Bimbi picchiati al nido

LA FIDUCIA TRADITA.

di Silvia Vegetti Finzi, Il Corriere della Sera del 12/1/2006

 

Come non mai, ieri le donne di Milano sono state accomunate dal medesimo argomento: «violenza nel nido». D'incanto sembravano svanite tutte le differenze di età, di cittadinanza, di cultura, di censo in quanto parlava la passione materna con l'immediatezza delle sue emozioni. Nei corridoi, durante la «pausa caffè», sui mezzi pubblici risuonavano le medesime espressioni perché il legame madre-figlio, universale e perenne, non conosce differenze. In un secondo tempo gli uomini intervenivano sdegnati, non solo in nome dei figli, ma anche di se stessi, dei bambini che sono stati. Chi porta i più piccoli in una struttura pubblica compie un atto di fiducia che non dovrebbe mai essere tradito. Il gesto con cui il genitore li consegna al personale sottende una tacita intesa: che il bambino sarà trattato con la cura e l'amore che si riserva ai propri figli. Invece deve essersi stabilita, all'interno del nido incriminato, una divisione tra buoni e cattivi, tra bambini che non ponevano problemi e altri che ostacolavano i normali compiti di accudimento. Questi ultimi, anziché essere compresi - perché la trasgressione, grande o piccola che sia, è sempre sintomo di disagio - venivano minacciati, sculacciati, chiusi in uno sgabuzzino buio tanto, si sa, non si sarebbero mai lamentati! Ma anche i compagni che stavano a guardare possono essere stati traumatizzati da quel clima di tensione e, di conseguenza, la loro bontà potrebbe essere una manifestazione di paura. Per aiutare i bambini direttamente o indirettamente coinvolti suggerisco pertanto di farli giocare con uno o due bambolotti in modo che agiscono attivamente i comportamenti che hanno subito passivamente. Mettere in scena e condividere i traumi diretti o indiretti può aiutare a superarli. Ora, a livello cittadino tutti invocano maggiori controlli e severe punizioni. Una esigenza condivisibile ma credo che in questi casi sia meglio prevenire gli abusi con una miglior qualificazione del personale, con corsi di formazione che valutino attentamente la motivazione e la sensibilità degli operatori. È assurdo infatti che più i bambini sono piccoli, minore è la preparazione degli insegnanti, mentre i primi anni di vita sono i più vulnerabili.

Infine vorrei sottolineare il senso di responsabilità dell'operatrice che ha denunciato il fatto. In una società in cui «farsi i fatti propri» è motivo di vanto, apre il cuore sapere che vi è chi premette il bene altrui al proprio quieto vivere.