Scuola media: studenti bocciano la didattica, ma assolvono il tempo pieno. A sostenerlo è uno studio condotto dalla rivista on line Marketing e Tv, che nei giorni scorsi ha intervistato un campione di 700 ragazzi delle medie inferiori: il risultato è che la scuola sarebbe troppo noiosa e per niente al passo con i tempi. Il 50% del campione intervistato ritiene però che stare a scuola anche il pomeriggio è “una piacevole forma di socializzazione coi compagni”. di Alessandro Giuliani, La Tecnica della Scuola del 12 settembre 2005
Gli studenti della scuola media inferiore sarebbero poco soddisfatti del sistema didattico, ma propensi a mantenere il tempo pieno. A sostenerlo è uno studio condotto dalla rivista on line Marketing e Tv, che nei giorni scorsi ha intervistato un campione di 700 ragazzi delle medie: il risultato è che la scuola sarebbe troppo noiosa e per niente al passo con i tempi. In particolare solo il 19% dichiara di essere contento mentre il 7% si dice indifferente. Il malcontento coinvolgerebbe quindi circa il 70% degli studenti interpellati. Per il 32% la scuola sarebbe “terribilmente noiosa e per niente al passo con i temi d'attualità”; per il 21% “inadeguata rispetto alle problematiche del mondo del lavoro”. Un'altra fonte d'insoddisfazione per il 18% degli studenti italiani sarebbe l'età troppa ''matura'' dei docenti, accusati di essere troppo distanti dal loro linguaggio. Il 7% dei ragazzi intervistati segnala anche l'inadeguatezza delle strutture: istituti fatiscenti, freddi e scomodi e totale assenza di supporti tecnologici appropriati. Un 5,5% vorrebbe più viaggi d'istruzione e di maggior qualità. Dalle critiche sarebbe però assolto il tempo pieno: circa il 50% del campione intervistato ritiene che stare a scuola anche il pomeriggio è “una piacevole forma di socializzazione coi compagni”. Proposti anche nuovi programmi scolastici, arricchiti di materie “moderne” e dai contenuti anche bizzarri: il 39% del campione sarebbe ben lieto di inserire nel programma l'ora di gossip-attualità, mentre il 23% (per lo più maschi) vorrebbe partecipare ad attività didattiche in cui si discute di calcio, vere e proprie simulazioni dei principali talk show sportivi. Altri desideri? Inserire l'ora di cucina fast food (12%) e quella di moda (7%), molto desiderata dalle ragazze. Ma gli studenti non bocciano in toto la scuola italiana: sono diverse, infatti, le materie a cui non sembrerebbero rinunciare. In cima a tutte l’informatica (23%) , seguita dall’educazione fisica (20%), tecnica (16% ) e musicale (12%).
del precedente decreto sul primo ciclo non ispira certo sentimenti di fiducia nella capacità di gestire i processi complessi di innovazione. Si è avviata la sperimentazione della riforma del primo ciclo subito dopo la sua approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, in 251 scuole e nessun dato è stato diffuso su tale esperienza. Si è avviata la figura del tutor e ancora oggi il contenzioso con i sindacati e con i docenti interessati non è stato chiuso. Si è approvato il portfolio dello studente, anche sostitutivo della vecchia scheda di valutazione, e si sono lasciate le singole scuole “al fai da te”, col risultato che il Garante della privacy ha bocciato gran parte dei modelli sperimentati. Il sentimento più ricorrente fra i dirigenti scolastici e i docenti del primo ciclo ad un anno dalla riforma è lo smarrimento.
Indirizzi delle superiori … in attesa della cura dimagrante La riforma del secondo ciclo è stata approvata già lo scorso anno in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, ma ancora oggi (i tempi della delega scadranno il prossimo 17 ottobre) mancano tutti i prescritti pareri parlamentari e le previste intese con le Regioni che anzi hanno chiesto al ministro Letizia Moratti di ritirare il decreto, prima di avviare il confronto. Il Ministro non sembra preoccupato del dissenso che circonda la sua proposta. Eppure la riforma ha bisogno di ampi consensi e di molti contributi esperti, perché il cambiamento che si vuole introdurre nella scuola superiore ha elementi di radicalità maggiori rispetto alla riforma del ciclo primario. Basti pensare alla complessità della scuola secondaria superiore. Non tutti sanno che in Italia oggi è possibile conseguire 208 diverse tipologie di diploma che corrispondono ad altrettanti differenti indirizzi (fra corsi ordinari e progetti assistiti). Con la riforma del 2° ciclo gli indirizzi dei licei saranno ridotti a 17, anche se alcuni di questi saranno articolati in “approfondimenti di indirizzo”. A questi si aggiunge tutta l’area dei professionali che dovrebbe passare alle Regioni. Una transizione molto complessa, come è facile capire, ma nulla è dato sapere su come si intende gestire tale fase che coinvolge interessi materiali consistenti e diffusi.
Docenti e personale Ata, fine del precariato? Altro grande problema presente i tutti gli ordini di scuola è dato dalla consistenza del precariato. Il contingente di 35.000 immissioni in ruolo rappresenta solo il 27% dei posti attualmente disponibili per i docenti. Il numero effettivo di insegnanti precari che lavorano stabilmente nelle scuole statali è di 127.400 unità (93.738 con contratto fino al 30 giugno e 33.662 con incarico annuale - dati Miur a.s. 2004/2005), a cui sono da aggiungere dai 15 ai 20mila precari che svolgono supplenze brevi in sostituzione di colleghi temporaneamente assenti per malattie, gravidanze, permessi, ecc. Un totale quindi che oscilla dai 140 ai 150 mila precari. Rispetto all’a.s. 1998/99 (quando i docenti precari erano 65.357) tale contingente è più che raddoppiato e ha raggiunto cifre che non hanno precedenti nella storia del nostro sistema scolastico. Per il personale non docente (Ata) il numero dei posti coperti da precari, negli ultimi sei anni è addirittura quadruplicato, passando progressivamente da 18.300 nell’a.s. 1998/99 a ben 74.037 nell’ultimo anno scolastico. Suona, quindi, come una beffa l’ultimo contingente di 5.000 assunzioni che copre appena il 6,75% dei posti attualmente disponibili.
Precariato nella scuola significa risparmi finanziari per lo Stato sulle mensilità pagate, ma stipendio bloccato ai livelli iniziali per il lavoratore, e, cosa ancora più grave, carosello di moltissimi docenti in altrettante classi ad ogni inizio d’anno. 127.400 docenti che cambiano scuola significa, con una media di 25 alunni per classe, 3.185.000 studenti che ogni anno cambiano professore. Il fenomeno è particolarmente grave perché a farne le spese sono i soggetti più deboli fra gli alunni. L’insegnante precario, infatti, spesso viene destinato in scuole di periferia, in istituti poco appetibili per le complesse problematiche che presentano nella gestione della convivenza civile, ove molti alunni hanno particolare bisogno di figure adulte stabili e autorevoli. Altro che inizio sereno dell’anno scolastico!
Infine qualche dato. I posti registrati dalle statistiche ministeriali sono passati da 750.331 del 2000 ai 738.989 del 2004.
La diminuzione del personale nei quattro anni considerati è stata di 11.342 unità, tutte quante coperte dal turnover. Solo nell’anno 2004/2005, infatti, le cessazioni dal servizio sono state 23.888. Cessazioni dal servizio 2004/2005
Fonte: Quindicinale di informazione scolastica La Tecnica della Scuola, Catania, settembre 2005 |