E’ la maturità dei tutti promossi

Prof e presidi: «Meglio abolirla».

Anna Maria Sersale, da Il Messaggero del 29/4/2006

 

ROMA - «La maturità? Meglio abolirla». Da Nord a Sud monta la polemica sugli esami di Stato che, tra meno di due mesi, porteranno tra i banchi mezzo milione di studenti. «Un sistema distorto, che non seleziona, non valuta il merito e dispensa diplomi a tutti», questo il giudizio che circola negli atenei d’Italia dove ormai le matricole vengono accolte a suon di tutor e corsi accelerati di alfabetizzazione. Che cos’è successo? Perché s’ingrossa il movimento dei professori che teorizza «neanche tanto provocatoriamente» l’abolizione delle prove ritenute «inutili»? Agli esami di maturità, un tempo, i professori esaminavano studenti sconosciuti. Erano considerati, quegli esami, la prima grande prova della vita, quella in cui, oggettivamente e senza reti di protezione, bisognava dimostrare di avere raggiunto standard di preparazione medio-alti, capacità comunicative e un profilo psicologico adeguati ad affrontare l’università e il mondo del lavoro che non fanno sconti. «Ora - affermano polemicamente i professori di mezza Italia - le prove si sono svuotate di contenuto, non hanno più valore reale, sono al massimo paragonabili all’ultima interrogazione dell’anno». «Tanto che nei test d’ingresso - racconta Luigi Frati, preside della facoltà di Medicina e pro-rettore dell’università La Sapienza di Roma - per i corsi di laurea a numero chiuso il voto di maturità, che prima aveva un peso, non è più considerato».

«Con gli esami facili diventiamo la fabbrica delle illusioni - sostiene Franco Frabboni, preside della facoltà di Scienze della formazione all’Alma Mater di Bologna - Facciamo credere ai giovani che anche gli impreparati vanno avanti, poi, invece, franano di fronte alle difficoltà del mercato. Nelle università, intanto, si è capito che le prove d’ingresso anche dove non c’è il numero chiuso sono importanti. Orientano e servono a valutare le competenze. Poi, per chi si iscrive, si possono almeno attivare corsi di recupero nel tentativo di riempire lacune e ridurre gli abbandoni universitari». La maturità “buonista”, dunque, fa solo danni. «Proprio così - continua Frabboni - Nelle superiori la riforma è rimasta incollata all’attaccapanni e dopo il primo biennio, che, per inefficienza, espelle i più deboli, domina il lassismo. Risultato: la maturità che promuove tutti non è più una prova».

Quasi mezzo milione di ragazzi è in corsa per il diploma. In casa e a scuola si ripete lo psicodramma collettivo, con inutili riti, paure vere o presunte, tesine vendute su Internet e sms salvifici che la mattina delle prove rimbalzano nelle aule mentre i ragazzi sono ancora seduti sui banchi. C’è un Italia che assiste rassegnata alle fughe di notizie e un’Italia che mostra indignazione. Le statistiche consolatorie dei promossi, intanto, si apprestano a sfondare il cento per cento. Basta dare uno sguardo al grafico in pagina: «A prescindere dalla preparazione - sostiene Teresa Cicerale Tomassini, docente di italiano e latino al classico Giulio Cesare di Roma - tutti strappano un diploma. Così l’esame diventa una burletta, tanto varrebbe eliminarlo». Enrico Predazzi, capo della Conferenza nazionale dei presidi delle facoltà scientifiche, rincara la dose: «Il livello si è molto abbassato, c’è un forte squilibrio tra i diplomati e il loro livello di preparazione».

Se analizziamo i risultati degli esami di Stato pubblicati dall’Invalsi (l’istituto di valutazione) si scopre che la media dei voti finali è cresciuta, dal 73,6 del ’99 al 76,1 dell’anno scorso, mentre la percentuale dei non maturi si è ridotta fino a sfiorare promozioni plebiscitarie: «La scuola non boccia se stessa», avverte ancora la Tomassini, che, come la maggioranza dei colleghi della secondaria, critica «l’esame annacquato». Ma vediamo i dati. Nel 2004-2005 solo il 2,9% dei candidati non ha intascato il diploma. Significa che la macchina degli esami, con 23.650 commissioni, 5.706 presidenti, e 178.600 commissari, questi ultimi interni, si è messa in moto solo per distribuire a tutti il “pezzo di carta”. Se poi si spulciano le cifre dei licei salta fuori che l’indice dei promossi è ancora più elevato: quasi coincide con il numero dei candidati. L’anno corso, al classico, dei 43.953 esaminati 43.528 sono stati promossi, solo 425 i bocciati, una quota inferiore all’1%, esattamente dello 0,96%. Allo scientifico le cifre si sono discostate di poco: 90.153 esaminati, 88.703 diplomati e 1.450 non diplomati, pari all’1,6%.

C’è da chiedersi l’esame svalutato quali effetti produca. «Disastrosi», tuonano i prof. Ma allora, se i docenti si dichiarano a favore dell’esame rigoroso, chi o che cosa inceppa il meccanismo? Risalire alle cause, come spesso accade nella scuola, equivale a perdersi in un labirinto. «Le commissioni interne hanno dato il colpo di grazia - sottolinea ancora il preside di Medicina Luigi Frati - Ma le percentuali alte di promossi c’erano anche prima, con le commissioni esterne. Il fallimento dell’attuale maturità, comunque, è implicitamente ammesso dallo stesso ministero, che tre anni fa ha chiesto di non valutare il voto di diploma nei test d’ingresso alle facoltà. Così ora è tutto affidato alla casualità dei quiz. D’altra parte solo con il 3% di bocciati l’esame si è trasformato in una sanatoria, una promozione generalizzata, lontana anni luce dal merito e dalla selezione. In università come Harward, per esempio, non si entra se non si proviene da scuole certificate, mentre noi indeboliamo la maturità, per paura della selezione, all’estero il rigore è d’obbligo».