Il pedagogista Vertecchi: non si può vincolare la scuola alle logiche del mercato

«Istituire otto licei ha danneggiato i tecnici».

Anna Maria Sersale da Il Messaggero del 29/5/2006

 

ROMA - Da pedagogista, che cosa raccomanda all’Unione?

«L’esigenza di ricostruire la cultura della scuola. Perché la scuola non si regge solo sugli ordinamenti, ma sull’asse culturale. Quello usato dal centrodestra, per esempio, era di stampo utilitarista. Era fondato su tre slogan, quelli delle tre I, che sono l’esemplificazione di una cultura che punta all’utilizzo immediato, come riscontro alle richieste del mercato e del sistema economico. Tutto ciò è molto rischioso». Risponde all’intervista il pedagogista Benedetto Vertecchi.

Professore, perché è rischioso?

«Nei Paesi evoluti, industrializzati, l’istruzione deve servire per un lungo percorso della vita. Intendo dire che la cultura acquisita tra i banchi deve essere sufficientemente robusta da garantire ad ognuno di poter modificare il profilo per tutto l’arco della vita. Altrimenti, si diventa obsoleti. La scuola deve dare gli strumenti culturali di base, per innestare su di essi tutto il resto delle conoscenze e delle competenze che l’evoluzione del lavoro e della società richiedono. Ebbene, a mio giudizio la riforma Moratti va in un’altra direzione. E’ legata alle logiche del mercato».

Vuol dire che se quello che si impara è finalizzato ad una spendibilità immediata è effimero?

«Proprio così. La cultura non può essere legata ad obiettivi di breve termine, le logiche delle attività produttive sono contingenti. Le logiche educative, invece, devono essere di lungo respiro, puntando ad obiettivi validi nel tempo, altrimenti si sbaglia clamorosamente».

Che cosa rimprovera alla riforma Moratti?

«Ci sono gravi errori di fondo, ma vorrei metterne in luce uno in particolare. L’impianto degli otto licei, per come è stato presentato, ha fatto danni pesanti. La gente non si è più fidata dei tecnici e dei professionali, c’è stata una fuga verso i licei a danno di istituti che, così, si sono indeboliti. Ma non possiamo liceizzare tutto, non tutti andranno all'università, l’Italia ha bisogno anche di altri ordini di studio».