Vecchietti in cattedra.

Maurizio Tiriticco, da ScuolaOggi del 30/10/2005

 

In tutte le nostre università è in atto la protesta contro la riforma Moratti sulle carriere universitarie. Il percorso che si propone a chi aspira all’insegnamento universitario è costruito in modo tale che chi vi si accinge non solo è costretto a superare via via defatiganti gradini, non solo rischia di perdersi per strada caso mai perdesse un passaggio, ma addirittura, quando dovesse giungere alla agognata cattedra a tempo… ovviamente indeterminato, avrebbe più di quaranta anni di età!

Mi domando: perché all’estero non è così? Perché in tanti Paesi si è in cattedra giovanissimi, si ricerca, si insegna, vi sono certezze per il futuro, finanziamenti adeguati! Possibile che solo da noi sia così difficile affrontare una carriera universitaria? Nessuno nega la difficoltà di una carriera di tutto rispetto… si tratta di costruire il fior fiore dell’intelligenza di un Paese, ma la difficoltà dovrebbe essere nel percorso culturale, in ciò che si chiede concretamente di produrre, non negli ostacoli formali – e sostanziali, purtroppo – che una legge cervellotica dispone.

E forse non è un caso che, mentre per l’università pubblica gli impedimenti ed i laccioli legislativi si fanno sempre più numerosi, non passa giorno che non si apra una nuova università privata… la cui credibilità scientifica non sempre ha il massimo della trasparenza!

Se sempre più difficile si fa il percorso per la docenza universitaria, analogo discorso sembra valere per la formazione della dirigenza scolastica e per la formazione iniziale degli insegnanti della scuola. Il corso concorso per la dirigenza, già avviato in questo scorcio di estate, non è assolutamente un percorso agevole. Ai candidati viene proposto un cammino lungo e complesso: il superamento di due prove scritte, il superamento di due colloqui, uno di gruppo ed uno individuale, un corso di formazione, un esame finale che consiste nel superamento di una prova scritta e di una prova orale. Alla fine c’è il bagnomaria dell’inserimento in una graduatoria alla quale l’amministrazione attingerà, ovviamente nei limiti dei posti vacanti, per l’assunzione a tempo indeterminato dei… superstiti!

E non c’è da stare allegri neanche per la formazione iniziale degli insegnanti e per il loro reclutamento. Il decreto legislativo recentemente approvato in via definitiva dà vita ad un percorso lungo e non privo di ostacoli. Vediamo concretamente il processo che il decreto prevede.

I percorsi di formazione dei docenti che opereranno nelle scuole dell’infanzia, in quella del primo e in quella del secondo ciclo di istruzione e formazione, pur se necessariamente diversi nei contenuti e negli obiettivi, sono di pari durata e considerati di pari dignità. Tali percorsi si svolgeranno nei corsi di laurea magistrale istituiti dalle università (secondo le formule 3+2 o 1+ 4 od altre) oppure – nel caso in cui le materie di insegnamento riguardino attività artistiche e musicali – nei corsi istituiti dalle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica. In ogni caso i percorsi hanno sempre una durata quinquennale.

“La formazione iniziale e permanente dei docenti è finalizzata a valorizzare l’attitudine all’insegnamento e la professionalità docente che si esplica nella competenza disciplinare e didattica, nella capacità di relazionarsi con tutte le componenti dell’istituzione scolastica e nel rispetto dei principi deontologici” (art. 1c. 2).

“Il percorso di formazione iniziale dei docenti è affidato alle università e alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, che a tal fine si raccordano con le istituzioni di istruzione e formazione, ed è preordinato al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento” (art. 1, c. 4).

Emergono due problemi: il rapporto che corre tra contenuti (e obiettivi) disciplinari e contenuti (e obiettivi) professionalizzanti; la natura del rapporto tra le università, o le istituzioni di alta formazione, e le scuole. Il tutto viene rimesso a successive decretazioni del Miur, ma… non sarà cosa facile ritrovare un produttivo bilanciamento tra competenze disciplinari, pluridisciplinari, professionalizzanti; né sarà facile assegnare alle istituzioni scolastiche ruoli e funzioni che non siano subalterni alle scelte operate dalle università.

I corsi di formazione iniziale saranno a numero programmato in ordine al numero dei posti che si prevederà di coprire per concorso nelle scuole statali. Pertanto gli accessi ai corsi saranno possibili previo superamento di prove selettive indette in ambito regionale. Il percorso formativo sarà accompagnato e sostenuto da attività didattiche, comprensive di laboratori e attività di tirocinio.

La laurea magistrale, o il diploma di secondo livello, di competenza delle istituzioni di alta formazione, si conseguono, previa valutazione positiva del tirocinio, con la discussione della tesi e il superamento di un esame di Stato abilitante. Ci saranno apposite prove da definire con decreti del Miur.

I docenti abilitati saranno iscritti in un albo regionale. L’ufficio scolastico regionale assegnerà i docenti alle scuole sulla base delle necessità espresse dalle scuole medesime. Il dirigente scolastico stipula con il docente un contratto di inserimento formativo a tempo determinato. Si tratta di un contratto sui generis, nuovo e tipico del comparto scolastico.

Il docente svolge un anno di applicazione nella scuola sotto la supervisione di un tutor. Compiuto l’anno di applicazione, il docente abilitato discute con il comitato di valutazione del servizio (di cui all’art. 11 del Testo Unico del ‘94) una relazione sulle esperienze effettuate. La discussione si conclude con la formulazione di un giudizio e l’attribuzione di un punteggio.

Ai fini dell’accesso al ruolo organico, il Miur bandisce un concorso per titoli ed esami sulla base del 50% dei posti disponibili, considerando che l’altro 50% è riservato ai docenti iscritti nella graduatorie permanenti. Molto probabilmente i concorsi avranno luogo su base regionale.

Il percorso che un giovane dovrà effettuare è così complicato che… guai a perdere un solo passaggio! Il rischio è che questi ottenga un posto a tempo indeterminato solo dopo un defatigante e lungo cammino che non durerà meno di sei o sette anni!

E’ ovvio che, a fronte della formazione iniziale e del reclutamento attuali, che creano solo anni e anni di precariato, la formula tracciata dal decreto dovrebbe ridurre drasticamente (sic?) il precariato. Però… le maestre di un tempo cominciavano a insegnare a 18 anni, quelle di domani, se tutto va bene, a 27 o a 28!? E’ drammatico: in una società che richiede che lavorino teste sempre più giovani e ben fatte, la scuola, la nostra scuola, sembra proprio costituire un’eccezione!

Avremo docenti e dirigenti… di primo pelo, sì, ma alle soglie della vecchiaia? Che vi sia un sotterraneo disegno di scoraggiare le “vocazioni” all’insegnamento? Del resto, in un Paese in cui la maggioranza di governo sembra avere la scuola… in gran dispitto, per dirla con il poeta, ogni sospetto è legittimo. In un Paese in cui il liceo classico, per decreto, costituisce come sempre il massimo dell’offerta formativa per un giovane, a fronte di altri percorsi che, uno dopo l’altro, B, C, D, ecc. si impoveriscono sempre più di obiettivi e di contenuti, fino a legittimare una formazione professionale di serie Zeta, che cosa c’è da aspettarsi? Vengono creati percorsi di formazione per docenti universitari, dirigenti e docenti scolastici così complicati e defatiganti che solo pochi coraggiosi amanti dell’avventura potranno superare. Saranno pochi eletti per una scuola per pochi eletti!

E’ il disegno del governo di centro-destra!

Vi è un altro discorso, più tecnico che politico. Vi sarà una reale garanzia circa una oculata programmazione dei posti? Avanzo i miei dubbi! A tutt’oggi, il nostro governo si è dimostrato assolutamente incapace di progettare a lungo termine in ogni campo: dalle Grandi opere fallite alle Finanziarie preparate in pochi giorni da ministri creativi, contrattate a livelli di bassissimo profilo, tra ricatti e minacce di voti contrari!

In un mondo sempre più difficile, in cui la globalizzazione non riguarda solo lo spazio geografico, ma anche e soprattutto il tempo futuro, pensare alla grande, progettare e programmare con prospettive di lunga durata sarebbe assolutamente necessario, ma così non è! Una maggioranza che ha occhio solo per le tante Cirami non può avere occhi per progettare il futuro. La gravità della situazione è sotto gli occhi di tutti!

E’ per questo insieme di ragioni che, in primo luogo, vi è l’assoluta necessità di una svolta politica radicale! Solo allora il sistema di istruzione e i suoi addetti potranno veramente ringiovanire per costituire una effettiva ed efficace risorsa!

Se non è una certezza, è una sfida!