Un chiarimento necessario.

di Andrea Ranieri, Scuola&Formazione n. 55 novembre 2005.

 

Continuo a ricevere lettere di compagni ed amici che mi chiedono un pronunciamento chiaro sul fatto, che ritengono nodale, se la legge Moratti vada abrogata o meno, a cui non avrei dato una risposta chiara.

Si fa riferimento ad alcune mie interviste, più spesso il riferimento è più  ai titoli dei giornali che le ospitano, più che al contenuto delle medesime.

A me sembra di essere stato chiaro, ma se sussistono margini di ambiguità è bene chiarirli nella maniera più schematica possibile.

 

1.   Abbiamo provato di non fare della questione abrogazione o meno la questione discriminante. Sia verso coloro che ritenevano possibile cavarsela con qualche “aggiustamento” della legge, a cui abbiamo con chiarezza risposto, sia sull’Unità che sul Riformista, che era l’ideologia complessiva alla legge – il mercato, il familismo – che andava rimessa in discussione, sia verso coloro che coprivano dietro la parola abrogazione una non volontà di confrontarsi con i problemi reali della scuola italiana – sia del dopo, che del prima Moratti – e che sostanzialmente proponevano – e propongono – il ritorno al buon tempo antico (prima della Moratti, prima di Berlinguer-De Mauro, prima dell’autonomia, prima del  Titolo V della Costituzione) e si veda in proposito la breve ma chiarissima  proposta del Comitato per la difesa della Scuola della Repubblica.

 

2.  Proprio perché non era una discriminante abbiamo partecipato a tutte le iniziative di dibattito, di discussione,  di mobilitazione, sia degli “abrogazionisti” – siamo stati parte attiva del Comitato Fermare la Moratti – sia degli “emendatari”, dicendo ovunque le stesse cose: che eravamo per una politica alternativa a quella della Moratti, ma che ritenevamo indispensabilie – per metterla in atto a livello di governo – far partiree la discussione sui contenuti di quella politica, sulle scelte prioritarie da fare, sia a livello di ordinamenti, che di azioni di governo, che di risorse da investire.  E che a partire da quei contenuti sarebbe stato più agevole e sensato ragionare sulle modalità legislative – e non solo – per metterli in atto. Quei contenuti li abbiamo messi per iscritto, consegnati al tavolo programmatico dell’Unione, messi sul nostro sito, diffusi alle nostre mailing list, discussi in decine di dibattiti (alle feste de l’Unità, ma anche in quelle di Rifondazione e della Margherita), e sono stati assunti con un consenso unanime dalla nostra Commissione per il programma. Su quei contenuti è partito finalmente il confronto al Tavolo programmatico dell’Unione, evitando così la paralisi che sarebbe derivata da una discussione pregiudiziale sull’abrogazione o meno.

 

3.  Il  modo in cui si deciderà di cancellare gli effetti nefasti che la deforma Moratti ha provocato nella scuola italiana è strettamente collegato alle cose che si vogliono fare. Siamo convinti che una scuola capace di premiare il merito e al contempo di essere inclusiva di superare davvero la canalizzazione precoce che, come è noto comincia già nella scuola media, e di innalzare per tutti i livelli di scolarità, sia possibile solo rafforzando l’autonomia scolastica, e promuovendone l’alleanza con il sistema delle autonomie locali, rendendo effettivo il ruolo delle Regioni di programmazione dell’insieme dell’offerta formativa – C’è uno stretto rapporto fra le scelte programmatiche della Moratti e il centralismo ministeriale di questi 5 anni di governo. Così come c’è un rapporto fra questo centralismo statalista e il centralismo regionale ipotizzato dalla devolution (di cui la devoluzione del 20% dei programmi contenuto nella legge Moratti è una significativa anticipazione).

Fare la scuola di tutti e di ciascuno è possibile solo da parte di una scuola che abbia, all’interno di obiettivi e di standard nazionalmente fissati, nelle proprie mani le leve della programmazione formativa, le risorse finanziarie e professionali per farla davvero, e che possa contare sulla decisiva collaborazione degli Enti locali e delle risorse educative presenti nel territorio in cui è inserita.

Questa linea non ci siamo limitati a proclamarla ma l’abbiamo concretamente praticata nei Comuni, nelle Province e nelle Regioni da noi governate, ed è su questa linea che siamo riusciti, in molti casi, a fermare la Moratti, evitando il declino inesorabile della scuola pubblica italiana.

Questa linea, e questa pratica, deve diventare, se vinceremo le elezioni, una nuova pratica di governo. E’ per questo, e non per tiepidezza verso la Moratti, che riterrei più utile, invece di una nuova legge nazionale, una serie di provvedimenti mirati (portare subito l’obbligo scolastico a 16 anni; la generalizzazione della scuola dell’infanzia, portando gli stessi asili nido nei percorsi educativi; la generalizzazione della comprensività; il mantenimento ed il rilancio dell’istruzione tecnica e professionale; l’affermazione legislativa del diritto alla formazione permanente; la riscrittura, sulla base del principio di autonomia, dell’insieme dei decreti applicativi; la valorizzazione piena della professionalità docente, etc.) da attuarsi sia per via legislativa, che attraverso concrete scelte di governo, che mettano in campo le risorse necessarie ad attivarli.

4.  Infine un’ultima considerazione. Uno dei motivi per cui tutti noi lavoriamo per la sconfitta di Berlusconi e la sua uscita dalla scena politica nazionale, è che in Italia possa finalmente nascere un bipolarismo mite, capace, sulle questioni decisive per il futuro del Paese di costruire dialogo, ascolto, attenzione alle posizioni di tutti, e per questo capace di costruire progetti in grado di durare nel tempo – Di questo ha bisogno la scuola, l’Università, la ricerca, la cultura italiana, che pensano al futuro e che nel futuro hanno bisogno di pensarsi. Vogliamo vincere anche per farla finita, su queste questioni, con la logica e il linguaggio dei proclami, dei “punto e a capo”, dei senza se e senza ma, a partire dai quali è davvero difficile costruire una politica per l’educazione condivisa dalla grande maggioranza del mondo della scuola e del Paese.