Un'operazione fallimentare:

la scuola del silenzio.

Maurizio Tiriticco, ScuolaOggi del 14/10/2005

 

Mancano pochi giorni alla data fatidica del 17 ottobre! E’ il giorno in cui scade la delega assegnata al Ministro Moratti per varare gli ultimi decreti legislativi che perfezionano la sua cosiddetta riforma, quello relativo alla formazione degli insegnanti e quello più atteso relativo al riordino del secondo ciclo di istruzione e formazione.

In questo momento nel bunker del Miur – altro che casa di vetro! – ministro, sottosegretari e direttori generali stanno dando gli ultimi ritocchi ai due provvedimenti. Nulla è dato sapere. Vincerà il ministro che non vorrà perdere la faccia con le Regioni per l’impegno assunto di rinviare di un anno l’avvio della riforma e di sospendere la sperimentazione? Vincerà il sottosegretario Aprea che, come sembra – tutto è secretatissimoooo! – vorrebbe invece forzare la mano e permettere a Forza Italia di cantare vittoria restaurando il testo originario del decreto?

Mistero! Ma, ciò che più offende non solo la democrazia ma anche il cosiddetto comune senso del pudore è che tutto avviene sulla testa della scuola, insegnanti, dirigenti, studenti, famiglie, tutte quelle componenti che il Ministro si vanta sempre di avere ascoltato – ricordiamo tutti le sue dichiarazioni agli Stati generali del 2001 – e di ascoltare costantemente!

E’ necessario ricordare che, con il nuovo assetto costituzionale, per quanto riguarda l’istruzione, sono state ripartite tre precise responsabilità: 1) quella di governance del Miur, a cui spetta il compito di definire le norme generali sull’istruzione e i livelli essenziali delle prestazioni al di sotto dei quali nessuna istituzione scolastica può scendere; 2) quella di government delle Regioni, per altro ancora tutta da definire; 3) quella di programmazione, offerta ed erogazione del servizio in ordine ai percorsi curricolari, di competenza delle autonomie delle istituzioni scolastiche.

Si tratta di tre poli su cui convergono precise responsabilità le quali, però, non vanno lette in ordine gerarchico, ma circolare, sistemico: l’una trae alimento e legittimazione dall’altra. I tre poli dovrebbero avere pari possibilità di proposta, per quanto attiene alle responsabilità di ciascuno, sulle tematiche complessive dell’istruzione. Ma, che cosa è successo in tutta questa amara vicenda del secondo ciclo? Che al tavolo della concertazione – si dice così! – si sono seduti Stato e Regioni! E le scuole? Le scuole sono state ascoltate – o auscultate? – ma non in quanto istituzioni bensì attraverso il Cnpi, i sindacati, le associazioni professionali.

Ciò significa che, anche se è stata sentita la voce delle rappresentanze organizzate delle scuole, non è però stata sentita la voce diretta delle autonomie, cioè in quanto istituzioni scolastiche autonome.

La scuola reale è stata costretta al mutismo! Semplicemente “non è esistita” e “non esiste”, anche se ha la prima diretta responsabilità dei processi formativi! Del resto, la stessa cosa si è verificata per tutta la lunga vicenda della decretazione delegata! Le scuole hanno conosciuto solo al termine delle mille operazioni di vertice tutte le innovazioni indotte dai decreti! Prendere o lasciare! Sono stati cinque anni di passione! La scuola ridotta al silenzio! Mai una situazione così pesante, offensiva, umiliante è stata vissuta dalle nostre scuole, dai nostri docenti!

In qualche mio scritto ho già avuto modo di dire che faccio mia quella intuizione di Albertina Soliani la quale, anche sulla base di quanto è attribuito al Consiglio superiore della magistratura a difesa dell’ordine giudiziario, auspica la creazione di un Consiglio superiore della docenza, a difesa dell’autonomia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche e formative. E’ una indicazione che andrebbe raccolta, ma sulla quale non ho riscontrato a tutt’oggi né consensi né dissensi.

Non so quale sia la strada migliore perché le scuole, in quanto terzo polo del citato triangolo, possano far valere la loro voce. Il Regolamento sull’autonomia suggerisce alle istituzioni scolastiche di coordinarsi in reti o consorzi per avere maggiore autorevolezza sul territorio. Forse si dovrebbe andare oltre le reti, oltre il territorio, perché un progetto educativo vero non ha confini! Si potrebbe cominciare a pensare ad una sorta di Conferenza delle autonomie. La strada non sarebbe né breve né facile, ma in un regime di progressivo allargamento dell’esercizio della democrazia e di decentramento di competenze decisionali, una istanza che dia voce alla “scuola del silenzio” occorre trovarla.

Altrimenti sarà sempre così! Saranno sempre altri a decidere e la scuola a subire!

E non sempre chi decide è illuminato… e spesso capisce poco di educazione!