Alcune riflessioni

sull'insegnamento della lingua straniera.

di Alba Sasso, 7/1/2006

 

E’ partita inesorabile e puntuale l’”operazione verità”, concepita dal presidente del consiglio e dai suoi sodali per contrastare e smascherare quelle che sarebbero le menzogne di una sinistra con la vocazione al disfattismo e al pessimismo. Fra i tanti mirabolanti risultati attribuiti ai cinque anni di quello che viene definito “buon governo”, ci sarebbe anche l’introduzione dello studio della lingua inglese nella scuola primaria (elementare e media). Ma è proprio così? O piuttosto l’operazione verità si avvale di cifre e di dati “truccati”, con l’obiettivo di raccontare al paese una realtà inesistente?

È fin troppo facile far rilevare che l’insegnamento della lingua inglese nella scuola elementare non è stato certo introdotto dalla legge 53.

Il precedente ordinamento aveva infatti stabilito l’insegnamento obbligatorio di una lingua comunitaria a partire dalla seconda classe e per tre ore settimanali. Nel quinquennio della scuola elementare il monte ore complessivo ammontava così a 396 ore, alle quali potevano aggiungersene altre 99, risultanti da progetti mirati, dedicati al potenziamento dell’insegnamento linguistico sin dalla prima classe, e rivolti alle scuole che ne avessero fatto richiesta.

Ma cosa avviene con il decreto di attuazione della legge 53 nella scuola primaria?

Viene semplicemente confermato il precedente monte ore obbligatorio: il trucco è che lo si distribuisce in maniera diversa nei cinque anni di scuola, in modo tale da farlo apparire come un ampliamento, dato che l’inglese si insegna dalla prima (e non più dalla seconda). Un’illusione, insomma, un gioco di prestigio e nulla più.

Per di più, il risultato paradossale di quello che viene millantato come un ampliamento è che le tante scuole che, con il precedente ordinamento, già avevano inserito l’insegnamento della seconda lingua sin dalla prima classe, si sono trovate comunque a dover ridurre l’offerta a seguito dei tagli dei fondi per i progetti mirati e dell’organico dei docenti di lingua inglese.

E’ vero, infatti, che le scuole hanno cercato di mantenere la precedente offerta di tre ore settimanali di insegnamento per tutte e cinque le classi. Ma con margini sempre più stretti a causa dei decreti sugli organici, che stabiliscono la costituzione di un posto di insegnamento della lingua ogni 6/7 classi, con almeno 18 ore di insegnamento. In tali condizioni non solo è difficile mantenere le tre ore di inglese per ogni classe, ma addirittura impossibile quando non si riesce a costituire un posto di lingua. E, infine, il fatto che l’insegnamento linguistico, attraverso la riduzione degli organici, venga sottratto alla competenza e alla professionalità del docente “specialista”, per essere imposto a maestri che potranno insegnarlo dopo aver effettuato un breve corso, rischia di mettere in discussione la continuità e la sistematicità dell’insegnamento della lingua. In sostanza la sua qualità.

Insomma, anche se fra i giganteschi tabelloni piazzati a ogni angolo delle nostre città e dai quali vengono lanciati slogan inneggianti all’ottimismo, ce n’è uno che magnifica la nuova scuola, “in salita”grazie a internet e inglese, la realtà è ben diversa.

Realtà confermata anche da quanto sta avvenendo nella secondaria di primo grado.

Prima del primo decreto attuativo della Legge 53, nella ex scuola media, la prima lingua straniera veniva insegnata per complessive 99 ore annuali, con una scansione settimanale di 3 ore. Stesso monte ore e stessa scansione venivano attribuiti alla seconda lingua straniera nel caso delle sezioni che sperimentavano il “bilinguismo”. Ora il monte ore annuale complessivo, previsto per l’inglese e la seconda lingua comunitaria, è di 120 ore. Un ampliamento solo apparente, in virtù del fatto che il monte ore si riferisce all’insegnamento di entrambe le lingue. Un altro trucco, insomma.

Per di più, il decreto legislativo, emanato dal Consiglio dei Ministri dello scorso 17 ottobre, offriva ai genitori dei ragazzi la facoltà di utilizzare per lo studio della sola lingua inglese l’intero monte ore previsto per le lingue straniere comunitarie. Di fatto si prospettava la scomparsa della seconda lingua comunitaria dalla scuola pubblica. Un provvedimento che rischiava di compromettere la formazione linguistica dei ragazzi, e di determinare un impoverimento culturale, facendo scomparire dall'insegnamento pubblico la ricchezza delle radici linguistiche europee. Per fortuna, a seguito delle numerose proteste, delle contestazioni e dei pareri contrari, il provvedimento ha subito una battuta d'arresto (anche se la questione è semplicemente rinviata di un anno).

Sono questi i risultati di una grande innovazione, di una svolta preannunciata come epocale? Sono questi i dati che, nelle intenzioni di chi ha concepito l’”operazione verità”, dovrebbero indurci a guardare con maggiore fiducia e rinnovato ottimismo alla nuova scuola?