ISCRIZIONI E LAVORO

Il mercato non richiede liceali.

di Gaspare Barbiellini Amidei, Il Corriere della Sera del 22/1/2006

 

Dopodomani è l'ultima data per iscrivere un figlio alla prima classe della scuola superiore. Si arriva al 25 dando corpo a un paradosso: le iscrizioni diminuiscono laddove cresce la ricerca da parte delle aziende di giovani formati proprio in tale tipo di scuole. Nell'esodo di massa verso i licei ci sono all'opposto istituti tecnici a Milano che non riescono a raggiungere il numero minimo di iscritti necessario a formare una classe. Nello stesso tempo però questo tipo di scuole non può esaudire la richiesta dal mondo produttivo, al quale serve un numero di ragionieri cinque volte maggiore di quello che si riesce a diplomare. Il danno per il sistema economico è contabilizzabile. Il 70 per cento delle aziende non trova infatti quadri di sicura professionalità, operatori di progetto e responsabili di commercio. Si attinge allora alle risorse offerte dal sempre più gonfiato percorso liceale (e poi universitario; il 90 per cento di chi finisce un liceo si iscrive all'università, dove lo attendono 3000 corsi di laurea con più di 100 mila discipline). Ma sessantacinque giovani su cento usciti da questa linea di studi sono coinvolti in un lavoro che non ha specifica connessione con le competenze acquisite.

La fuga dagli istituti tecnici è accentuata da una leggenda metropolitana che va smentita: sulla base di vaga disinformazione molte famiglie temono che i ragazzi iscritti per il 2006-2007 a un istituto tecnico si troverebbero poi senza un porto di approdo dal 2007-2008, anno di avvio della riforma per il secondo ciclo. Si immagina che questi giovani possano restare appesi a metà strada fra i licei sempre più gonfiati e il nuovo percorso dell'istruzione e formazione professionale. Esso infatti è ancora tutto da montare, per il ritardo delle Regioni cui la Costituzione ha affidato questa parte della scuola. Ma non è vero, questo vuoto didattico- organizzativo non ci sarà. Anche dopo lo scatto della riforma gli istituti tecnici continueranno a operare per tutti i giovani iscritti adesso.

Sarebbe importante in questo fine gennaio analizzare piuttosto i piani di studio, considerare le vocazioni, dare un'occhiata al mercato, che chiede sempre più quadri di alta preparazione e sempre meno generici liceali. Andrebbe anche tenuto conto che allo stato attuale nel primo biennio delle superiori il passaggio da un indirizzo all'altro è relativamente facile. La riforma aveva un suo progetto, apprezzato da una parte e osteggiato da un'altra, in ogni caso non coinvolge chi si iscrive ora. Lasciamo quindi ai bordi la polemica, inutile per la decisione presa dalle famiglie entro mercoledì. La scelta viene invece distorta da un messaggio poco corretto che sta circolando, socialmente dannoso: passa l'idea erronea che solo i licei siano affidabili, per contenuto e livello dell'insegnamento oltre che per prospettive di carriera post-scolastica. Soltanto a Roma nelle iscrizioni del gennaio 2005 ci fu un aumento di 3000 unità per il liceo classico. Il consuntivo a fine gennaio 2006 darà, pare, cifre assai più consistenti.

La progressiva licealizzazione di intere generazioni è uno sbaglio, tanto culturale quanto economico. Fra l'altro le competenze matematiche, fisiche e linguistiche sempre più richieste non sono una esclusiva del percorso liceale.

Lo squilibrio nelle iscrizioni non giova a nessuno. Appesantisce l'insieme dei licei, ingorga alcuni ambiti liceali di collaudata eccellenza, crea illusioni. Alimenta un classismo strisciante. Talvolta lascia inascoltate le singole vocazioni.