Leggi da Fare e da Cancellare.

di Nicola Tranfaglia, da l'Unità del 6/1/2006

 

Programma

Tra i paradossi che caratterizzano la crisi politica italiana che si dipana, giorno dopo giorno, davanti ai nostri occhi con le intercettazioni e i retroscena è l’assenza perdurante dei programmi delle due coalizioni che si affronteranno nelle prossime elezioni di aprile.

Ho davanti a me un resoconto fedele delle discussioni che hanno percorso negli ultimi due mesi i gruppi di lavoro che l’Unione di centrosinistra ha creato in ottobre per arrivare a un programma condiviso da presentare agli elettori.

Vale la pena, a mio avviso, ricordarne i punti essenziali senza nascondere i nodi che ancora vedono dissensi e richiedono un ulteriore approfondimento. C’è una parte che i nostri padri chiamerebbero destruens cioè di abrogazione di leggi e regole che sono state approvate in questa legislatura ormai vicina alla fine dopo battaglie assai dure con l’opposizione.

Citiamo quelle essenziali. Le prime riguardano gli immigranti nel nostro paese. Pacifica l’abrogazione della legge Bossi-Fini si pensa per la politica degli ingressi a una programmazione dei flussi triennale, integrabile annualmente; lo scorporo di alcune categorie: collaboratori domestici e di cura.

Si ritiene che si debba andare verso il superamento dei «centri di permanenza temporanea» che se rimane l'esigenza di strumenti efficaci per assicurare il rimpatrio forzato degli immigrati legittimamente espulsi. Sulla cosiddetta riforma Moratti per la scuola,si afferma che vanno abrogate tutte le disposizioni che contraddicono gli impegni presi dal documento complessivo.

In particolare c’è l’impegno a portare a 16 anni l’obbligo scolastico e a considerare l’ultimo biennio unitario e non orientativo. Si elimina così la canalizzazione precoce a 13 anni prevista dalla Moratti e per la formazione professionale si pensa a un sistema nuovo e distinto da quello dell'istruzione. La valorizzazione del tempo pieno e di quello prolungato fanno parte di un generale potenziamento dell’istruzione in tutti i suoi gradi e si aboliscono tutte le riduzioni di orario attuate in questi anni. Per la ricerca e l'università si vuol mantenere il valore legale del titolo di studio e rivedere i criteri per il riconoscimento degli atenei di fronte al proliferare che c'è stato negli ultimi dieci anni di molte finte università.

Verifica del meccanismo didattico «3+2» di cui si riconoscono gli attuali difetti di funzionamento soprattutto nel rapporto tra i due livelli alla luce dei risultati ottenuti finora. E il pieno riconoscimento dei diritti degli studenti cercando di fornire i servizi adeguati dalla dotazione delle borse di studio ai servizi e alle strutture abitative. Per la cultura in tutte le sue articolazioni(beni culturali, biblioteche, editoria, cinema, teatro, musica, eccetera)la fissazione di un indirizzo che veda un fattivo intervento pubblico e stanziamenti che riconoscano la centralità di questo settore per il nostro paese.Così per lo sport.

Resta aperto il nodo della Rai. C’è su questo problema una discussione ancora aperta nell'Unione che, a mio avviso, andrebbe risolta e che passa attraverso una legislazione nuova contro monopoli e oligopoli e che dovrebbe, a mio avviso,lanciarsi verso profonde innovazioni. Ci sono due esempi, io credo, che andrebbero seguiti:la legislazione inglese sull’indipendenza della Bbc e quella spagnola sulla convivenza del servizio pubblico e delle televisioni private.

Gli italiani,dopo cinque anni di semimonopolio televisivo di Berlusconi, hanno diritto a uno sforzo di innovazione sul futuro dell’informazione che allontani ogni pericolo di proseguimento della dipendenza della tv e dei grandi mezzi di comunicazione dalla politica, chiunque sia al potere. Sulle politiche di welfare è acquisito il rifiuto della precarietà come forma dominante e generalizzata del rapporto di lavoro e si prevedono incisivi interventi legislativi sulla legge 30 e su altre norme ancora vigenti.Per quanto riguarda la politica estera e la guerra,i documenti sono chiari e prevedono la proposta «immediata al Parlamento di rientro dei nostri soldati in Iraq consultando le autorità irachene e valutando la necessità di garantire condizioni di sicurezza nel ritiro del contingente».

L’Unione punta al rilancio dell’Onu e a una politica nettamente europeista e attenta al Mediterraneo e al Medio Oriente.

Sulle riforme istituzionali si propone l'elevazione netta del quorum necessario per modificare la costituzione e si vuol ritornare alla precedente modifica costituzionale del 2001 per definire meglio l’elenco delle materie di competenza dello Stato come delle Regioni.

Si pensa, con le nuove regole, a trasformare il Senato in Camera di rappresentanza delle autonomie. Infine le politiche macroeconomiche ed è su questo terreno che l’approfondimento per conciliare esigenze industriali e ambientali, il necessario riassetto dei conti pubblici e di un fisco più equo richiedono un lavoro non ancora compiuto.

Si tratta, come il lettore può immaginare, del cuore di un’alternativa globale al sistema attuale e non c’è da stupirsi se su questo terreno siano ancora aperte le discussioni. Ma anche queste ultime dovranno fermarsi di fronte al prossimo marzo quando bisognerà dire agli elettori che cosa potranno aspettarsi in definitiva dalla vittoria dell’Unione e dalla sconfitta della deludente Casa delle Libertà.