La scuola è aperta a tutti.

E fa litigare i politici . . .

Pippo Frisone, da ScuolaOggi del 26/9/2005

 

“La scuola è aperta a tutti“. Non è uno slogan né uno spot pubblicitario è, val la pena ricordarlo, addirittura il primo comma dell’art.34 della Costituzione.

Una mirabile sintesi che non si presta né ad equivoci né ad interpretazioni pretestuose.

La scuola è aperta a tutti sta a significare che possono iscriversi non solo i cittadini italiani, ricchi o poveri o i figli dei cittadini comunitari residenti in Italia ma anche gli alunni extracomunitari, a prescindere dalla regolarità della posizione lavorativa e di soggiorno dei loro genitori.

“L’istruzione inferiore è impartita per almeno otto anni ed è obbligatoria e gratuita”, sempre secondo il citato art.34 della Costituzione.

In attuazione di tale principio costituzionale, la legge italiana è intervenuta, con diverse sfumature, a regolamentare prima il cosiddetto “obbligo scolastico” (L.1859/62 E TU n.297/94), poi l’innalzamento dell’obbligo ( L.n.9 /99 ) e, per ultimo, il diritto-dovere all’istruzione (L.53/03) .

Dell’adempimento dell’obbligo scolastico rispondono i genitori dell’obbligato o chi ne fa le veci.

Il TU n.297/94 all’art.114 individua nella figura del Sindaco il responsabile della vigilanza sull’adempimento dell’obbligo scolastico.

All’inizio di ogni anno il Sindaco trasmette ai dirigenti scolastici l’elenco degli alunni che per ragioni d’età sono soggetti all’obbligo scolastico. L’elenco degli inadempienti su richiesta dell’autorità scolastica viene affisso per un mese all’albo pretorio.

Trascorso il mese dell’affissione il Sindaco ammonisce la persona responsabile dell’adempimento invitandola ad ottemperare alla legge.

“Ove essa non provi di procurare altrimenti l’istruzione degli obbligati o non giustifiche con motivi di salute o con altri impedimenti gravi l’assenza dei fanciulli dalla scuola pubblica o non ve li presenti entro una settimana dall’ammonizione, il Sindaco procede ai sensi dell’art.331 del codice di procedura penale…”

Ai sensi del secondo comma dell’art.111 del citato TU, i genitori dell’obbligato o chi ne fa le veci possono provvedere privatamente o direttamente (scuola paterna) all’istruzione dell’obbligato purchè dimostrino di averne la capacità tecnica od economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità . E’ ovvio che per capacità a provvedervi direttamente è la capacità personale del genitore ad impartire all’obbligato l’istruzione elementare o media ovvero la posssibilità di affidare ad altri tale compito.

E ancora, l’art.116 del TU prevede per gli alunni extracomunitari l’attuazione, analogamente a quanto disposto per i figli dei lavoratori comunitari e per i figli degli emigrati italiani che tornano in Italia, di specifici insegnamenti integrativi nella lingua e cultura d’origine. Possono altresi essere attuate forme di recupero individualizzato o per gruppi ristretti di alunni con ritardo nei processi di apprendimento anche con riferimento agli alunni stranieri, in particolare provenienti da paesi extracomunitari (comma 2 art. 131 TU).

E’ all’interno di tale cornice istituzionale che vanno individuate le risposte più adeguate e le responsabilità di quanti sono chiamati a vigilare sull’obbligo scolastico anche degli oltre 30mila alunni extracomunitari di Milano e provincia , compresi i 500 alunni di via Quaranta.

In quest’ultimo caso a stridere fortemente con le succitate norme è stato soprattutto il comportamento dei Sindaci di Milano, succedutisi negli ultimi dieci anni, chiamati a vigilare sull’adempimento dell’obbligo scolastico e a trovare risposte adeguate invece di passare dalla politica dello struzzo all’interventismo decisionista per igiene e profilassi di quest’anno.
 

Al Ministro, al Direttore Regionale e al Provveditore di Milano va detto che occorrono più risorse umane e finanziarie e non tagli per far sì che la scuola pubblica possa assumere tutte quelle iniziative che rendano effettiva l’integrazione degli stranieri e non solo sulla carta.
 

Occorre che i politici smettano di litigare e trovino le soluzioni più idonee per realizzare il dettato costituzionale di una scuola aperta a tutti, riconoscendo diritti e obblighi, tra i quali quelli all’istruzione restano fondamentali per la convivenza civile e il dialogo tra le diverse culture presenti nel nostro Paese.