazione, un apatico disimpegno che soltanto pochi
ragazzi riescono a fronteggiare: figli di buona famiglia, di sani
rapporti affettivi, di corretti principi educativi, che ancora godono
di una formazione familiare rigida ma approfondita, attenta, accurata
nella forma e nella sostanza e per questo pronti ogni mattina a far
fronte all’assalto dei nuovi barbari cui ( purtroppo ) è destinato
gran parte dello sforzo produttivo ed economico della scuola attuale,
papocchio di culture diverse, di ceti sociali e culturali malamente
integrati e di bisogni malamente soddisfatti in nome di un malinteso
senso dell’Istituzione che deve sempre e comunque dare al cittadino
scolaro la certezza di non essere escluso dal diritto sacrosanto
all’istruzione…Ogni tanto però una pedata nel sedere a qualcuno ,
senza sconti e senza attenuanti, bisognerebbe pur darla, se non altro
per dare l’esempio a chi si comporta sempre e comunque bene ed
evitargli di sentirsi un cretino tra tanti furbi ( ma qui il discorso
si farebbe complesso e forse è meglio rinviarlo …). Una collega di
Educazione musicale, notoriamente esperta e seria, presente alla
nostra discussione ha posto una questione semplice quanto fondamentale
a seguito dell’affermazione secondo la quale ai docenti veniva
imputata la responsabilità del comportamento scorretto durante il
concerto:
“io non porto i
miei allievi ai concerti proprio per questo, perché oggi è difficile
persino ottenere l’attenzione ad un brano musicale per cinque minuti,
in classe, anche un brano di musica leggera. Per farli tacere e
concentrare durante l’ascolto bisogna stare con due pistole spianate,
minacciarli di punizioni
. . . Figuriamoci
se li porto a teatro a sentire Mozart, mi esporrei alle stesse
conseguenze e alle stesse critiche successive. Preferisco, mio
malgrado, non farlo . . . ”
Chi può dar torto a questa gentile collega? Si può attribuirle
responsabilità o colpe che non siano ingiuste a fronte di quanto
accade oggi in tutte le scuole del nostro Paese? La Cultura con la C
maiuscola va vissuta e fruita nel silenzio della mente e con la giusta
capacità di concentrazione, i nostri allievi non sanno più cos’è il
silenzio, né lo spazio della mente staccata dai rumori della TV, del
telefonino, dell’Mp3, la scuola non può che tentare disperatamente di
spegnere per qualche attimo questo frastuono nel quale, poveri
ragazzi, stanno crescendo ma non può evitare che nei momenti di
silenzio, come quelli che si creano forzatamente durante un concerto,
essi continuino a muoversi e ad agitarsi come spinti da una forza
d’inerzia che li rende incapaci di gestire autonomamente persino i
propri muscoli oltre che la propria mente.