CORPO SCIOLTO E CORPO-RATIVISMO.

di Lucio Garofalo, 15/2/2006.

 

La stitichezza si accompagna spesso all’avarizia, all’introversione, alla malinconia, alla reticenza. Invece, la scioltezza di corpo si associa più facilmente alla generosità, all’estroversione, all’allegria, alla loquacità. Non a caso, molti anni fa il geniale Roberto Benigni scrisse e dedicò un surreale inno al corpo sciolto intitolato, appunto, “L’inno del corpo sciolto”.

Chi è sciolto di corpo è sciolto anche di mente e di spirito, ma è sciolto anche con il linguaggio. Chi evacua facilmente e frequentemente l’intestino è una persona ironica e spiritosa, che usa con facilità anche le parole ed è in grado di cogliere i concetti più sottili e più raffinati.

A proposito di corpo sciolto vorrei parlarvi del corpo-rativismo.

Qualcuno, facendo riferimento alla mia posizione nella vertenza insorta a scuola, mi ha rimproverato di condurre una “battaglia corporativa”. Ebbene, se per costui i diritti sindacali e le regole della democrazia collegiale e partecipativa sono diventate una questione di natura corporativa, è assai probabile che costui abbia un urgente bisogno d’un potente lassativo, non tanto per sciogliere e svuotare l’intestino, quanto per liberare la mente dai troppi pregiudizi e luoghi comuni che provocano la stitichezza e l’impaccio del suo pensiero.

E’ alquanto probabile che costui confonda il “corporativismo” con lo “spirito di corpo”, e con ciò intendo dire che il proprio spirito è stitico ed impacciato, ossia è incapace di “andare di corpo”, allo stesso modo in cui il suo corpo è stitico ed impacciato, nel senso che è incapace di spirito, cioè di essere spiritoso, sciolto, ironico ed arguto.

Invece, mi pare che il vero corporativismo corrisponda ad un atteggiamento sistematico volto a conservare e perpetuare i privilegi esclusivi della propria categoria economico-professionale.

Mi chiedo: è “corporativismo” anche l’ostinata lotta di chi vuole salvaguardare la propria salute fisica o tutelare l’integrità del proprio ambiente e del proprio territorio?

Secondo tale logica la dura vertenza condotta dagli abitanti della Val di Susa contro l’alta velocità sarebbe una “battaglia corporativa”? E altrettanto corporativi sarebbero gli scioperi e le lotte sostenute dagli operai per difendere e mantenere i propri posti di lavoro?

Certamente!

Mi sembrano tutte battaglie giuste e dignitose, direi sacrosante, necessarie e vitali.

Probabilmente si crede che il “corporativismo” degli insegnanti costituisca una tendenza piccolo-borghese, ossia classista ed opportunista, in quanto finalizzata alla preservazione dei privilegi economico-sociali di una sola categoria professionale, cioè il corpo docente.

Al contrario, il “corporativismo” degli operai avrebbe maggior dignità e maggior valore in quanto potrebbe trasformarsi (ma in virtù di quale meccanismo o processo?) nella lotta di classe. Pertanto, il corporativismo operaio equivarrebbe all’operaismo rivoluzionario, ossia alla lotta di classe contro il capitalismo borghese, realizzabile soltanto dalle masse operaie.

Di conseguenza, la lotta di classe sarebbe il risultato di un processo storico-sociale prodotto soltanto dalle tendenze economico-sindacali e politiche di origine operaia? Non mi pare!

Riassumendo in breve il pensiero stitico del “buon compagnuccio”, questo sarebbe il suo schema di ragionamento di natura operaista e non corporativista:

-       corporativismo operaio = lotta di classe rivoluzionaria;

-      corporativismo degli insegnanti = tendenza egoistica e classista in difesa dei propri privilegi economico-professionali = opportunismo piccolo-borghese.

Complimenti, quindi, al “bravo compagnuccio”, il quale dimostra di non possedere idee molto chiare e molto sciolte, ovvero ha poche idee ma confuse. Gli suggerirei di prendere un purgante per sciogliere il suo pensiero dai tanti impacci mentali che ne bloccano le capacità di analisi e di ragionamento. Ovviamente non alludo ai metodi purgativi fascisti e staliniani, in particolare alle soluzioni adottate da quel regime politico che, per 20 anni, ha distribuito “purghe” in tutta Italia, non certo per sciogliere o liberare le menti degli italiani. Anzi!

Concludo affermando che una coscienza di classe si forma anche attraverso battaglie che sorgono come “corporative”, laddove una mente inizialmente corporativistica riesce ad acquisire e ad esprimere una crescente capacità di critica della società nel suo insieme.

Il salto di qualità politico-intellettuale avviene nel momento in cui da uno stato di mera “autocoscienza individuale” ci si evolve verso un superiore livello di “autocoscienza universale”.

Mi accorgo d’essere diventato troppo complicato, per cui il “povero compagnuccio” potrebbe sentirsi ancora più ingolfato nel suo cervello oltremodo stitico ed impacciato.

 

Lucio Garofalo