L’esame di maturità è solo un pro forma
Il vero scoglio è prima.
Troppi abbandoni durante il primo biennio.
di s.
m. da Il Giorno del 14/7/2006
— ROMA —
PRIMA
LE
preoccupazioni per le prove scritte difficili, a volte impossibili.
Poi le inquietudini sui dati relativi agli studenti promossi che sono
moltissimi (il 97%). Infine, le polemiche su un titolo di studio che,
ai fatti, non conterebbe più nulla perché svuotato di significato. Con
tutto quel che ne consegue rispetto alla possibilità di trovare lavoro
e all’insoddisfazione dei docenti universitari che, a volte, si dicono
affranti dal livello medio di preparazione.
Il tormentone è sempre lo stesso e ogni anno si ripete, puntuale. I
dati forniti dall’Invalsi, istituto nazionale per la valutazione del
sistema educativo e di istruzione non sono definitivi. Potrebbero
essere definiti proiezioni visto che, al momento, riguardano 17.000
studenti su un totale di circa 480.000. Ma sono indicativi.
SE LA PERCENTUALE
di non diplomati si attesta sul 3,14, i ragazzi che sono riusciti a
incassare il punteggio massimo (100 su 100) rappresentano l’8,45%. In
mezzo a questi due estremi si piazza un 11,22% di maturandi che è
riuscito a spuntare il voto minimo, 60 centesimi. Quanto alla
distribuzione geografica, secondo i dati parziali dell’Invalsi, al
Centro si colloca la percentuale più alta di voti massimi (10,58), al
Sud e nelle isole la più alta concentrazione di sufficienze(15,33 Sud
e 14,39 Sud e isole) e sempre al Sud e isole la quota più alta di non
diplomati (3,84).
I più bravi, ma non è una novità, sono sempre gli studenti dei licei
che più numerosi degli altri riescono ad agguantare il punteggio
massimo: 13% contro il 5,7% nei professionali e il 7,1% nei tecnici.
Tra i liceali si registra anche la percentuale minima di bocciati:
1,1% (4% nei professionali e 4,6% nei tecnici). Il 60 (voto minimo) ha
invece raggiunto la percentuale più alta negli istituti professionali
(14,2% contro 12,7% nei tecnici e il 6,7% nei licei).
Le ragazze ancora una volta confermano di essere più brave dei loro
colleghi: dai crediti scolastici alle tre prove scritte fino al
colloquio orale le medie dei loro punteggi sono superiori a quelle dei
maschi.
A FRONTE
di un esercito di giovani tanto bravi, però, c’è un analogo
battaglione di aspiranti universitari che dimostrano una scarsa
preparazione d’insieme. Una rovente polemica, nei mesi scorsi, ebbe
per protagonista il rettore del Politecnico di Milano, deciso a
dimostrare che, per la matematica, a volte non bastavano neanche i
corsi di recupero universitari. Ma anche i sindacati, più volte, hanno
espresso perplessità su un sistema che svuota il titolo di studio
dell’esame e rende problematico non solo l’avvio alla carriera
universitaria ma anche quello al lavoro. Ma se per i maturi sembra
esserci «l’indulgenza plenaria», come la chiama il professor Bertagna,
ben diverso è l’approccio degli studenti con il secondo ciclo di
studi.
Il passaggio dalle medie alle superiori, infatti, rappresenta una
bestia nera per molti ragazzi e viene testimoniato dalla percentuale
di abbandoni. E’ una delle tante incongruenze del sistema di
istruzione. Il passaggio dalla scuola media a quella superiore appare
il gradino più difficile nella vita scolastica dello studente.
VUOI PER
differenza di approccio, vuoi per diversità di metodo, circa venti
ragazzi su cento se ne vanno dalla scuola nel corso del primo biennio.
Se si supera questo scoglio — assicurano gli esperti — il più è fatto
e anche la maturità rappresenta un percorso in discesa. Ci si
interroga fino a che punto si tratti di problemi collegati a mancanza
di continuità didattica. Oppure sul ruolo delle scuole medie così come
attualmente concepite.
E non è chiaro neanche l’orientamento del governo, al momento. La
Riforma Moratti che aveva, negli intenti, il superamento di questo gap
è sospesa. L’esecutivo in carica, per ora, ha deciso di congelare
tutto prorogando i decreti attuativi che avrebbero dovuto aprire la
strada al nuovo corso nel II ciclo. E il primo? Ci vuole una legge.
Ma, si dice, sarebbe già in preparazione.