La Resa di Letizia Moratti.

Marina Boscaino, da l'Unità del 17/9/2005

 

Lo abbiamo detto e ripetuto per anni dalle colonne di questo giornale: la legge Moratti - «la controriforma» della scuola - non è che un - pericolosissimo - contenitore vuoto. Pericolosissimo perché la logica alla quale si ispira, qualora dovesse essere attuata, renderebbe questo insieme di provvedimenti un'arma letale, uno dei più spregiudicati attacchi sferrati alla scuola italiana.

Pericolosissimo perché dà motivo ai tagli sul personale docente e non, sugli insegnanti di sostegno, che in altra sede sono stati deliberati.

A neutralizzare parzialmente il potenziale letale della scuola targata Moratti, ci viene incontro e ci aiuta la tendenza del Ministro a confondere parole e azioni: tante parole si sono trasformate - per il momento - in un (quasi) nulla di fatto. La retorica e trionfalistica evocazione della riforma Gentile - ai tempi dell'approvazione della legge delega 53, circa due anni e mezzo fa - ha dimostrato tutta la sua infondatezza e la probabile mitomania del Presidente del Consiglio, che non ha avuto (pur conoscendo la situazione, l'inanità della proposta, la mancanza di risorse, la povertà del progetto) la decenza di non scomodare così illustri predecessori. Il contenitore è vuoto perché, persino per quanto riguarda la scuola primaria (un tempo elementari e medie) i decreti attuativi approvati già da quasi 2 anni hanno prodotto nient'altro che malumore e scontento; e rafforzato, semmai, la volontà di molti insegnanti a resistere in tutti i modi possibili (vedi la famosa disputa sul tutor, alla nomina del quale la maggior parte delle scuole si sono sottratte). Insensibile all'attuazione del primo provvedimento che uno stato civile che voglia davvero investire sulla scuola pubblica dovrebbe prendere - la generalizzazione della scuola materna - la “riforma” della scuola targata Moratti prevedeva l'anticipo scolastico, che - coerentemente con l'indirizzo ideologico cui la legge è improntata - rappresenta semplicemente il primo momento del sistema di selezione sociale istituzionalizzato inverato da questa “riforma”: anticipano i figli dei ricchi, che abitano là dove le scuole non sono affollate; gli altri, i più deboli economicamente, si barcamenano tra liste d'attesa, iscrizioni con riserva: e, di certo, il più delle volte alla scuola materna non ci passano nemmeno. I laboratori spesso non sono stati attivati. Il bluff delle prime due “i” - informatica e inglese e, addirittura, la seconda lingua - è stato smascherato dagli stanziamenti nulli e dal taglio degli insegnanti. I programmi sono stati “riformati” nelle sbrigative maniere che conosciamo e con la benedizione delle case editrici che hanno frettolosamente battuto i tacchi, mettendosi sull'attenti e stampando libri che farraginosamente vengono incontro alle (farraginose) “Indicazioni Nazionali”: secondo le quali, per esempio, la storia e la geografia alle scuole elementari rappresentano semplicemente un optional. È stato cancellato l'esame di V elementare: l'unico segno concreto (ed inutile). Poi è tutto un dividere: sempre più socialmente selettivo, sempre più contrario al buon senso e alla Costituzione. La scelta tra istruzione e formazione professionale a 13 anni e l'abbassamento dell'obbligo scolastico sono provvedimenti troppo recenti per poterne valutare appieno gli effetti negativi.

Alla Moratti piacciono le sperimentazioni: fu così che a settembre 2002 cooptò con criteri arbitrari e poco chiari 200 scuole per sperimentare (nonostante il parere contrario del mondo della scuola) il contenuto del decreto attuativo sulle elementari, che sarebbe stato approvato a gennaio del 2004. Di quella sperimentazione non risulta nulla, se non le consuete dichiarazioni trionfalistiche. Ma questa volta non ce l'ha fatta, si è dovuta arrendere. La sperimentazione sulla scuola superiore (che avrebbe dovuto anticipare il decreto sul secondo ciclo) non è passata. È rinviata di almeno un anno l'attuazione del decreto stesso. Sono i frutti del trionfo elettorale della scorsa primavera: durante l'incontro del 15 settembre tra Governo e Conferenza Stato-Regioni, solo le 4 regioni del centro-destra non hanno confermato il comune giudizio precedente «fermamente negativo sull'impianto complessivo e sul testo del decreto di riforma». Nessuna novità: tutti i decreti della delega erano stati precedentemente bocciati dagli enti locali. La novità sta, semmai, nel fatto che questa volta il Ministro abbia deciso di tenere in conto il parere. Perché? Perché il “salto nel vuoto” sarebbe stato più azzardato del solito: a 4 mesi dalle iscrizioni non ci sono notizie sui finanziamenti al sistema duale (istruzione-formazione professionale) previsto dal decreto; non si sa che fine faranno gli istituti tecnici e professionali; quale ridefinizione dare ad una rete scolastica che da 41 indirizzi passa a 15; quali percorsi garantirebbero agli alunni sbocchi professionali (geometra, perito). Le preclusioni sostanziali, da sempre evidenziate dal mondo della scuola, dai sindacati, dagli stessi enti locali (la contrarietà alla dualità del sistema, alla precocità della scelta della scuola superiore, la mancanza di pari dignità dei percorsi, l'incertezza dei destini dell'istruzione tecnica e professionale e del personale ad esse destinato) fanno parte integrante dell'incondivisibile impianto ideologico cui il Ministro ha voluto legare il destino della scuola pubblica. E pertanto crediamo non le interessino.

Il decreto “mille proroghe” della fine dello scorso anno (che, tra l'altro, prevedeva lo slittamento dell'approvazione dei decreti attuativi della legge delega che avrebbero dovuto essere approvati entro lo scorso aprile; nonché la messa in sicurezza delle scuole fino al prossimo dicembre: un argomento su cui occorrerà ritornare) ha fissato per il 17 ottobre la data entro cui la Moratti dovrà presentare alle commissioni parlamentari il decreto sulle superiori. Non essendo il parere delle autonomie locali vincolante, è molto probabile che il Ministro decida di andare avanti senza uno scontro istituzionale, portando in Consiglio dei Ministri il decreto per l'approvazione definitiva. Il Ministro Moratti potrebbe avere - solo sulla carta - la sua controriforma definitivamente approvata. Sarà l'esito delle elezioni, nelle quali gran parte del mondo della scuola spera, a decretare l'effettiva validità dell'idea di scuola che la riforma disegna. Se l'esito fosse quello che in tanti ci auguriamo, il contenitore vuoto potrebbe essere rottamato come materiale pericoloso, residuo del più irragionevole dei modi di parlare e decidere sulla scuola: quello che ignora la voce di chi - insegnanti, personale ATA, studenti - nella scuola vive quotidianamente; e che snatura programmaticamente - dividendo e selezionando sulla base dell'estrazione sociale - la più naturale e rivoluzionaria funzione che la scuola pubblica ha avuto in questo Paese: quella che le ha affidato la nostra Costituzione.