Il lessico della riforma

Blowin’ in the wind
(The answer, my friend, is blowin' in the wind
Bob Dylan, 1963).

di Stefano Stefanel, da Pavone Risorse del 25/2/2006

 

Da alcuni anni nelle scuole si sta parlando del "lessico" della Riforma, definendo in questo modo le nuove terminologie nate dal Gruppo di lavoro diretto da Giuseppe Bertagna e confluite nelle Indicazioni nazionali allegate ai decreti legislativi 59/2004 e 226/2005. Su questo lessico si sono costruite alcune piccole fortune professionali di chi si è assunto l’onere e l’onore (con l’imprimatur ministeriale) di spiegare alle scuole italiane cosa volesse veramente dire questo lessico (Ermanno Puricelli, Gregoria Cannarozzo, Elena Vaj i nomi più gettonati). Ora, dopo un paio d’anni di battaglie, studi e seminari gli Obiettivi Specifici di Apprendimento, gli Obiettivi Formativi, le Unità di Apprendimento, i Piani di Studio Personalizzati, il Portfolio delle competenze, il Profilo Educativo Culturale e Professionale sono entrati nel linguaggio e nella pratica di molte scuole ed hanno mostrato una certa coerenza.

Analizzando e studiando si è potuto constatare che non tutto era campato in aria e che molte delle cose previste dalla Riforma Moratti avevano una loro tenuta teorica e pratica in quanto si riferivano direttamente a tendenze europee (gli obiettivi di Lisbona, Edgar Morin, la società della conoscenza più competitiva del Mondo, ecc.). Le scuole si sono addentrate nella ricerca didattica e hanno accolto l’innovazione proposta in modo spesso costruttivo e realmente approfondito. Il dibattito sugli OSA si è invece fermato subito, non perché fosse inutile, ma perché era troppo complesso: quasi tutti si sono dichiarati d’accordo sull’eccesso di 800 OSA per la Scuola del 1° ciclo e sull’abnorme numero di OSA per le Scuole del 2° ciclo, ma nessuno – dico nessuno – ha finora messo nero su bianco i 400 o più OSA da cassare per riportarli ad un numero logico. Gli OSA poi generano imbarazzo perché nascono in risposta al DPR 275/99, cioè al Regolamento dell’autonomia emanato dal Ministro Berlinguer.

La Riforma Moratti è entrata ("a gamba tesa") su questioni didattiche profonde, che non si possono esorcizzare sostenendo che è una Riforma classista, familista e di destra e che dunque bisogna tornare ai Nuovi Programmi della Scuola Media (1979), ai Programmi della Scuola Elementare (1985), agli Orientamenti per la Scuola materna (1991) e ai Programmi delle Superiori (che – visto il numero di sperimentazioni presenti in Italia – non si sa più bene neppure quali sono). Bisognerebbe entrare nel merito, anche se l’orientamento politico pare avviato verso due scenari molto complicati: il colpo di spugna se vince l’Unione e il mantenimento della Riforma così com’è se vince la Casa delle Libertà. Speriamo che a qualcuno venga qualche dubbio e cominci a valutare se non sia meglio cercare una soluzione didattica, pedagogica, culturale, formativa e non giudiziaria o politica.

I nomi si possono cambiare, le cose no. La risposta anche oggi come quarant’anni fa "soffia nel vento", va cercata cioè leggendo umori, idee, pratiche, opinioni delle scuole e sulle scuole. L’apprendimento dovrebbe tornare ad essere una questione pedagogica ed educativa, non un nome da dare a concetti "di destra" o "di sinistra".