Ombre morattiane sulla Scuola Fioroni.
Marina Boscaino da
l'Unità
del 5/12/2006
Grazie a un emendamento alla Finanziaria firmato
dai capigruppo dell'Unione in commissione Istruzione del Senato, si
potrebbe verificare un importante conquista per i precari della scuola
(oggi almeno un quarto del personale della scuola). L’emendamento
sostituisce alla cancellazione delle graduatorie permanenti la loro
trasformazione in graduatorie ad esaurimento. La minacciata
cancellazione avrebbe comportato che i precari che non fossero stati
assorbiti dalle immissioni in ruolo previste dalla Finanziaria nel
corso dei prossimi 3 anni, avrebbero perduto ogni certezza del proprio
diritto: le graduatorie permanenti - l'elenco degli insegnanti non
ancora assunti a tempo indeterminato, compilate sulla base dei titoli
di studio e delle supplenze fatte - hanno infatti finora rappresentato
il principale meccanismo di reclutamento del personale.
Un successo di cui il mondo della scuola può gioire, che restituisce
dignità a tanti lavoratori che portano avanti - in condizioni di
precarietà assoluta - intere generazioni di studenti.
Ma la soddisfazione per le intenzioni evidenziate con questo
provvedimento non stempera la delusione per una clamorosa deroga al
programma dell'Unione.
Nell'imbarazzato silenzio di molti partiti, nell'indifferenza della
stampa, nel torpore di molti insegnanti, la Finanziaria e il suo ex
art. 68 (ora comma 278 del maxiemendamento) ci stanno propinando
qualcosa che chiamano innalzamento dell'obbligo di istruzione, ma che
in realtà rischia di essere il re-styling del cosiddetto «doppio
canale» di morattiana memoria. Vuol dire che, sotto la formula,
impegnativa sul piano sostanziale, storico, ideologico, costituzionale
(ricordate? Art. 34 della Costituzione: «L'istruzione inferiore,
impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita») si
vorrebbe contrabbandare come obbligo di istruzione l'apertura alla
formazione professionale. Che è qualcosa di profondamente diverso
dallo stare a scuola. Ed è qualcosa di sostanzialmente uguale a ciò
che in molti abbiamo criticato durante i 5 anni della Moratti -
ideatrice di quel sistema, ma almeno onesta nel sostituire il termine
obbligo con la formula ambigua «diritto-dovere».
Ci siamo battuti, spalleggiati e sostenuti da molti di quei politici
che oggi tacciono, colpevolmente. Abbiamo creduto in quest'idea di
libertà, progresso, civiltà rappresentata dalla possibilità che ogni
ragazzo stia a scuola almeno fino a 16 anni, qualunque cosa faccia
dopo, corredato da un bagaglio che solo la scuola può fornirgli,
incoraggiati da chi - consentendo ad affidare il ministero
dell'Istruzione a un abile uomo politico come Fioroni e al suo
entourage - ha sostanzialmente rinunciato a quell'idea.
Il comma 278 del maxiemendamento alla Finanziaria - approvato dalla
Camera e ora in discussione al Senato - nella sua ultima parte afferma
che possono essere concordati tra il ministero e le singole regioni
«percorsi e progetti che, fatta salva l'autonomia delle istituzioni
scolastiche, siano in grado di prevenire e contrastare la dispersione
e di favorire il successo nell'assolvimento dell'obbligo di
istruzione». Tutto molto ambiguo: a cominciare dalla definizione
«percorsi e progetti», la stessa usata dalla Moratti, in cui
«percorso» configura la formazione professionale. Per finire al fatto
che la formazione professionale serve ad assolvere l'obbligo di
istruzione: una palese contraddizione in termini (nonostante
l'improbabile tentativo di sostenere che obbligo di istruzione e
obbligo scolastico siano due cose differenti: scolastico a scuola; di
istruzione a imparare qualcosa, magari un lavoro). L'operazione è
apparentemente vincolata ad un tentativo di combattere la dispersione;
o meglio, prevenire.
Il termine non è neutro. Fa pensare a un intervento precedente, magari
in fase di orientamento dei bambini delle medie, inducendo la scuola
media obbligatoria - e pertanto inclusiva per sua natura - a una
innaturale funzione di selezione: tu che sei bravo continui a
studiare; tu che sei uno sfaticato - o, peggio, un somaro - te ne vai
a lavorare. Inutile sottolineare quanto i bravi e i somari siano molto
spesso il frutto delle condizioni sociali delle famiglie di
provenienza. Infine l'intervento delle regioni, a configurare modelli
di percorsi che risaputamente sono molto differenti tra loro: obbligo
scolastico assolto dai cittadini italiani di serie B attraverso un
avviamento al lavoro certamente più qualificante nelle solite regioni,
molto meno nelle solite altre. Le strutture formative che si
occuperanno dell'obbligo per i figli di un dio minore «devono essere
inserite in un apposito elenco predisposto con decreto del Ministero
della Pubblica Istruzione». Perfetto: il ministro e i suoi
sceglieranno chi è accreditato e chi no. Inutile ritornare sulla
vocazione confessionale di Fioroni. E inutile sottolineare il ruolo
che tanti ordini religiosi, a cominciare dai Salesiani, svolgono nel
campo della formazione professionale.
Fioroni giudica i percorsi sperimentali avviati dalla Moratti fin dal
2003: «una direzione di marcia promettente». Le 74.000 iscrizioni cui
il ministro fa riferimento per rivendicarne l'efficacia, non sono di
per sé indicative della qualità del sistema stesso; né risultano
monitoraggi seri in proposito. Ma il sospetto doloroso è che il
partito dei «fans» dei percorsi sia un partito trasversale di
interessi economici e scarso rispetto per il significato delle parole.
Nel '62 - con l'inizio del percorso sulla scuola media unica - una
parte importante di un'intera classe politica investiva in quella
riforma. Oggi evidentemente no.
Molti sembrano dimenticare che le parole sono pietre: tanto obbligo
scolastico quanto obbligo di istruzione significa andare a scuola
(altrimenti perché avremmo boicottato indignati il piano della Moratti?).
«Non possiamo mica incatenare i ragazzi a scuola»: Fioroni continua a
dimostrare una propensione all'umorismo che mal si addice al momento
drammatico che la scuola italiana sta vivendo. Il problema dei tagli è
strettamente legato a quello dell'innalzamento dell'obbligo
scolastico. Innalzare l'obbligo scolastico significa innanzitutto
avere il coraggio di riformare la scuola media e investire su questa.
Solo allora, in un biennio obbligatorio, sarà possibile individuare il
momento in cui la scuola e solo la scuola - attraverso l'impiego di
personale qualificato aggiuntivo - potrebbe fornire la risposta più
appropriata al fenomeno della dispersione. E rifiutare l'odiosa idea
di una divaricazione di percorsi di vita su base sociale.
Tenere a scuola cittadini italiani non «con le catene», ma con gli
strumenti finalizzati a risolvere i problemi di identità, personale e
sociale, di cui tanti ragazzi oggi soffrono. Non è la paternalistica
proposta di un liceo per tutti: ma l'individuazione di percorsi
culturali diversificati, per pensare futuri lavoratori consapevoli dei
propri diritti di cittadinanza e delle pratiche di vita democratica, e
corredati di quel patrimonio di sapere e di conoscenza basilare che fa
dell'uomo un uomo migliore, fornendogli dignità e coscienza critica.