LA POLEMICA

Famiglie confuse di fronte alla scuola.

Maurizio Muraglia, la Repubblica del 19/1/2006

 

L’impressione che si ricava dalle chiacchiere informali con i non addetti ai lavori è che delle implicazioni sostanziali di questo nuovo assetto della scuola secondaria superiore si sia capito poco. Le famiglie che appartengono a uno status sociale che tradizionalmente prevedeva l’iscrizione dei figli agli istituti tecnici o professionali hanno subodorato un rischio: quello di ritrovarsi dentro un sistema formativo ambiguo, di cui non si capiscono bene gli sbocchi professionali. Qualcuno le avrà anche informate del fatto che la riforma Moratti prevede due percorsi possibili da scegliere al termine della terza media. Un percorso statale di cinque anni che prevede la scelta tra otto tipi di liceo e un percorso regionale di quattro anni che consegna qualifiche professionali e che con un anno integrativo consente di andare all’Università.

Ma da quel che si legge sul boom di iscrizioni ai licei classici e scientifici vien da pensare che questo tipo di famiglie, nell’incertezza generale, si aggrappino all’esistente e accettino la sfida del liceo tradizionale. I licei tradizionali pertanto sono chiamati a gestire una situazione nuova, di scuola di massa, alla quale non sono abituati, e non solo per ragioni di edilizia scolastica. Quanto durerà tutto ciò? Probabilmente fino a quando molte di queste famiglie - soprattutto quando i figli cominceranno ad andare male al Classico e allo Scientifico - si renderanno conto che i licei della riforma Moratti sono otto e non si presentano con la fisionomia dei tradizionali licei generalisti, che aprono al percorso universitario.

 

Tre di questi licei, infatti, contengono al loro interno una tale quantità di indirizzi da far pensare che in essi possano trovar posto quegli studenti che prima di questa riforma sarebbero andati ad iscriversi nei Tecnici e nei Professionali e che per ora pensano di rifugiarsi nel Classico e nello Scientifico. Pensiamo, a esempio, al liceo tecnologico. A cosa fanno pensare gli indirizzi meccanico, elettrico, chimico, tessile? Guardiamo poi al liceo economico: cosa viene in mente guardando agli indirizzi economico-aziendale e turistico? Viene in mente che i vecchi istituti tecnici e professionali si siano travestiti da licei e che pertanto il sistema dei licei si candidi ad accogliere non alcuni, ma la gran parte degli studenti, perché poche famiglie considereranno i propri figli così «asini» da scaraventarli in un improbabile percorso di quattro anni gestito dalle Regioni. Giustamente, direi. Come si fa, a soli 13 anni, a escludere una ragazzina o un ragazzino da un percorso superiore di cinque anni? La maggior parte delle Regioni, infatti, non ci sta a raccogliere gli studenti residuali e ha disapprovato il decreto. La Sicilia invece lo ha approvato.

E’ probabile, dunque, che le famiglie di cui qui si parla scoprano di poter mandare i propri figli in un liceo dalla valenza apparentemente professionalizzante. Ben presto però si renderanno conto di due inganni, uno di percorso ed uno di traguardo. Primo inganno: anche questi licei più tecnici sono difficili, tutti difficili. Difficili perché hanno un orario, nel primo biennio, fortemente centrato sui saperi teorici, e difficili perché le indicazioni nazionali sui contenuti hanno pretese quasi intollerabili già per uno studente del liceo classico. Per uno studente del liceo tecnologico l’Italiano si farà, così come recitano le Indicazioni nazionali, «come per il liceo classico». Come dire, bocciatura dietro l’angolo. Secondo inganno: al traguardo ciò che si ottiene non qualifica ad un bel niente, perché trattasi di liceo. E con il liceo, si sa, non si terminano gli studi.

Si profila dunque uno scenario abbastanza confuso. Tutti o quasi, appassionatamente, staranno dentro il sistema statale dei licei fino alla scoperta del grande inganno, alla fine del primo biennio, quando si comincerà a poter bocciare. È presumibile, infatti, che una certa quantità di ragazzi che speravano di potercela fare si troveranno di fronte a difficoltà di apprendimento tali da mettere le famiglie con le spalle al muro, di fronte all’unica alternativa dell’istruzione e formazione professionale regionale. Certo, il sistema garantisce retoricamente il passaggio da un percorso all’altro, ma quale sensazione di «fallimento» abiterà lo studente che ha perso due anni al liceo? Perché parlare di «pari dignità» dei due percorsi se poi il sistema dei licei si è configurato in modo da lasciare al sistema regionale solo gli studenti residuali o gravati dall’insuccesso scolastico?

È evidente dunque che non vi è alcuna pari dignità tra i due percorsi perché se così fosse non ci sarebbe stato motivo di imbottire i licei di indirizzi apparentemente professionalizzanti. In realtà, dopo l’illusione del Classico e dello Scientifico, anche questi licei «indirizzati» si riveleranno un’ulteriore illusione perché, scimmiottando i due licei maggiori, saranno capaci di acchiappare solo i migliori tra gli inadeguati all’Olimpo, quelli che in qualche modo resisteranno al bombardamento didattico del biennio iniziale. Per gli altri, i residuali, il percorso di serie B sarà innegabilmente più facile e consentirà loro di avviarsi al lavoro. Ma non è quanto già accade? Perché, allora, una riforma?

Non c’è nessun boom qualitativo dei licei classici e scientifici, dunque, perché quel che accade è solo il frutto dell’incertezza collettiva. La selezione è solo ritardata, ma resta dietro l’angolo. Così come sono impostati, né i licei tradizionali né questi nuovi morattiani possono gestire la scuola di massa. I loro bienni iniziali faranno strage di questa massa di studenti e li consegneranno al percorso regionale. Il danno è che per questi ragazzi quei due anni non sono stati anni di valorizzazione e crescita, ma di mortificazione e disinganno. Due anni perduti. C’è ancora tempo per salvarsi in calcio d’angolo. Lo decideranno le urne nella prossima primavera.