Dall'obbligo formativo al diritto-dovere.

Cosa cambia?

da Tuttoscuola N. 191, 29 marzo 2005

 

Il decreto legislativo sul "nuovo obbligo scolastico e formativo  fino a 18 anni" (così lo definisce  il  comunicato  stampa  ufficiale  del MIUR) è stato definitivamente approvato dal  Consiglio  dei  ministri del 24 marzo 2005 insieme a quello sull'alternanza scuola-lavoro.

Sul primo provvedimento le reazioni dell'opposizione e  dei  sindacati sono molto critiche, ma non univoche: esse ondeggiano tra l'accusa  di aver   "copiato"  ciò  che  già  era  stato  fatto  dai  governi  di centro-sinistra (Ranieri, responsabile scuola DS: "il ministro Moratti si rivende l'obbligo formativo  varato  dal  centro-sinistra  come  se fosse farina del suo sacco") e la denuncia di aver abbassato l'obbligo scolastico da 9 a 8 anni senza  dare  garanzie  sulla  qualità  della formazione nei quattro  anni  successivi  (Di  Menna,  segretario  UIL scuola: "il decreto dice che si può assolvere il diritto-dovere anche nella formazione professionale regionale e nell'apprendistato:  questo è preoccupante perché non sono ancora definiti  i  requisiti  minimi cui le Regioni devono attenersi  visto  che  manca  il  decreto  sulla secondaria").

Ma come stanno effettivamente le cose? C'è  continuità/evoluzione  o discontinuità/arretramento rispetto al passato? Vediamo. La legge  n. 144 del 1999 parlava di "obbligo di frequenza di  attività  formative fino al compimento del diciottesimo anno  d'età",  e  stabiliva  tale obbligo a decorrere "progressivamente"  dall'anno  1999-2000.  Quindi, almeno sulla carta (mancava un meccanismo sanzionatorio dell'eventuale evasione), l'obbligo ex legge 144/1999 avrebbe dovuto essere  già  in vigore dal 2002. Le "attività formative"  utili  erano  la  frequenza scolastica,    quella   della  formazione  professionale  regionale  e l'apprendistato. Il decreto legislativo ex legge 53 parla a sua  volta di "diritto (che) si  realizza  nelle  istituzioni  del  primo  e  del secondo ciclo (.) nonchè nell'apprendistato" E  siccome  nel  secondo ciclo sono compresi i percorsi triennali per  il  conseguimento  della qualifica, eredi dei corsi regionali di formazione professionale nella loro  versione  "integrata",  gli  elementi  di  continuità  sembrano nettamente prevalenti. Caso mai la differenza (su questo ha  insistito Ranieri) sta nelle risorse finanziarie messe a  disposizione,  perché quelle della legge 144 erano più consistenti.

La legge di  riforma  e  lo  stesso  decreto  legislativo  introducono comunque un regime sanzionatorio in caso di  inosservanza  del  dovere all'istruzione e alla formazione "secondo le norme previgenti".