La scuola del ''meno''.
Istruzione. Sottrazione di risorse,
precarizzazione, diminuzione del corpo docente. Non sono il risultato
di strategie sbagliate, bensì il frutto di un calcolo preciso.
Alba Sasso, da
Aprile On Line.info del 28/2/2006
I dati pubblicati e commentati su “La
Repubblica” nell’articolo di Salvo Intravaia sono dati che molti di
noi già conoscono. Si tratta infatti di cifre note agli operatori
della scuola e persino presso il Ministero dell’Istruzione.
Cifre che ci restituiscono l’immagine di una scuola più povera
rispetto a cinque anni fa. Una scuola in cui aumentano gli studenti e
diminuiscono gli insegnanti, persino quelli di sostegno. Una scuola in
cui vengono diminuiti i fondi destinati alla didattica. Insomma, come
ci siamo sempre sforzati di dire, una “scuola meno”. In cui c’è
persino meno spazio per la speranza.
E allora, quello che va contestato dell’azione destabilizzante della
destra non è questo o quel singolo provvedimento, come se fosse
possibile mantenere l’impalcatura per introdurre qua e là delle
correzioni, degli aggiustamenti. Infatti la sottrazione di fondi e di
risorse, la precarizzazione dei rapporti di lavoro, la diminuzione del
numero dei docenti, non sono il risultato di una serie di strategie
sbagliate o di scelte avventate: sono piuttosto il frutto di un
calcolo, di un preciso disegno programmatico. Parlo del consapevole
piano di destrutturazione del sistema pubblico dell’istruzione,
condotto in questi cinque anni dal ministero della Moratti e dal
governo. Perché un progetto di scuola corrisponde sempre a un modello
di società. E dietro la scuola di Moratti e di Berlusconi ci sono
scelte mirate. C’è l’arretramento delle politiche pubbliche per
lasciare spazio al privato. C’è l’idea che quelli che sono diritti di
tutti possano essere ridotti a privilegi per pochi. C’è soprattutto la
volontà di trasformare la scuola da palestra di democrazia e luogo
dell’incontro e del confronto in terreno della competitività.
E allora, le scelte sul futuro della scuola che dovranno essere
assunte da un futuro governo di centrosinistra dovranno porre al
centro un’idea di sapere e di istruzione come beni non negoziabili.
Come risorse pubbliche e collettive.
Su questo punto, c’è bisogno di un forte e netto segnale di
discontinuità rispetto al passato.
Per fortuna, però, non ci tocca di ripartire da zero. Perché in questi
anni il mondo della scuola ha capito la pericolosità di questo
progetto. E ha reagito, creando un ampio e radicato fronte di
opposizione, e sostenendo il peso organizzativo di mobilitazioni su
mobilitazioni. Tante occasioni di protesta e di proposta, animate da
docenti, studenti, famiglie, operatori della scuola. E gli stessi Enti
Locali sono intervenuti per imporre un freno, un rallentamento, se non
proprio una battuta d’arresto ai progetti (e ai guasti) della Moratti.
È di qui che dobbiamo e possiamo ripartire, per ridare una prospettiva
alla scuola italiana e per restituire all’intero paese la possibilità
di tornare a guardare al futuro con maggiore serenità.