Canale decisivo per il mondo del lavoro, rischia di ridursi ad apprendistato.

Formazione, cercasi modello.

Garantire standard minimi e autonomia regionale

di Iaia Vantaggiato, da ItaliaOggi del 23/5/2006

 

Nel discorso di presentazione del suo governo alle camere, Romano Prodi ha indicato come principale elemento critico del sistema scolastico italiano, e dunque come priorità per l'azione del suo esecutivo, la formazione professionale. Ed è probabile che nell'individuare tale settore come elemento nevralgico della sua strategia il premier abbia fatto tesoro dell'esperienza maturata in veste di presidente della Commissione europea. Proprio la formazione professionale, infatti, è individuata dall'Ue come fattore determinante di quella sfida che dovrebbe portare l'Europa a superare, entro il 2010, gli Usa e il Giappone quanto a modernità dei sistemi di istruzione. All'interno del quadro europeo la situazione italiana si rivela però afflitta da un gran numero di nodi irrisolti non solo a paragone dei paesi più avanzati, quelli del Nord Europa, ma anche di quelli la cui esperienza e le cui difficoltà ricordano più da vicino lo scenario italiano: la Francia, la Spagna e la Germania.

 

tra governo centrale e locali

Un primo elemento critico, rispetto al sistema della formazione professionale, è rappresentato dall'articolazione del sistema fra stato centrale e governi locali, nonché dalla presenza attiva delle parti sociali nella definizione degli stessi percorsi di formazione. In Francia il trasferimento di responsabilità e poteri alle autorità locali è iniziato già dal 1982, ma lo stato centrale resta garante del funzionamento del servizio pubblico e della coerenza del sistema a livello nazionale. Nel '93 sono stati istituiti piani regionali per la formazione professionale, elaborati però dopo consulto con i consigli accademici dell'educazione nazionale (emanazione del governo centrale) ai quali è riconosciuta la responsabilità specifica della formazione. Tipi e livelli delle qualifiche vengono definiti a livello nazionale e adeguati ogni tre anni. Anche in Spagna lo stato centrale mantiene la responsabilità esclusiva su tutti gli aspetti ritenuti essenziali a garantire unità e omogeneità del sistema su tutto il territorio. Una legge del 2001 prevede l'istituzione di un sistema nazionale della formazione professionale che dovrebbe riunire e riordinare (anche attraverso la creazione di specifiche agenzie formative) i tre sottosistemi attualmente esistenti: quello iniziale e proprio delle scuole, quello che dovrebbe portare al conseguimento del diploma e, infine, quello occupazionale. In Spagna è stato inoltre costituito un Consiglio generale per la formazione professionale che include rappresentanti di tutte le parti sociali. In Germania la formazione professionale, come tutta l'istruzione, è materia dei Lander mentre quella propria delle imprese spetta al governo federale.

Imprese e scuole professionali formano tuttavia una rete fortemente integrata con robusti e continui rapporti reciproci. Sia a livello centrale sia di singoli Lander, inoltre, le parti sociali giocano un ruolo determinante nella definizione dei percorsi di formazione professionale a tutti i livelli.

 

il duopolio italiano

In Italia l'articolazione fra stato centrale e governi locali rappresenta il vero punto debole dell'intero sistema. La ripartizione secca che affida al governo nazionale la competenza sull'istruzione e alle regioni quella sulla formazione ha infatti già dimostrato la propria inefficienza nella definizione di regole e percorsi comuni. Per non parlare della carenza di risorse più volte denunciata dalle stesse regioni, della mancata elaborazione dei programmi e della fumosa definizione dei titoli in uscita. Inoltre, a differenza che negli altri tre paesi di cui si è sin qui parlato, in Italia il ruolo dei sindacati, e dunque del complesso delle parti sociali, è molto ridotto. In particolare per quanto riguarda i regolamenti attuativi della riforma sull'alternanza scuola-lavoro. Anche su questo piano il paragone fra l'Italia e gli altri paesi europei rivela numerosi punti critici. In Francia, per esempio, e cioè nel paese con alle spalle la maggiore sperimentazione in materia di alternanza tra lavoro e formazione professionale, sono due i canali principali per l'acquisizione del diploma: l'apprendistato nei centri per la formazione degli apprendisti e i corsi nei licei professionali. Anche le scuole diverse dai licei professionali, tuttavia, possono essere collegate ai corsi d'apprendistato e sezioni o unità d'apprendistato possono essere aperte in tutti i licei e in collaborazione con le imprese. Nulla di tutto questo è previsto dalla legge n. 53/2003.

 

il modello tedesco

Il sistema al quale più spesso è stata accostata la riforma italiana varata dal precedente governo in materia di alternanza scuola-lavoro resta tuttavia quello tedesco. In Germania il sistema di orientamento è fortemente selettivo fin dalle prime classi e si basa su una canalizzazione molto precoce. La scuola media tedesca è divisa in quattro rami: i primi tre aprono il percorso, rispettivamente, agli studi liceali, alla formazione tecnica e a quella professionale. Il quarto mira, invece, a un'integrazione delle tre aree di istruzione rinviando così il momento della scelta. Come in Italia, si può accedere all'alternanza scuola-lavoro dopo aver compiuto i 15 anni di età e gli studenti che scelgono questo percorso sono in massima parte (ma non esclusivamente) quelli provenienti dalla scuola media pre-professionale. I corsi durano in media tre anni. Il primo è dedicato alla formazione di base mentre nel corso del secondo anno hanno inizio la specializzazione e il lavoro in azienda. Quest'ultimo è disciplinato da regolare contratto ed è garantito sindacalmente (lo stesso accade, del resto, in Francia e Spagna). Inoltre, per assumere studenti-lavoratori le aziende devono dimostrare livelli adeguati di produzione e utilizzo di tecnologie moderne nonché disporre di formatori in grado di seguire da uno a un massimo di tre studenti-lavoratori. Al termine del percorso scuola-lavoro, a differenza che in Italia, non è possibile accedere all'università.

 

il modello moratti

Nonostante le somiglianze apparenti, il cosiddetto sistema tedesco differisce da quello prefigurato dalla riforma Moratti in alcune caratteristiche fondamentali. Esso, innanzitutto, unifica all'interno di un unico processo i tre momenti della formazione professionale, dell'apprendistato e dell'alternanza scuola-lavoro che in Italia risultano invece distinti. Quindi, in secondo luogo, si basa su una filosofia di segno opposto rispetto a quella che sorregge l'impianto della legge n. 53/2003 poiché punta a scolarizzare l'apprendistato cui invece la riforma Moratti ha negato persino il vincolo dell'obbligo. Va infine rilevato che in Italia il percorso di formazione ha rischiato e rischia non solo di ridursi a mero apprendistato ma anche di esaurirsi nella semplice frequenza di poco rilevanti stage aziendali.