Non è pensabile «sbloccare» l’Italia bloccando la ricerca e la formazione. L’Italia blocca di nuovo la ricerca. Piergiorgio Strata da La Stampa del 2/8/2006
L’INTRODUZIONE al Documento per la Programmazione Economica e Finanziaria per il 2007-2011 ha l’intento di spiegare quali sono le sue finalità e i suoi obiettivi. Intitola il primo paragrafo «un Dpef di legislatura per “sbloccare” l’Italia», e inizia così: «Il principale obiettivo delle due iniziative (vale a dire la presentazione della Legge finanziaria per il 2007 nel prossimo settembre e la manovra correttiva e le misure per la promozione della concorrenza e la tutela dei consumatori, ndt), e di altre che seguiranno, è di sbloccare un vero e proprio intreccio perverso nel quale si è venuta a trovare l’economia italiana dopo avere accumulato, a partire dalla metà degli Anni Novanta, un ritardo di crescita che ha accentuato sia l’instabilità macroeconomica sia il disagio sociale». Finalità e obiettivi encomiabili. Ma veniamo al punto che ha suscitato la piccata reazione del ministro dell’Università e della Ricerca, Fabio Mussi: l’ulteriore taglio del 10% ai fondi destinati agli Atenei e alla ricerca, la cosiddetta manovrina passata alla Camera con il maxiemendamento al decreto-legge Bersani. Mussi ha addirittura minacciato le dimissioni e ha definito senza mezzi termini i tagli previsti sulla ricerca un tragico errore. Un errore clamoroso, perché la politica di definanziamento su ricerca e formazione superiore, oltretutto, si aggiunge a ristrettezze già inaccettabili. Sono dello stesso parere i rettori delle Università e i direttori degli enti pubblici di ricerca, uniti in una protesta ragionevole e dignitosa, come l’ha definita lo stesso Mussi. Ad aggravare la situazione contribuisce la stranezza riguardo ai destinatari della manovrina: non rientrano nel provvedimento, infatti, scuole, Istituto Superiore di Sanità, Istituto Zooprofilattico, Enti Parco e molte altre realtà. Se la necessità di «stringere la cinghia» è evidente, le modalità adottate dalla manovrina sono invece discutibili. Tagliare senza razionalizzare è insensato e dannoso. E il ritardo di crescita cui si fa cenno nell’«Introduzione» rischia di essere irrimediabilmente aumentato da interventi demolitivi e grossolani sulla ricerca. Non bisogna dimenticare, infatti, che la ricerca e la formazione superiore costituiscono uno dei motori essenziali per lo sviluppo di un Paese. Lo ha detto il presidente del Consiglio Romano Prodi molte volte nella sua campagna elettorale. Non è pensabile «sbloccare» l’Italia bloccando la ricerca e la formazione. Conclude con amarezza il ministro Mussi: «Nessuno si aspetta miracoli e abbondanza, ma se l’Italia, di fronte alla tendenza esplosiva globale della spesa in ricerca e formazione superiore, annuncia provvedimenti di definanziamento, il mondo ride e noi piangiamo». Come asciugare le nostre lacrime? All’amarezza espressa da Mussi si aggiunge la perplessità nel ricordare le critiche dell’allora opposizione alle politiche poco attente alla ricerca e alla formazione del governo di Silvio Berlusconi. Non ci rimane che apprezzare la presa di posizione del nuovo ministro, al quale esprimiamo tutta la nostra solidarietà. |