L’ANALISI

Quella voglia di Piccone.

 Riscrittura o cancellazione? Approvazione o parziale revisione?

Docenti e famiglie hanno diritto di saperlo prima delle elezioni

Il Corriere della Sera del 18/9/2005

 

Sospensione, e poi? Uno stop, una drastica riscrittura oppure una totale cancellazione? La riforma della scuola ora dipende anche dal risultato delle prossime elezioni politiche. Ma nell'ipotizzato cambio di maggioranza, bisognerà vedere quali valutazioni prevarranno all'interno dello schieramento di centrosinistra. L'Unità di ieri non ha dubbi: «Se l'esito fosse quello che in tanti ci auguriamo - scrive Marina Boscaino - il contenitore vuoto potrebbe essere rottamato come materiale pericoloso, residuo del più irragionevole dei modi di parlare e decidere sulla scuola». Ancor più dure le parole di Liberazione, giornale di Rifondazione: «Oggi ci sono davvero le condizioni - scrive Loredana Fraleone - per l'abrogazione secca delle riforme Moratti». Ma non tutti nel centrosinistra sono d’accordo sull’uso del piccone. E poi c’è sempre l’ipotesi che questa maggioranza resti, e possa semmai cambiare il ministro. Un chiarimento si impone. Chi domani dovesse guidare come ministro la macchina dell'insegnamento e dell'apprendimento, vorrà riscrivere tutta la struttura della legge o alcune sue parti? Solo il capitolo sulla secondaria superiore, la definizione delle cui norme è stata appena bloccata? Oppure anche quello della primaria, il cui contestato cambiamento è stato da poco avviato?

Comunque si ripartirà dentro una cornice austera. Garantire la compatibilità dei costi della riforma con la povertà dell'intero bilancio dello Stato sarà la prima scelta da fare.
Richiedevano mezzi grandi e una diversa volontà politica alcune delle novità prefigurate dalla riforma, dal tutor per le superiori alle valutazioni informatizzate e centralizzate in un quadro nazionale. Il punto più importante riguardava la pari dignità teoricamente assicurata al percorso della istruzione e formazione professionale, alternativo a quello liceale. Premessa indispensabile era che il secondo percorso non fosse penalizzato culturalmente e socialmente. Anche intorno a questo snodo si è arrivati allo stop. Ci sono poi questioni irrisolte nel rapporto Stato-Regioni. Ma è sicuro che, in attesa di certezze normative, fra sperimentazioni e ritocchi si va verso una licealizzazione del sistema.

I licei sono otto sulla mappa della riforma. Essi costituiscono uno dei due percorsi del secondo ciclo. Che cosa si deciderà della moltiplicazione di questi otto licei, che diventano venti e più attraverso svariate tipologie, realizzate all'interno di indirizzi e articolazioni? Come si riaffermerà o come verrà liquidata quella piramide a gerarchia socio-culturale che vede solitaria al vertice la serie A del liceo classico, seguita dalla serie B del liceo scientifico, di quello linguistico e di quello delle scienze umane, e dalla serie C in cui troviamo gli altri quattro licei - artistico, economico, coreutico-musicale e tecnologico - con ben otto indirizzi. Per questa serie C ci sarebbe un insegnamento di «cultura classica», né carne né pesce. Non è lingua latina, non è la sua grammatica né la sua sintassi. Sono solo elementi, anzi frammenti di civiltà.

In collocazione più bassa, se non si trovano voglia politica e soldi per un salto di qualità, resterebbe il percorso dell'istruzione e formazione professionale, definito in teoria come parallelo a quello (gonfiato) dei licei. Si intravede un purgatorio sociale. Il suo ultimo gradino potrebbe essere il vecchio apprendistato.

Da dove ripartirebbe l'eventuale controriforma? Meglio cominciare a capirlo fin d’ora. Lo chiedono, se non altri, insegnanti, studenti e genitori. È un loro diritto sapere come la loro scuola sarà.