No ai test INValSI.
di Vittorio Delmoro, da
Proteo Fare Sapere del
27/2/2005
E’ successa una cosa strana nel mio istituto :
un gruppo di colleghi, riunitosi per discutere le modalità di
somministrazione delle prossime prove INVALSI, ha proposto di
rifiutare questo obbligo, così come abbiamo già rifiutato il tutor, le
Indicazioni Nazionali, i nuovi libri di testo, la nuova scheda di
valutazione, le ore opzionali.
Lo hanno chiesto in modo autonomo, ritenendomi invece, se non
contrario, almeno tiepido verso questa nuova forma di resistenza.
In effetti tiepido lo ero, perché mi pareva di tradire anni e anni di
pratica nell’utilizzo di forme oggettive di verifica degli
apprendimenti, in un panorama in cui continua a prevalere di gran
lunga una valutazione tutta soggettiva e istintiva.
Mi disponevo così a permettere che i miei alunni (di cui conosco
perfettamente la preparazione) fossero sottoposti ai famosi test
INVALSI con un duplice intento : misurare quanto questi alunni (e
dunque il mio modo di esercitare la professione) fossero lontani dallo
standard nazionale; quanto questo tipo di test nazionale (e dunque
completamente slegato dalla reale programmazione) fosse consono a
misurare la vera preparazione disciplinare (e interdisciplinare) dei
miei alunni.
In un caso o nell’altro mi pareva che i test INVALSI rappresentassero
un’occasione per denunciare quanto la burocrazia amministrativa
(valutativa) fosse lontana dalle aule scolastiche.
L’incontro di cui dicevo ha però contribuito ad aprire uno scenario
nuovo, uno scenario per il momento del tutto trascurato all’interno
del movimento antiriforma : la ricaduta nazionale e internazionale di
questi test.
Gli stessi autori dei test INVALSI (Emilio Manzotti e Luciano Zampese,
per l’italiano) sono consapevoli della parzialità, per non dire della
estrema perifericità di detta valutazione, che si riferisce soltanto
ad uno dei numerosi elementi che costituiscono il complesso delle
capacità che vi afferiscono. In altre parole i test INVALSI
misureranno solo elementi parziali e marginali delle tante capacità
che la scuola pubblica continua a perseguire negli alunni che le
vengono affidati.
Eppure quei numeri produrranno effetti al momento del tutto trascurati
e che vale la pena prevedere : le 10 mila scuole italiane avranno
ciascuna il loro posto in graduatoria (graduatoria generale, la più
ambita e graduatoria di categoria).
La posizione in graduatoria, oltre a costituire un notevole rientro
pubblicitario per chi sta avanti e un pesante giudizio di esclusione
per chi sta in fondo, produrrà gradualmente un flusso di finanziamenti
pubblici e privati, in proporzione al livello raggiunto. Il tutto
tenderà a promuovere le scuole ritenute (dai numeri) migliori e ad
escutere quelle ritenute peggiori, con afflusso di alunni, docenti e
dirigenti verso le prime e fuga dalle seconde.
Dalla valutazione delle scuole a quella dei docenti il passo è breve e
l’INVALSI (e il ministero) dichiara che tale valutazione non avrà
alcuna ricaduta sui docenti solo perché a questa seconda incombenza
provvederà la legge sullo Stato Giuridico che sta avanzando in
parlamento.
Dunque quei numeretti, pur così limitati, parziali, marginali,
segneranno invece il destino delle scuole italiane e anche la
posizione nelle classifiche internazionali, cui i test INVALSI si
rifanno in modo plateale.
Che il singolo alunno non possa essere valutato attraverso un semplice
test di mezz’ora, che il suo percorso scolastico ed educativo scompaia
di fronte ai test INVALSI, che la poliformìa della scuola italiana sia
da considerare ricchezza e non handicap, che la personalità dei
docenti e la libertà di insegnamento non abbiano nulla da spartire con
una valutazione nazionale supposta oggettiva divengono quisquilie per
pignoli e argomenti per resistenti residui.
La politica del MIUR, perfettamente in linea con le politiche
scolastiche internazionali, ha bisogno di valutare le competenze
acquisite e siccome il modo più semplice ed economico per farlo è
sottoporre gli interessati a test a risposta chiusa (a crocette),
tutto il resto non conta ; da quel momento in poi conterà solo la
posizione in graduatoria.
Pertanto, se il movimento si è fino ad oggi opposto alla degenerazione
dell’istruzione pubblica tenacemente perseguita da questo governo,
opponendo valori legati alla persona, diritti inalienabili garantiti
dalla Costituzione e pratiche educative radicate e convinte, lo stesso
movimento ha il dovere di opporsi tenacemente a questa nuova
protervia; anzitutto chiedendo al MIUR un’operazione di trasparenza
sulle modalità con cui i test sono stati prodotti e la sterilizzazione
degli effetti nefandi che potrebbero generare; poi difendendosi da
tali effetti con la plateale e dichiarata volontà di falsificarli fino
a quando si protrarrà una tale politica di promozione/esclusione.
Propongo quindi alla discussione del movimento questa nuova parola
d’ordine : aiutiamo i nostri alunni a compilare i test INVALSI.