Sulle 270 pagine del programma di Prodi.
di Lorenzo Picunio, da
Fuoriregistro del
30/1/2006
Le ormai famose 270 pagine del programma di
Prodi sono una lettura interessante, in molti punti anche piacevole,
percorsi da un certo calore umano e da un desiderio - che sembra
sincero - di trasformazione della società italiana.
Ci sono due "no" espliciti ed importanti, entrambi legati a
temi del lavoro: il no alla legge 30, e quello alla Bossi-Fini nella
parte riguardante la non regolazione del mercato del lavoro
extracomunitario. C'è anche un no alla controriforma Moratti della
scuola, espresso in forma articolata e ricco di contenuti positivi:
non è detto chiaro - e ci sarebbe voluto -
"No alla riforma Moratti",
ma si è ben lontani dalle dichiarazioni di Rutelli e Bersani sulla
"scuola che non va cambiata una volta
ogni tre anni".
Ci sono anche alcune proposte positive di
"riforma a basso costo",
come il buono vacanza per i meno abbienti. Mi permetto di suggerirne
altri, come il bus gratis per gli ultrasettantenni e le persone con
handicap, o il rimborso del viaggio e del pernottamento per chi,
avendo difficoltà economiche, si reca fuori della propria città per
visite e cure.
E altre ancora a costo zero, come l'obbligo per le banche di emettere
assegni circolari per evitare, specialmente agli anziani, di circolare
con somme di denaro in tasca.
Cosa manca quindi? Mancano alcuni punti di chiarezza sulle grandi
opere e sull'ambiente, come il no al Mose, al ponte sullo stretto (n
realtà richiamato, ma in una formulazione timida), alla Tav in val di
Susa, al fosgene e alla chimica del cloro nei residui siti
petrolchimici italiani, iniziando da Marghera. C'è un richiamo al
nucleare europeo che sembra un'accettazione, mentre l'esperienza
italiana potrebbe porre il no al nucleare come obiettivo continentale.
Non c'è il no ai Centri di Permanenza Temporanea, lager per migranti,
non c'è il reddito di cittadinanza (anche se molti dei ragionamenti
fatti sembrano andare in questo senso); manca l'amnistia per i
movimenti sociali, manca la data certa del ritiro dall'Iraq e ancora
si lascia la porta aperta a soluzioni portatrici di guerra come le
varie "forze di sicurezza europee" (a volte, nel testo, anche
svincolate dal riferimento all'Onu). C'è l'apprendistato, cioè la
barbarie del lavoro prima dei 18 anni, invece - appunto - dell'obbligo
scolastico a 18 anni, e questo è un fatto molto grave.
Cose giuste ci sono sulla casa, sulla mobilità urbana, sul sistema dei
trasporti, ma spesso prive di numeri e tempi certi.