La stima calcolata per difetto. La riduzione a
causa del calo delle ore di lezione
nei licei "riformati" e il passaggio dell'istruzione professionale
alle Regioni
Riforma boomerang per i docenti
a rischio oltre 42mila cattedre.
E il 25 novembre la scuola si ferma: "Bloccati
gli aumenti del contratto"
Salvo Intravaia,
la Repubblica
dell'11/11/2005
Saranno almeno 42 mila le cattedre che la
riforma Moratti taglierà nei prossimi anni. Per ottenere questo numero
basta sommare i 6 mila posti derivanti dal calo delle ore di lezione
nei gli otto licei "riformati", il passaggio - con tutto quello che ne
deriva - dell'istruzione professionale (Ipsia e alberghieri) alle
regioni e le cattedre che viale Trastevere racimolerà dall'ex scuola
elementare, ora primaria. Mancano all'appello le centinaia di
sperimentazioni avviate al superiore in questi anni - con un numero
maggiore di ore rispetto agli ordinamenti tradizionali -, che saranno
ovviamente cancellate, e i posti che il ministero dell'Istruzione
conta di tagliare alla scuola media (ora secondaria di primo grado)
attraverso il giochetto delle ore obbligatorie e facoltative.
200mila insegnanti di troppo.
La stima è calcolata, ovviamente, per difetto, e già si stanno
manifestando i primi malumori fra gli insegnanti. Intanto, la versione
ufficiale del decreto approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso
14 ottobre riserva qualche sorpresa inaspettata. Rispetto alla
versione finora conosciuta, l'orario complessivo dei licei economici e
di quelli tecnologici (il grosso dell'attuale istruzione superiore) è
stato rosicchiato di un'altra manciata di ore. Del resto, pochi mesi
dopo l'insediamento del governo Berlusconi, il senatore Franco
Asciutti - presidente della VII commissione Istruzione pubblica e
Cultura - ebbe a dire che nella scuola italiana ci sono 200 mila
insegnanti di troppo.
Le ore tagliate.
Ma andiamo per ordine. Solo al superiore, in base ai nuovi quadri
orario degli otto licei, salteranno non meno di 6 mila cattedre e
altre 13 mila saranno tagliate nell'attuale istruzione professionale
che, come appare ormai certo, sarà affidata alle regioni. Le quali
avranno il compito di organizzare l'offerta formativa, i percorsi e
l'orario annuale degli stessi. "Dal quadro tracciato dal decreto
mancano completamente gli istituti professionali: il decreto non li
regolamenta e rimanda alle regioni. Ci si domanda che fine faranno
questi istituti? Quali sono i compiti dello Stato e quali quelli delle
Regioni? Ci sono garanzie di stabilità e professionali per tutto il
personale?", si chiede il segretario generale della Uil scuola,
Massimo Di Menna. Per averne una idea basta fare pochi conti. Nel
comunicato stampa del governo dopo l'approvazione del decreto sulla
scuola superiore, a proposito del sistema dell'Istruzione e formazione
professionale, si legge che: "livelli essenziali di prestazioni
(saranno) garantiti dallo Stato e assicurati dalle Regioni". Si parla
di percorsi triennali e quadriennali (con monte ore annuale minimo di
990 ore: pari a 30 ore settimanali) che al termine rilasceranno "il
certificato di qualifica professionale" (per i percorsi triennali) o
"il diploma professionale" (per quelli quadriennali). Gli stessi
titoli attualmente rilasciati dagli istituti professionali, ma con
l'accorciamento del percorso massimo da 5 a 4 anni. Nell'attuale
ordinamento l'istruzione professionale prevede un triennio con 40 ore
settimanali (pari a 120 ore) e un biennio con 15 ore l'anno (altre 30
ore) più 350/450 ore di area professionalizzante. Tralasciando quest'ultima,
i nuovi percorsi quadriennali perderanno, rispetto all'assetto
attuale, 30 ore settimanali e quelli triennali addirittura 60 ore.
Il passaggio "graduale".
Così, nel secondo segmento della scuola superiore per numero di alunni
- 26.035 classi di Ipsia e alberghieri - dopo l'area tecnica - che
occupa 52.427 prof e 545.872 studenti - si perderebbero più di 13 mila
cattedre. Passando agli otto licei si capisce che le cose non cambiano
di molto. Allo scopo di calcolare l'impatto sugli organici della
Riforma, nell'ultimo numero di Scuola e Formazione - mensile della
Cisl Scuola - viene effettuata una comparazione fra i quadri orari
degli attuali istituti superiori e quelli degli otto licei partoriti
dalla Moratti: "In tutti i licei, il tempo scuola/alunni viene ridotto
rispetto all'attuale", scrivono Piera Formilli e Laura De Lazzari.
Secondo la Cisl, le ore di lezione obbligatorie si ridurranno da un
massimo del 12 per cento a un minimo del 6 per cento. Calo che colpirà
maggiormente gli istituti tecnici, che con 892.008 alunni iscritti
oggi rappresentano di classi il 37 per cento del totale. Se le scuole
non saranno abbastanza convincenti nei confronti di alunni e famiglie
per ciò che concerne le ore opzionali, tale riduzione oraria porterà
alla cancellazione di almeno 6 mila cattedre.
Il Ministero.
La Riforma si abbatte pesantemente sugli istituti tecnici e
professionali che, oggi, costituiscono il 60 per cento del "patrimonio
scolastico di secondo grado". Per svelare l'intenzione di decimare gli
organici della scuola, basta leggere le norme finali e transitorie del
Decreto che, in una prima versione, era davvero chiaro. "Gli
interventi di riconversione del personale docente, eventualmente
necessari, anche al fine di trasferimenti in altri comparti della
pubblica amministrazione, saranno programmati dal ministro
dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, di concerto con il
ministro per la Funzione Pubblica", era scritto a chiare lettere.
Norma un po' troppo impopolare, che nella versione finale diffusa da
viale Trastevere è stata addolcita nel seguente modo: "Al fine di
assicurare il passaggio graduale al nuovo ordinamento, fino alla messa
a regime del sistema dei licei, la consistenza numerica della
dotazione dell'organico di diritto del personale docente resta
confermata nella quantità complessivamente determinata per l'anno
scolastico 2005/2006".
"Temiamo di essere di fronte a una intenzionalità politica finalizzata
ad un esodo del personale, anche fuori dal comparto scuola", scrive la
Formilli. Il quadro nebuloso disegnato dalla riforma del sistema di
istruzione e formazione nazionale si completa con la recente nota
ministeriale che, a ulteriore conferma, chiede alle scuole elementari
di segnalare le classi che funzionano soltanto con l'orario
obbligatorio (27: tre in meno rispetto al "vecchio corso"), quelle che
funzionano con 30 ore 30 (27 più 3 facoltative) e, infine, il numero
di classi che tengono a scuola gli alunni per 37 o 40 ore (una
minoranza).
La protesta.
"Appare con evidenza come la rilevazione sia costruita con un solo
intento: ridurre ulteriormente le risorse e tagliare ancora il numero
dei posti in tutte quelle situazioni in cui si è ridotto il servizio a
27 ore come si voleva con la legge Moratti", dicono dalla Flc Cgil. Un
taglio previsto del 10/14 per cento, pari almeno 23 mila unità di
personale. In totale, fra scuola elementare e superiore, 42 mila posti
che potrebbero nel corso dei prossimi anni letteralmente
volatilizzarsi.
Scuola in sciopero.
Intanto tutti i sindacati hanno indetto uno sciopero del personale
della scuola per l'intera giornata il 25 novembre per rivendicare il
diritto ad avere in busta paga gli aumenti contrattuali concordati. Il
contratto della scuola è stato siglato il 22 settembre all'Aran, ma
dopo 50 giorni - fanno notare i sindacati - è ancora bloccato
dall'inspiegabile comportamento del Ministero dell'Economia".