Il significato politico del voto
al referendum costituzionale del giugno scorso .
Antonio Gasperi, da
DocentINclasse, 4/7/2006
I commenti politici ai risultati del referendum
costituzionale indugiano ancora sull’argomento “devolution”: in
effetti l’analisi territoriale del voto referendario sembra dare
conferma alla tesi secondo la quale gli italiani hanno
complessivamente respinto l’idea dei 20 sistemi scolastici e sanitari
che avrebbero minato l’unità del paese.
Tuttavia constatare che il Sì alla riforma ha vinto solo nelle due
“regioni trainanti” dell’economia italiana, il Veneto (55,3%) e la
Lombardia (54.6%), mentre il No ha prevalso in misura crescente man
mano che si scende lungo lo stivale, con la punta dell’ 82,5 % della
Calabria, non aggiunge nulla alla tesi di partenza: questi dati
riguardano infatti solo la rilevazione delle preferenze degli italiani
rispetto al messaggio politico che è stato loro dato in merito alla
riforma, ma non i reali significati della riforma che, come ben noto,
riguardavano altri aspetti dei poteri costituzionali e che sono invece
risultati del tutto marginali nella comunicazione politica durante la
pur breve la campagna referendaria.
Sintomatica al riguardo è stata la conduzione di “Ballarò” il martedì
precedente al weekend elettorale: i politici presenti hanno dedicato
gran parte del tempo (in seconda serata, dato che la prima serata
della trasmissione riguardava un altro argomento di attualità
politica) a battagliarsi sulla questione della reale incidenza della
riforma costituzionale rispetto alla “devoluzione” scolastica,
sanitaria e della polizia amministrativa alle regioni, sebbene il
conduttore avesse preparato interventi anche sulla questione del
premierato e delle competenze legislative.
Curioso è poi che fossero collegati alla trasmissione i presidenti
delle regioni Veneto e Calabria, come se si sapesse in anticipo quali
regioni si sarebbero trovate agli estremi opposti nell’esito finale
del voto..
Si può quindi affermare che entrambe le parti politiche – pur
conoscendo i reali contenuti della proposta referendaria - abbiano
deliberatamente scelto di puntare sulla questione più “debole” a
livello di effettive modifiche, ma di sicuro impatto ideologico,
politico ed emotivo, anche perché apparentemente più “semplice” da
capire . Va detto che gli esiti finali della consultazione danno
apparentemente ragione a questa strategia politica, in quanto la
disaggregazione territoriale del voto mostra la sostanziale fedeltà
dell’elettorato alle indicazione delle rispettive parti politiche .
A mio parere c’è però ben poco da rallegrarsi di questo risultato e
ciò per due ordini di motivi che mi limito solo ad accennare.
In primo luogo il dibattito politico ha teso a focalizzarsi su
questioni di “breve periodo” come la gestione della spesa sanitaria o
il livello della tassazione centrale e/o locale: viceversa le riforme
istituzionali sono per loro natura di “lungo periodo” e proprio per
questo necessitano di una riflessione approfondita e condivisa, come
solo un sufficiente distacco dal “contingente” può permettere.
In secondo luogo non è mai una buona cosa mantenere un popolo
all’oscuro di importanti aspetti della vita politica ed istituzionale,
con la scusa che si tratta di argomenti impegnativi che non potrebbero
essere compresi: infatti – per riprendere una nota distinzione di D.
Easton – una comunità politica non può mantenere a lungo i suoi
equilibri basandosi solo sul consenso specifico di gruppi di cittadini
a progetti politici settoriali, ma deve saper coltivare una forma di
consenso diffuso che riguarda proprio le istituzioni comuni ed il loro
funzionamento possibilmente trasparente e di conseguenza il senso di
appartenenza di ognuno all’intera comunità.
1 A conferma di quanto detto, il sottoscritto può riportare i
contenuti di un breve scambio epistolare con il curatore delle lettere
alla redazione del quotidiano “La Repubblica”: costui nell’edizione di
domenica 27 maggio u.s. pubblicava una risposta “politically correct”
nel senso appena detto ad una richiesta di informazioni da parte di un
lettore, e rispondeva quanto segue alla mia richiesta di essere più
esaustivo: “gentile gasperi questo commentatore ha 28 righe scarse di
spazio e può affrontare l'argomento solo 'a rate' - abbia pazienza, la
prego e vedrà, se vorrà, che alla fine tutto sarà detto - suvvia!
- cordialmente ,Corrado Augias”
2 Posso testimoniare che un serio lavoro di analisi delle proposta di
riforma come quello compiuto nelle classi del mio Istituto scolastico
(si veda a proposito la sezione dedicata su www.gildains.it ), può
portare persone orientate politicamente a destra a votare No.
3 Ad esempio la riduzione del numero dei parlamentari è stata oggetto
di un’aspra disputa in merito ai tempi di attuazione;
S. Donà 30 giu. 06
Antonio Gasperi