Secondo ciclo

3: possono le Regioni

vietare alle scuole di sperimentare?

da TuttoscuolaFocus, 9 settembre 2005

 

Anche la Regione Campania, dopo l’Emilia, la Toscana, le Marche e il Piemonte, ha deciso con propria delibera, emanata nei giorni scorsi dalla Giunta regionale, di bloccare la sperimentazione della riforma del secondo ciclo non autorizzando i progetti che dovevano partire con questo anno scolastico.

Ne ha dato notizia l’assessore all’istruzione, Corrado Gabriele, che ha invitato le scuole a "non variare la loro offerta formativa". Poteva farlo? Hanno le Regioni il diritto di impedire a una scuola di sperimentare? No, se la scuola si muove nei limiti della normativa vigente (art. 21 della legge n. 59/1997, Bassanini 1; DRP 275/1999, Regolamento dell’autonomia scolastica), perché l’autonomia delle scuole (che peraltro abbisogna pur sempre di una regolamentazione nazionale per evitare derive autoreferenziali) è garantita dallo stesso titolo V della Costituzione del 2001 cui le Regioni si appellano per far valere le loro competenze concorrenti nel campo dell’istruzione ed esclusive in quello dell’istruzione e formazione.

Però le Regioni tendono ad interpretare in senso ultrattivo la sfera delle loro attribuzioni, inserendovi anche la facoltà di vietare le sperimentazioni, o almeno quelle sperimentazioni (come quella del secondo ciclo sub specie Moratti) che a loro giudizio modificherebbero l’organizzazione della rete scolastica e la programmazione dell’offerta formativa sul territorio. Nella delibera della giunta regionale piemontese, per esempio, si chiede "a tutti i soggetti istituzionali che a vario titolo sono coinvolti nella programmazione della rete scolastica" che "per gli anni scolastici 2005-06 e 2006-07 non vengano effettuate variazioni all’offerta formativa intesa come istituzione di nuovi indirizzi di studio o attivazione di nuovi percorsi sperimentali del secondo ciclo sia nell’ambito dei percorsi di istruzione, sia nell’ambito dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale". Insomma, fermi tutti.

E se una scuola (Collegio dei docenti e Consiglio d’istituto) decidesse egualmente di sperimentare? Non è da escludere che il problema acquisterebbe una sua rilevanza sul piano costituzionale, ma speriamo che anziché all’ennesimo contenzioso si arrivi ad una chiarimento della materia. Ma nel rispetto dell’autonomia (con non è autarchia) delle scuole.