INDAGINE NAZIONALE SULLO STATO DI APPLICAZIONE DELLA LEGGE 53/03 L’intero dossier può essere consultato sul sitohttp://www.legambiente.com/canale6/scuola sezione Documenti
PremessaLa primavera scorsa il Tavolo nazionale “Fermiamo la Moratti” ha promosso un’indagine nelle scuole del 1° ciclo per rilevare il livello di applicazione della L. 53/03 e relativi decreti. Le aree monitorate sono state quelle che in questi anni di acceso dibattito sulla riforma della scuola hanno fatto emergere posizioni contrastanti tra i decisori politici e la scuola reale che queste decisioni ha subito: orario obbligatorio e facoltativo, docente tutor, portfolio… L’indagine ha voluto porre l’attenzione anche ad alcuni indicatori di scuola solidale quali l’integrazione dell’handicap e gli alunni con cittadinanza non italiana che in questi anni di governo della Casa delle Libertà sono stati oggetto di interventi miranti a contenere la spesa. L’indagine è stata realizzata attraverso un questionario con cui si è cercato di evidenziare le grandi categorie di azioni con cui le scuole si sono dovute confrontare in questo anno. Ne è scaturita una fotografia della scuola reale che sembra rifiutare le direttive del Ministro. Il 77,84% delle scuole non vuole il docente tutor, il 52,20% respinge perfino il docente prevalente e il 71,84% tiene unita la classe nelle attività facoltative/opzionali, tentando di rimanere fedeli all’impostazione storica del Tempo Pieno e del Tempo Prolungato. In molti casi le scuole hanno utilizzato anche gli spazi forniti dall’autonomia scolastica per contrastare l’applicazione della L. 53/03, tanto che il 63,63% delle scuole ha utilizzato il POF per mantenere l’impostazione dell’offerta formativa precedente. Dall’indagine inoltre emergono alcune scelte organizzative di fondo delle singole istituzioni scolastiche come pure il “clima” che si respira oggi nella scuola. Le scuoleHanno risposto all’indagine 704 istituzioni scolastiche pari al 9,30% delle 7.564 scuole interessate dall’indagine (le scuole del 1° ciclo), un numero significativo e rappresentativo per valutare quanto sta accadendo nelle scuole italiane. 232 Circoli Didattici, 358 Istituti Comprensivi e 114 Scuole Medie, complessivamente 2.922 plessi, 22.082 classi, 441.280 studenti. Anche geograficamente il campione è ben suddiviso. Il modello orarioLa L. 53/03 non tratta del tempo scuola, se ne occupa il D.Lgs. 59/04 con la relativa circolare applicativa (C.M. 29/04): tempo base per tutti di 27 ore settimanali a cui aggiungere 3 o 6 ore su decisione autonoma delle famiglie. La controversia sul tempo scuola non è solo sulla quantità, è di natura didattica e pedagogica. L’armonizzazione tra le ore obbligatorie e facoltative, dell’eventuale mensa e dopomensa, prevista dal D.Lgs. 59/04 è soltanto nominale. Essa potrà esserci all’interno di un tempo scuola uguale per tutti, non se alcuni frequentano 27 ore, altri 30, altri ancora 33 o 40. La quantità oraria che la scuola offre deve essere un progetto pedagogico unitario non solo un’offerta di servizi e tempi diversificati, a richiesta individuale. In tal senso si sono espresse le scuole che hanno risposto alla nostra indagine: il 71,87% risponde che le attività opzionali sono uguali per ciascun gruppo classe che viene mantenuto integro; solo il 20,74% presenta attività opzionali a scelta dei singoli scomponendo il gruppo classe. Il 7,39% mette in campo le due opzioni, dando risposta a situazioni diversificate che si sono create nelle scuole.. Sono state le scuole elementari quelle che più hanno voluto mantenere l’unitarietà del progetto educativo condiviso nella classe: 85,35% scelgono di tenere unita la classe anche per le attività facoltative opzionali.
Le risposte alla domanda sulle attività pomeridiane confermano la tendenza. Rispondono 518 scuole pari al 73,57% del nostro campione, quelle interessate dai rientri pomeridiani. In queste attività il gruppo è mantenuto integro dal 62,55% delle scuole con la percentuale più alta (74,42%) ancora una volta nella scuola elementare.
Il monitoraggio effettuato con la domanda seguente conferma la tendenza a “tagliare” il tempo pieno/prolungato da parte del Ministro: 480 le scuole interessate da questa tipologia di tempo scuola. Il 67,08% mantiene il numero di classi dell’anno precedente, il 12,91% lo aumenta ma tale percentuale non basta a compensare il 20% che lo vede diminuire. Sono le scuole medie le più penalizzate: nessun aumento, solo un taglio del 36,66%.
Docente prevalente e tutor590 le scuole interessate alla domanda se alla scuola elementare ci sia stata l’introduzione del “docente prevalente” come indicato dal D.Lgs. 59/04, quel docente cioè che dovrebbe garantire 18 – 21 ore settimanali di insegnamento nella stessa classe. Solo il 47,80% risponde affermativamente.
E la domanda seguente, se le scuole abbiano o no introdotto la funzione tutoriale, conferma la scelta dei docenti di continuare a svolgere l’attività didattica ed educativa in modo collegiale e corresponsabile: il 38,35% ha rifiutato l’introduzione della funzione tutoriale (il 44,82% delle scuole elementari). E tra coloro che hanno “accettato” la funzione tutoriale all’interno delle scuole occorre distinguere tra il 22,16% di quelli che svolgono tale funzione secondo le direttive ministeriali e chi (39,49%) ha optato per una “funzione tutoriale diffusa”, che equivale a negare in toto la volontà ed il disegno della Riforma. Le risposte date portano bene a sintesi tutto il dibattito attorno a questo nodo controverso che si è andato sviluppando sin dal suo apparire nei primi “documenti Bertagna”. L’introduzione di questa figura/funzione, sia dal punto di vista didattico che organizzativo, uno dei cardini su cui poggia il modello di scuola proposto dalla riforma, una figura con tanti incarichi e responsabilità, che non può essere quindi un insegnante come gli altri, non uno dei docenti del gruppo classe che tutto intero ha la responsabilità pedagogica, educativa ma uno che si differenzia dagli altri, li coordina, li dirige, è a capo dell’equipe pedagogica, è il responsabile degli alunni e ne risponde alle loro famiglie. Una somma di funzioni a cui, nella scuola elementare si accompagna il ritorno al maestro unico responsabile della classe, che insegna le “materie principali”. Un lungo braccio di ferro tra la Moratti e gli insegnanti che ha visto il Ministro retrocedere fino a riconoscere che la materia è di natura contrattuale che potrà essere introdotta solo con un accordo sindacale. La trattativa tra ARAN e sindacati avviata un anno fa è ferma con un nulla di fatto: opposte e non conciliabili le posizioni. Solo 16 scuole dichiarano che il docente tutor è stato introdotto per decisione autonoma del Dirigente Scolastico, tutte le altre indicano invece che la scelta, anche negativa, è avvenuta con delibera del Collegio Docenti, esercitando quindi quell’assunzione di responsabilità decisionale nelle scelte attribuita dall’autonomia scolastica. Infine 130 scuole, il 29,95%, delle 434 che hanno introdotto la funzione tutoriale, dichiarano che, pur avendola introdotta, questa riguarda solo una parte delle classi: il 62,23%.
Indicazioni Nazionali per i piani di studio personalizzati Le Indicazioni Nazionali per i piani di studio personalizzati sono allegati in “via provvisoria” al D.Lgs. 59/04. La loro predisposizione non ha visto alcun coinvolgimento del mondo della scuola perché sono state predisposte da una commissione di cui non si sono mai conosciuti i componenti. Non solo, il mondo della cultura e dei soggetti interessati è stato piuttosto critico verso di esse (vedi la “dimenticanza” di Darwin e dell’evoluzionismo nei programmi di scienze) ma lo è stato anche chi era tenuto a dare un parere per vincolo di legge. Infatti il CNPI nel pronunciamento del luglio 2004 invita il Ministro a recepire le osservazioni e le richieste di modifica e/o integrazione che emergono dalla scuola reale, chiedendo in sintesi di riscriverle in modo partecipato e condiviso. Richieste rimaste inascoltate. Per questo, il 20,74% delle scuole dell’indagine hanno scelto, valorizzando l’autonomia loro riconosciuta dal DPR 275/99 di sviluppare la loro programmazione didattica non in base alle Indicazioni Nazionali ma conformemente agli orientamenti del ’91 per la scuola dell’infanzia, i programmi dell’ ’85 per la scuola elementare e del ’79 per la scuola media. E anche chi ha risposto affermativamente (558 scuole, il 79,26%) non lo fa in tutte le classi: solo nell’82,62%.
Piano dell’Offerta Formativa “Il Piano è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurriculare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia”. Così l’art. 3 del DPR 275/99 definisce il POF, il documento che realizza l’autonomia didattica e progettuale delle scuole, un’autonomia che le scuole dimostrano di voler difendere, utilizzandola ad argine per respingere il modello di scuola targato Moratti. Alla domanda se il POF sia stato utilizzato per mantenere l’offerta formativa precedente il decreto attuativo della L. 53/03, risponde affermativamente il 63,63% delle scuole. Queste scelte vanno a confermare quel 71,84% di scuole che tiene unita la classe nelle attività facoltative/opzionali, quel 52,20% che respinge il docente prevalente e il 77,84% che non vuole il docente tutor.
Scheda di valutazione Il 3 dicembre del 2004 esce la C.M. 85 che dichiara la morte del modello ministeriale della scheda di valutazione. Se è vero che l’art. 17 del DPR 275/99 aveva abolito l’art. 144 del T.U. del D.Lgs. 247/94 che disciplinava la valutazione degli alunni e che lo stesso DPR all’art. 4 dice che le istituzioni scolastiche autonome “individuano… le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale…” è anche vero che l’art. 8 dello stesso DPR attribuisce al Ministero della Pubblica Istruzione (ora MIUR) la competenza a definire “…gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi”. E ancora l’art. 10 comma 3 riporta: “Con decreto del Ministero della Pubblica Istruzione sono adottati i nuovi modelli per le certificazioni, le quali indicano le conoscenze, le competenze, le capacità acquisite e i crediti formativi riconoscibili, compresi quelli relativi alle discipline e alle attività realizzate nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa o liberamente scelte dagli alunni e debitamente certificate”. Spetta quindi alle scuole la responsabilità di individuare le modalità e i criteri per valutare gli alunni ma spetta prima al MIUR, con proprio decreto, definire gli indirizzi generali, a garanzia dell’unitarietà del sistema nazionale di istruzione. Nulla di tutto questo è stato fatto. Così le scuole, a ridosso della valutazione intermedia si sono suddivise tra un 12,21% che ha confermato la vecchia scheda di valutazione, un 30,68% che ha adottato la scheda suggerita dalla C.M. 85/04 e un 57,10% che ha elaborato collegialmente una nuova modulistica rendendola più rispondente alle esigenze della valutazione. Una scheda fai da te che non assicura la comunicabilità tra scuola e scuola e tra ordini diversi.
Portfolio delle competenze Il portfolio, unico strumento “nuovo” di valutazione apparso all’orizzonte nell’era Moratti, è nominato e descritto (struttura, funzione, compilazione) solo nelle Indicazioni Nazionali che sono allegate al D.Lgs. 59/04 in via transitoria. E la C.M. 29/04 ha precisato che le Indicazioni Nazionali sono “vincolanti” unicamente per quanto riguarda gli obiettivi di apprendimento. Il 37,26% delle scuole ha optato per la non adozione del portfolio. Delle rimanenti, il 17,33% si affida ad una modulistica proposta dalle case editrici, il 46,31% elabora un proprio portfolio, dopo un confronto collegiale sulla valutazione. Il D.Lgs. 59/04 attribuisce alla funzione tutoriale il compito di cura della documentazione relativa al percorso formativo dell’allievo. Solo il 16,07% delle scuole che l’hanno introdotto affida il portfolio al docente tutor, il restante 83,93% dichiara che ogni docente dell’equipe pedagogica lo compila per la parte di sua competenza (vedi tabella 15). Un’ulteriore conferma che le scuole optano per una dimensione collegiale della funzione docente. Ribadiamo che a tutt’oggi il portfolio non è obbligatorio per le scuole non essendo giunte a compimento le premesse necessarie sul piano giuridico e contrattuale. Il portfolio dunque può essere adottato come tentativo di “valutazione autentica” del percorso dell’allievo, strumento per valorizzare i progressi più che sottolineare gli errori.
Libri di testo Con la C.M. 38 del 31. 3. 2004 il Ministro ha dato disposizioni per l’adozione dei libri di testo nelle classi coinvolte dal D.Lgs. 59/04, dando nel contempo indicazioni alle case editrici di produrre testi scolastici coerenti con i contenuti delle Indicazioni Nazionali. Ma le scuole, ancora una volta in virtù del DPR 275/99, art. 4 che afferma che “le scelte, l’adozione e l’utilizzazione delle metodologie e degli strumenti didattici, ivi compresi i libri di testo, sono coerenti con il Piano dell’offerta formativa…” hanno manifestato il loro dissenso verso quella che è stata vista come una forzatura (l’ennesima!) sulla libertà di insegnamento, garantita oltre che dal regolamento stesso, anche dall’art. 33 della Costituzione. La posizione di rigetto da parte delle scuole verso i testi riformati ha portato il Ministro a emanare nel maggio 2004 la nota prot. n. 9478 con la quale richiama all’ordine docenti e dirigenti scolastici ricordando loro che vanno adottati testi conformi alle Indicazioni Nazionali. Le risposte date alla nostra indagine confermano l’atmosfera delle scuole a maggio 2004, mese in cui si tengono i rituali collegi docenti per l’adozione dei libri di testo per il successivo anno scolastico. Il 12,79% riesce ad adottare i testi pre-riforma ingaggiando spesso contenziosi con le case editrici che avevano stampato precipitosamente i nuovi testi riformati, il 3,12% adotta testi alternativi, il 19,89% ricorre a soluzioni miste (testi pre-riforma e testi alternativi, testi pre-riforma in alcune classi, in altre testi riformati). Solo il 62,20% si adegua completamente alle direttive ministeriali.
Inglese (scuola elementare) Nonostante la “i” di inglese sia stata una delle bandiere propagandistiche dell’attuale governo, il 20,67% delle scuole dichiara che le ore di insegnamento sono diminuite rispetto all’anno scolastico 2001/02. Il 63,39% risponde che sono rimaste invariate mentre solo il 15,94% le ha aumentate. Le 94 scuole che hanno aumentato l’insegnamento della lingua inglese rispetto al 2001/02 lo hanno fatto non in virtù dell’organico assegnato ma con autonomi “investimenti aggiuntivi”: il 51,06% investendo fondi di istituto, il 24,47% chiedendo un contributo alle famiglie, il 24,47% facendo intervenire l’Ente Locale. Inoltre il 31,01% delle scuole che sono riuscite a mantenere la stessa quantità di insegnamento, ci dice che lo fa investendo fondi di istituto (37,94%), chiedendo il contributo della famiglia (31,03%) o dell’Ente Locale (31,03%).
HandicapLo scorso anno scolastico, secondo il MIUR, nelle scuole pubbliche italiane ci sono stati 156.639 alunni disabili con 78.622 docenti di sostegno. Erano 132.402 con 71.194 docenti nell’anno scolastico 2001/02 (l’ultimo che ha utilizzato le risorse stanziate dal governo di centrosinistra) passando da 1,83 alunni per docente di quell’anno a 1,99 dell’anno scolastico scorso. Negli ultimi due anni non si contano più le sentenze emesse dai tribunali che riconoscono il diritto soggettivo all’integrazione e che condannano il MIUR. Per i tribunali, di fronte a diritti inviolabili, sono irrilevanti motivazioni come “la limitatezza delle risorse personali e finanziarie disponibili” adottate dall’Amministrazione. Ciò significa che l’Amministrazione ha l’obbligo di fornire l’insegnante di sostegno per le ore richieste e ritenute necessarie per l’inserimento dell’alunno. I limiti imposti dai tetti regionali agli organici (vedi finanziaria 2002) e l’abolizione dell’autonoma decisione del Dirigente Scolastico, che, sulla base della diagnosi funzionale, poteva variare le ore di sostegno, hanno portato a una drastica riduzione delle ore di sostegno. E i genitori, per far valere i loro diritti, si vedono costretti a ricorrere alla magistratura. Solo il 34,80% delle scuole che ci hanno risposto ottengono esattamente le ore di sostegno richieste, il 64,21% le vedono diminuire. Sette le scuole fortunate (0,99%) che le vedono aumentare. 1,83 il rapporto alunni/docente dichiarato nell’anno scolastico 2001/02, 1,91 nell’anno scolastico 2004/05: solo 188 docenti in più per un aumento di 1.616 alunni. Per mantenere il rapporto del 2001/02 ne sarebbero stati necessari non 188 ma 413!
Rapporto alunni/classeDall’anno scolastico 2001/02 all’anno scolastico 2004/05 si è passati, nella scuola del 1° ciclo, da 5.186.674 studenti suddivisi in 261.771 classi a 5.197.032 alunni in 258.736 classi, passando da 19,81 alunni per classe a 20,08. Le risposte date alla domanda: “Quale delle seguenti combinazioni descrive la formazione delle classi in rapporto all’andamento delle iscrizioni degli alunni nel confronto con il precedente anno scolastico?” confermano questa linea di tendenza, cioè il taglio delle classi. Il 14,49% risponde che le iscrizioni sono aumentate ma si è formato lo stesso numero di classi, il 2,28% dichiara che le iscrizioni sono aumentate ma il numero di classi che si sono formate è diminuito, il 5,11% afferma che, pur non avendo avuto variazioni significative nelle iscrizioni, il numero di classi è diminuito. Totale: 21,88% di scuole dichiara in modo implicito una situazione di sofferenza, situazione cioè di classi più numerose rispetto all’anno precedente.
Alunni madre lingua diversa dall’italiano 30.300 gli alunni di madre lingua diversa dall’italiano, il 6,86% del nostro campione. Ma il 26,98% delle scuole ha una presenza di questi alunni superiore al 9%, il 9,37% supera il 15% di alunni stranieri con punte anche del 22-25%. Una presenza più accentuata nelle Direzioni Didattiche e Istituti Comprensivi. 514 gli alunni rom presenti nelle 704 scuole dell’indagine, 0,11% degli alunni presenti nelle scuole oggetto della nostra indagine. Il 55,65% di essi è presente nelle Direzioni Didattiche, il 39,29% negli Istituti Comprensivi. Da registrare il forte calo percentuale di presenze nella scuola media (5,06%), a conferma della difficile integrazione di questi alunni nelle nostre scuole. E a fronte di una presenza sempre più estesa come numero di alunni, per la varietà dei paesi di provenienza, una presenza importante, anche se ancora esigua, dei bambini rom, il 65,23% delle scuole dichiara di non poter contare su mediatori culturali. Sopperiscono le scuole che mettono in campo progetti specifici utilizzando fondi forniti dall’Ente Locale, fondi di istituto per incentivare il lavoro aggiuntivo dei docenti o utilizzando risorse per l’arricchimento dell’offerta formativa date dall’applicazione della L. 440/97. Il fondo di istituto risulta la risorsa più utilizzata: lo è dal 64,19% delle scuole (da solo: 23,57% o aggiunto a fondi dell’Ente Locale: 15,34% o insieme ai fondi per l’arricchimento dell’offerta formativa: 10,79% o a entrambi: 14,49%). Seguono i progetti che vedono impiegate le risorse fornite dall’Ente Locale: 53,42% (da soli: 17,05% o aggiunti ad altri fondi). Infine i progetti finanziati con i fondi della L. 440/97 utilizzati dal 44,04% delle scuole (12,22% utilizzano solo questi). Una situazione che diventa sempre più insostenibile per i continui tagli che le varie finanziarie di questo governo operano sui trasferimenti di fondi agli enti locali e alle scuole (i finanziamenti per l’applicazione della L. 440/97 hanno subito dall’anno scolastico 2001/02 un taglio del 21,39%). Lodevoli i progetti messi in campo dalle scuole ma il progetto fa passare l’idea che si debba intervenire in una “situazione straordinaria” che si è creata nella scuola a cui il progetto risponde. Ormai l’integrazione di questi alunni nelle nostre scuole non è un’emergenza straordinaria, è la quotidianità e come tale deve essere affrontata, con interventi duraturi e strutturali.
Il quadro di insiemeLe risposte che sono arrivate ci permettono di disegnare una fotografia abbastanza realistica di cosa concretamente sia avvenuto lo scorso anno scolastico nella quotidianità delle scuole italiane al di là dei messaggi propagandistici che arrivano da Viale Trastevere. Nel merito dell’indagine emergono indicazioni significative e linee di tendenza su alcune questioni quali il docente tutor, il tempo pieno e prolungato, il portfolio delle competenze… indicazioni che permettono di capire la distanza tra il “dichiarato del Ministro” e l’”agito nelle scuole”. Le scuole vogliono mantenere l’unitarietà della classe anche nelle attività facoltative/opzionali, il docente tutor è accettato da meno di un quarto delle scuole, più di un terzo non ha introdotto il portfolio delle competenze… E ancora. Si conferma il taglio al tempo pieno, la quantità dell’inglese alla scuola elementare è mantenuta solo investendo in proprio risorse aggiuntive (fondo di istituto, famiglie, Ente Locale). I docenti di sostegno non sono assegnati in modo sufficiente a rispondere alle esigenze manifestate dalle scuole… A poco è servita la nota riservata inviata dal capo dipartimento Pasquale Capo ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali il 30 giugno 2004. “Questo Ministero è a conoscenza di iniziative, spesso promosse e gestite nelle stesse istituzioni scolastiche, nel corso delle quali viene rivolto invito alle componenti scolastiche di non applicare i contenuti della riforma degli ordinamenti scolastici o a contrastare profili significativi della stessa. Non è poi infrequente il caso che organi rappresentativi di autonomie locali o esponenti di organizzazioni sindacali rivolgano invito ai Dirigenti Scolastici a non dare attuazione alla riforma o a differirne l’applicazione in attesa di non meglio individuati approfondimenti o riflessioni… In relazione a quanto sopra, si richiama la personale, responsabile attenzione della S.V. perché venga svolta ogni opportuna azione di chiarimento e di precisazione… nei confronti degli operatori e dei dirigenti scolastici e in particolare, vengano attivati gli interventi adeguati anche di carattere disciplinare in presenza di eventuali comportamenti che configurino violazioni delle norme vigenti”. Un chiaro messaggio perché alla riapertura dell’anno scolastico si mobilitassero contro chi, utilizzando prerogative della democrazia scolastica e in base alle norme sull’autonomia non intendesse dare attuazione ai vari aspetti della riforma. Le scuole non si sono lasciate intimidire e hanno detto no al tempo scuola a domanda individuale, no al docente tutor, no alla modifica del POF… messaggi concreti di una scuola che dissente proprio su quello che il Ministro ritiene i “nuclei fondanti” della sua riforma.
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