Passa la riforma Moratti. Protestano i docenti, scioperi dal 10 al 15 ottobre. Università, in Senato sì al voto di fiducia . Carlo Lania da La Stampa del 30/9/2005
ROMA. Avanti tutta come previsto. Dopo aver blindato la riforma dell’università imponendo il voto di fiducia, ieri il governo ha incassato l’approvazione da parte del Senato del maxiemendamento che riassume in un solo articolo il disegno di legge Moratti sullo stato giuridico dei docenti universitari. Ma è una riforma che non piace agli atenei. Ai docenti, anzi. è così indigesta che professori, ricercatori e precari sono scesi in piazza. La riforma, comunque, ha superato l’aula di palazzo Madama, abbandonata dall’Unione in segno di protesta, con 160 voti a favore e 7 contrari, tra i quali va registrato quello del senatore a vita Giulio Andreotti. Una pesante presa di distanza dal testo del governo, che non è rimasta isolata. Al momento del voto mancavano infatti anche gli altri senatori a vita, Emilio Colombo, Francesco Cossiga, Giorgio Napolitano, Sergio Pininfarina, Oscar Luigi Scalfaro e Rita Levi Montalcini, nonché il vicepresidente del Senato Domenico Fisichella (An). «E’ un provvedimento che tocca privilegi e va incontro agli interessi dei giovani e del loro futuro» ha detto ieri il ministro Moratti, per la quale dietro le proteste alla sua riforma si nasconderebbero interessi corporativi. «E’ una minoranza non silenziosa che si fa sentire», ha aggiunto. Per farsi sentire non c’è dubbio che si fa sentire, difficile però chiamarla minoranza. Dietro la contestazioni di questi giorni c’è infatti un fronte compatto che va dai rettori delle università agli studenti, passando per docenti, ricercatori e precari. Due figure professionali, quest’ultime, che la riforma vorrebbe far scomparire nel prossimo futuro. Un fronte che riunisce una decina di sigle sindacali di destra e di sinistra, e che ha già annunciato di voler proseguire la protesta bloccando totalmente per cinque giorni l’attività degli atenei, dal 10 al 15 ottobre prossimi. Le motivazioni dei manifestanti hanno trovato ascolto anche in Parlamento. La scelta di impedire la discussione del ddl attraverso l’unificazione dei sei articoli originari in un unico maxiemendamento sul quale è stato poi chiesta la fiducia, ha provocato le reazione dell’Unione che ha protestato anche ieri prendendosela anche con il presidente del Senato, Pera. «La Margherita dice tre volte no al voto di fiducia», ha detto per esempio il senatore D’Andrea: «Il primo no al provvedimento sulla docenza universitaria inadeguato e privo di risorse. Il secondo per le politiche del governo e la sua maggioranza agonizzanti e sempre più scollati dal paese. E la terza volta diciamo no per il modo in cui Pera ci ha costretto anche questa volta a legiferare penosamente e con grande umiliazione». |